Economia
November 21 2019
Dal supermercato di via Tuscolana a Roma al punto vendita di via Cesana a Torino passando per Corso Magenta e via Meda a Milano, l’uccellino rosso di Auchan sta volando via dall’Italia per far posto alla margherita giallorossa di Conad. Da metà ottobreè partito il passaggio di consegne tra il colosso francese della grande distribuzione e la catena tricolore guidata da Francesco Pugliese, un’operazione da un miliardo di euro che coinvolge 16 mila dipendenti e più di 300 negozi, destinata a cambiare il volto della grande distribuzione organizzata (gdo) e a fare di Conad il primo operatore nazionale. La ritirata dei transalpini ha innescato un effetto domino che porterà a nuove concentrazioni in un settore ancora frammentato e dove i discount crescono senza sosta.
La prima risposta al risiko del carrello è stata l’entrata di Bennet, il gruppo della famiglia Ratti leader nel Nord Italia con 63 ipermercati e 1,6 miliardi di euro di ricavi, nel consorzio d’acquisto Végé che con questo ingresso di peso punta a raggiungere i 10 miliardi di fatturato nel 2020 e promette l’arrivo di nuovi affiliati entro fine anno. Intanto anche l’Esselunga della famiglia Caprotti, che ha chiuso il 2018 con quasi 8 miliardi di ricavi (+2,1 per cento), ha confermato l’interesse a rilevare alcuni ipermercati ex Auchan a Vicenza e in provincia di Treviso per rafforzarsi in Veneto.
Sono in tanti a volere le spoglie di Auchan. L’operazione si concluderà il prossimo giugno e, in attesa del pronunciamento dell’Antitrust, prevede la presa in carico da parte di Conad del 60 per cento della rete di vendita dei francesi, mentre il resto finirà sotto altre insegne o chiuderà i battenti. Uno spezzatino frutto della situazione disastrosa ereditata da Pugliese: la rete tricolore di Auchan nell’ultimo triennio ha perso più di 800 milioni di euro e quest’anno la situazione è peggiorata al punto che ogni giorno d’apertura farebbe registrare perdite per 1,1 milioni. In pratica, lo stesso impatto negativo di Alitalia sulle tasche degli italiani. Una voragine che ha spinto i francesi a lasciare l’Italia - dove avevano una quota di mercato attorno al 6 per cento - e che in base al piano industriale presentato da Conad al ministero dello Sviluppo economico il 30 ottobre lascerà sul campo oltre 3 mila esuberi a cui si cerca una ricollocazione dentro o fuori dal gruppo.
La sfida del carrello, infatti, si gioca sempre più sul filo dei decimali. Basta leggere l’ultimo rapportoMediobanca sui 19 maggiori operatori nazionali della gdo per rendersi conto della velocità a cui viaggia il settore e delle tensioni sui margini innescate dalla voracità dei discount. Nella fotografia scattata da Mediobanca, il giro d’affari 2017 della gdo italiana è cresciuto del 4,4 per cento a 87 miliardi di euro, il miglior risultato dal 2014, ma il margine operativo netto ha subìto una contrazione del 5,5 per cento e il risultato corrente del 5,9 per cento.
Il giudizio di Piazzetta Cuccia è netto: «Questi dati restituiscono l’immagine di un’industria che mostra segni di saturazione, abbinando la crescita delle vendite a rendimenti operativi calanti che possono preludere a un quadro di consolidamento a discapito degli operatori meno performanti». Dall’analisi emerge che Conad, il secondo operatore italiano con un fatturato di 13 miliardi di euro nel 2017, ha registrato una performance migliore del primo, Coop (14,8 miliardi) con una crescita media annua del 3,1 per cento contro un risicato 0,7 per cento.
Il primato degli utili netti 2013-2017, invece, spetta a Esselunga con 1.245 milioni, seguita da Conad con 872 milioni, Eurospin con 817, Selex con 618 e Lidl con 398. In profondo rosso i francesi di Carrefour con una perdita di 663 milioni e Auchan (-874 milioni) che per questo ha deciso di fare le valige dall’Italia. Se poi si guardano le vendite 2017, gli aumenti maggiori riguardano il gruppo Crai (+14,2 per cento), la catena di discount Eurospin (+11,1), Végé (+9,8) e i discounter Md (+8,8) e Lidl (+8,5).
Le catene di negozi che offrono una spesa più conveniente sono diventati i veri protagonisti dello scenario distributivo tricolore, con una quota di mercato che nel 2018 è salita al 18,5 per cento – a scapito soprattutto degli ipermercati - e un fatturato vicino ai 18 miliardi di euro. E questo perché hanno saputo cambiar pelle, trasformandosi da negozi con pochi prodotti confezionati a piazze del fresco. La «supermercatizzazione» dei discount o, come l’ha definita il retail director di Nielsen Italy la «discount disruption», è partita da qualche anno spinta dalla vendita di prodotti di marca e dall’allestimento dei banchi del «servito», innovazioni che lo scorso anno hanno portato sette famiglie italiane su 10 a varcare la soglia di questi negozi, con 9 milioni di clienti super affezionati. Un canale ancora giovane, ma che nel 2018 ha registrato un tasso di aperture da record,+168 per cento, con margini in termini di Roi (ritorno sugli investimenti) che superano persino quelli di Luxottica (19,9 per cento contro 17,6 per cento) in base a una ricerca di Nielsen Italia.
Gli ultimi arrivati in Italia sono i tedeschi di Aldi, che hanno inventato il format in Germania dopo la seconda guerra mondiale. In meno di due anni hanno inaugurato 70 negozi nel Nord Italia e il prossimo traguardo sarà lo sbarco in via Valtellina a Milano. Il successo dell’insegna è tale che, ha misurato Nielsen, dove apre Aldi gli ipermercati della zonaperdono il 3 per cento di vendite, contro il -1,8 per cento degli altri discount e il -1,4 per cento dei supermercati tradizionali.
Un altro peso massimo made in Germany è Lidl Italia: nel 2018 ha registrato ricavi per 4,7 miliardi, con una crescita media nell’ultimo quinquennio dell’8,8 per cento. Il gruppo, che conta 16 mila dipendenti e ha 650 negozi sparsi dall’Alto Adige alla Sicilia, si posiziona ai vertici della gdo in Italia e 33esimo del Paese per dimensione, con una quota di mercato nel settore del 4,9 per cento.
Nella sua categoria Lidl se la gioca testa a testa con un’altra catena di discount, l’italiana Md, mentre è il big tricolore della convenienza Eurospin a registrare la quota di mercato maggiore (6,3 per cento). Md, che fa capo all’imprenditore di Bolzano Patrizio Podini, da qui al 2023 punta ai mille punti vendita, mantenendo una media di 35-45 aperture l’anno. Il gruppo oggi conta circa 800 negozi (ne ha appena rilevati 21 in Sicilia dal fallimento del marchio Abate) e sta per inaugurare un nuovo polo logistico a Cortenuova (Bergamo), il più grande nel canale discount. Cinquanta aperture all’anno anche per il discounter Eurospin - controllato dalle famiglie venete Pozzi, Mion, Odorizzi e Barbon - che con più di 1.100 punti vendita, 10 milioni di clienti e oltre 15 mila dipendenti lo scorso anno ha registrato un fatturato di 6,9 miliardi di euro, collocando l’insegna al primo posto nel canale (circa 33 per cento di quota di mercato) e al quinto nell’ambito più generale della gdo.
Una sfida all’ultimo carrello che vede i francesi in ritirata - ma attenzione perché Carrefour pare interessata a un nuovo piano di ristrutturazione e d’investimenti nella Penisola -, i tedeschi agguerriti nella fascia più bassa del mercato e gli italiani in preda a una fame di acquisizioni per emulare Conad che scatenerà nuove bagarre. Insomma, ne vedremo delle belle.n
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