Lifestyle
April 06 2016
Era solo questione di tempo.
Le cucine, da incubo o meno, i masterchef, junior e senior, i vendutissimi ricettari, tutto, ma proprio tutto quel che è legato al “food”, che sia o meno “slow”, e che fa notizia, audience, tendenza era solo il preludio di questo: la nascita del sushiburger.
Il trapizzino non era abbastanza
All you can eat sono sorti come funghi, così come le hamburgerie, nei centri e nelle periferie delle nostre città.
Chi non si sente dire da qualcuno – fidanzate, amanti, colleghi, amici – almeno una volta a settimana, con sguardo ammiccante e tono sornione, “Ué, sushino”?, o “Se famo n’ammburggerr”?, o qualcosa del genere?
E come fare a decidersi? Per coniugare, esaltare, massimizzare le nostre idiosincrasie contemporanee in materia di “food” (lo chiamano così, fa più figo, rassegnamoci) è nato il sushiburger, un ibrido alimentare più ardito del trapizzino (pizza triangolare piena di “cose”, diversa dal calzone praticamente solo per la forma) che vede al posto del classico pane rotondo, due polpette di riso che contengono all’interno le farciture più disparate, diventando di volta in volta un semplice pezzo di sushi a forma di panino, con salmone e avocado, o intrappolando in una confezione inedita la classica svizzera di manzo, con aggiunta di formaggio o bacon, salse a piacere come maionese al wasabi (il ketchup sarà ritenuto troppo volgare) e alghe al posto della lattuga.
Negli articoli a commento di questa straordinaria notizia, ci si sforza naturalmente di rassicurare gli adepti delle diete cruelty-free (che per gli altri è un’occasione per imparare nuove parole composte difficili da usare in una frase senza risultare ridicoli) sul fatto che esistono anche versioni con soia e tofu al posto della carne o del pesce (e quando mai).
Per la gioia dei social
Come sempre in questi casi, gli “instagramers” - potentissima tribù che preferisce fotografare il cibo piuttosto che mangiarlo - dalla pubblicazione della prima foto, sono già andati su di giri, e non ci sarà nessun modo di fermarli, ormai la decisione è presa: questo bizzarro accoppiamento sarà la moda alimentare del 2016, capace di soddisfare le fisime da designer di cuocitori di hamburger e consumatori con le paturnie salutistiche, uniti dalla ricerca di dosi di Omega3 che neanche i tossici all’ultimo stadio nei parchetti di periferia con l’eroina tagliata male.
Tanto vale assaggiarlo subito
Vi ricordate gli avvoltoi del cartone animato del Libro della giungla? Quelli che osservavano appollaiati su un ramo le vicende del cucciolo di uomo allevato dai lupi eternamente indecisi su cosa fare (e cosa mangiare)?
L’impasse di ogni comitiva, il dramma collettivo di dover scegliere tra un sushi e un hamburger non poteva durare a lungo. Perché scegliere qualcosa quando si può avere tutto e il contrario di tutto?
Prepariamoci all’invasione e al feroce inseguimento della coolness alimentare.
Partirà da Milano, come è giusto che sia, seguirà Roma, che è pur sempre la capitale, e dai centri l’epidemia arriverà in periferia, dove gentrificherà il gentrificabile, e poi nelle città più piccole, fino ai piccoli comuni, dove si festeggerà l’arrivo della novità ignari che nel frattempo, grazie alla canonizzazione nelle catene di fastfood, non sarà più una novità nuova, e avrà perso il suo esotismo, per lasciare il posto a chissà quali nuovi esperimenti alimentari (la realtà supera sempre la fantasia, inutile avventurarsi in pronostici, chi vivrà vedrà).
Potremmo provare a opporci, ma sarebbe inutile. Tanto vale assaggiarlo subito e prendere il toro (che potrebbe anche essere sashimi, in questo caso) per le corna.