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Marco Morello
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Com'è farsi tagliare i capelli con mascherina e guanti - Foto

Milano, zona Navigli, lunedì mattina presto. Ancora poche macchine in giro, saracinesche quasi tutte abbassate, la città sembra ancora addormentata. Alle 7 in punto, come da appuntamento, suoniamo il campanello, anzi suono il campanello perché sono da solo e di questi tempi è meglio precisarlo.

Dopo pochi secondi, sento un suono elettrico che sblocca la porta, spingo, entro, mi ritrovo davanti uno strano personaggio con un camice scuro sopra la giacca, un'eleganza impeccabile sporcata da elementi stridenti di laboratorio medico. Porta una doppia mascherina sulla bocca, mi punta contro una pistola con una lente in canna. Non vuole ferirmi, solo misurarmi la temperatura: «36 gradi, benvenuto» dice con molte cerimonie.

Sono nel salone di Francesco Cirignotta, il barbiere più bravo al mondo secondo il Financial Times, premiato da Uala con tre Diamanti d'oro. Per lui, è il primo appuntamento dopo la riapertura. Per me, il primo taglio dopo mesi di chiome ribelli, imbarazzi in videoconferenza, risvegli con plurime antenne impazzite sulla testa che non si abbassano nemmeno con ettolitri d'acqua. È presto, prestissimo, ma sarà la norma nel settore.

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All'ingresso ci sono guanti, mascherine, disinfettante per le mani, kimono per coprire i vestiti (in basso).

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I ferri del mestiere, sterilizzati, ognuno nella sua confezione.

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Forbici pronte all'uso dopo essere state sterilizzate.

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Uno sterilizzatore termico. Prima di riporre gli utensili al suo interno, vengono igienizzati uno a uno con un disinfettante.

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Un armadio con copriabiti per evitare che i cappotti entrino in contatto tra loro.

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Uno strumento per riscaldare gli asciugamani, prima sterilizzati.

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Una fase del taglio. Il cliente indossa la mascherina, così come il barbiere, che ha guanti neri e opera mantenendo un metro di distanza.

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Un altro momento del taglio.

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Terminato il taglio, la poltrona viene igienizzata con un disinfettante spray.

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Lo stesso avviene con il lavandino e tutti gli strumenti usati per servire il cliente, incluso lo shampoo.

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Tutte le superfici sono disinfettate con estrema cura.

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Dopo circa 15 minuti, la postazione è pronta per ospitare un nuovo cliente.

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In sala d'attesa, in un'altra ala del negozio, ci si può servire un drink, mettendo il bicchiere a lavare dopo l'uso.

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Ci si può anche preparare un caffè. Tutto è fatto in modo che il cliente possa essere autonomo e servirsi da solo. Il vassoio e tutto il kit saranno lavati e igienizzati dopo un eventuale uso. Lo stesso se il cliente avrà bisogno di andare in bagno.

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All'occorrenza, c'è una seconda postazione, anch'essa igienizzata con le stesse cautele della principale.

Siamo andati a vedere che effetto fa tagliarsi i capelli in un locale aperto al pubblico, rispettando tutti i protocolli imposti per contenere il diffondersi della pandemia. Sintetizzando: l'inizio è spiazzante. Inserito il giubbotto in un portaabiti monouso, bisogna procedere alla vestizione. Davanti a me trovo un banchetto con tutto il necessario: due saponi igienizzanti per le mani, uno più appiccicoso, l'altro per fortuna meno. Del borotalco aiuta a mitigare l'effetto ventosa sulle mani. Mi viene anche data una salvietta calda per asciugarle. Ci sono due tipi di guanti, uno bianco di lattice, l'altro trasparente simile a quello che si trova nei supermercati. Questione di gusti, non di efficacia. Infine, ecco un kimono per coprire i vestiti.

Sarò particolarmente imbranato, magari spiazzato da questa procedura inedita, ma ho impiegato un bel po' a completare l'operazione. Peraltro, indossavo già la mascherina, in caso contrario ne avrei avuto una chirurgica a disposizione. Assieme a contenitori trasparenti monouso in cui inserire i miei oggetti personali, uno per il cellulare, l'altro per gli occhiali. Insomma, conciato così, nonostante i miei livelli siderali di ipocondria, ho capito che avrei potuto rilassarmi. Che non sarei entrato a contatto con possibili aree di contaminazione, nemmeno a farlo di proposito.

Come scoprirò dopo il taglio, la poltrona viene igienizzata dopo ogni uso, così come la superficie in cui vengono appoggiati gli strumenti. Ciascuno ha subito un processo di sterilizzazione ed è stato imbustato. Lo stesso processo è stato riservato all'asciugamano e a un'ennesima fodera protettiva che mi viene appoggiata sopra e legata al collo: ci pensa una lavanderia specializzata.

Sarà l'ansia da prestazione, ma il barbiere continua a igienizzarsi le mani. Pardon, i guanti, neri, che indossa sin dall'inizio. Finalmente, il taglio può cominciare, prima con un tocco di macchinetta (c'è parecchio da sfoltire), poi a colpi di vari tipi di forbice. È il momento di fare due chiacchiere: «Gli ospiti vorranno essere al centro del servizio e non sentirsi usati dai servizi. Avranno il desiderio di essere dentro il loro tempo, con i ritmi riscoperti in questo periodo» mi spiega Cirignotta, che ha il pregio di essere un abile conversatore con lampi da filosofo. Basta incalzarlo un po', per fargli ammettere la sostanza, sancire quello che è evidente: il suo lavoro dovrà cambiare profondamente. Se prima dedicava una mezz'ora in media a ogni cliente, ora servono 45 minuti abbondanti. Se prima poteva farli accomodare nella sala d'aspetto dall'ingresso principale, ora dovrà chiedergli di entrare da un giardinetto sul retro e restare lì non solo finché l'ospite precedente sarà andato via, ma finché tutto non sia stato pulito e sanificato. E tutto quel materiale, dalla mascherina ai calzari per coprire le scarpe, dal kimono alla biancheria, ha un prezzo. Se vale per un nome d'eccellenza che può permettersi un listino più alto, figuriamoci per chi non ha il suo blasone e i suoi spazi.

Insomma, si lavora di più e si guadagna di meno. Almeno fino a metà giugno, per il tempo di far rodare il meccanismo e accontentare tutti quelli che hanno serie difficoltà tricologiche dopo la quarantena, Cirignotta spiega che sarà nel suo laboratorio tutti i giorni, domenica e lunedì inclusi, dalle 7 alle 22. Una specie di maratona. In attesa della normalità, la strada sembra obbligata un po' per tutto il settore.

Le operazioni del taglio in sé sembrano le stesse, ci sono delle differenze e degli incidenti di percorso inevitabili. Al posto dei pennelli per pulire il viso del cliente, ecco i dischetti di cotone monouso. Quando il barbiere chiede di sporgersi in avanti per lavare i capelli, la mascherina finisce per bagnarsi. Per fortuna ce n'è un'altra subito pronta per sostituirla.

Terminato il tutto, oltre a spazzare, occorre armarsi di strofinacci, disinfettante e molta pazienza. «La qualità sono tutti i gesti che vengono compiuti quando nessuno ti vede» commenta Cirignotta, per dire che no, non gli pesa. «Quello che faccio prima che arrivi un nuovo cliente è un atto preparatorio del rito. Devo avere lo stesso rispetto che riservo al rito stesso. Nella gestualità di un artigiano ci sono accenni di perfezione. Noi artigiani siamo molto bravi a fare quello che conosciamo. Dobbiamo essere anche fantasiosi, guadagnare fluidità, diventare bravi a fare quello che non conosciamo».

Scavando nei dettagli scopriamo alcune curiosità: l'aria dell'ambiente è igienizzata attraverso spray disinfettanti usati dall'aeronautica; se avessimo bisogno di usare il bagno, quello sarà igienizzato dopo ogni accesso, così come l'area per prendere un caffè; prima di andar via, raggiungiamo lo spogliatoio, ci si leviamo il kimono, lo lasciamo in un cestino e teniamo i guanti, finché non abbiamo provveduto al pagamento. Solo allora, davanti alla porta, li leviamo e ci igienizziamo le mani. Il barbiere apre il portone e ci saluta, così non dobbiamo più toccare nulla dello spazio interno. Siamo fuori, Milano è ormai sveglia.

Cirignotta ha dato un'etichetta al protocollo che propone. Lo ha chiamato «Sis», abbreviazione di Sicurezza, igiene e salute. «È un diritto e dovere per me e per il cliente. Rispettarlo diviene garanzia di efficacia ed efficienza, di protezione e rispetto reciproco».

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