Economia
September 12 2018
Le accise benzina in Italia continuano ad essere un peso che incide in maniera determinante sul prezzo dei carburanti alla pompa. Ecco perché nella prossima manovra, il governo ha intenzione di intervenire sulle accise benzina 2018, innescando quella che si spera possa essere una spirale al ribasso dei listini.
In particolare è stato il vicepremier Matteo Salvini a promettere esplicitamente un intervento sull’elenco accise benzina in vigore nel 2017, con l’abolizione di alcune di quelle più vecchie, tra le quali figurano le accise benzina della guerra d’Etiopia risalenti addirittura al 1935. In questo modo, secondo le stime di fonte governativa, si potrebbero ottenere alla pompa risparmi dell’ordine di circa 11 centesimi.
In realtà, non si può non rilevare che la via facile di imporre accise sui carburanti, rappresenta da sempre una tentazione per i tanti governi che in questi decenni si sono succeduti alla guida del Paese.
Basti pensare che secondo i dati della Cgia di Mestre solo dal 2011 ad oggi ci sono stati ben 7 rincari che hanno fatto impennare del 29% le accise sulla benzina e addirittura del 46% quelle applicate sul gasolio da autotrazione.
Attualmente, a causa del solo peso delle accise, ogni qual volta ci rechiamo presso un'area di servizio a fare il pieno alla nostra autovettura versiamo al fisco più di 70 centesimi ogni litro di benzina e poco più di 60 centesimi euro ogni litro di gasolio. Un conto complessivo che per il 2017 è stato pari a circa 26,7 miliardi di euro.
Il tutto senza contare poi il peso, sempre tutto fiscale, dell’Iva che ovviamente contribuisce a rendere ancora più salato il conto degli automobilisti alla pompa. Tra l’altro, proprio il combinato disposto di accise e Iva innesca il perverso meccanismo delle tasse sulle tasse. Ritoccando infatti al rialzo le accise, queste ultime vanno ad aumentare la base imponibile su cui si applica l'Iva stessa.
Un salasso per i consumatori, e viceversa un doppiovantaggio per le casse dello Stato. Con il risultato finale che, considerando gli attuali costi dei carburanti, circa il 62% del prezzo della benzina e il 59% di quello del gasolio, è dovuto solo alla parte fiscale.
Come accennato, proprio per cercare di spezzare questo circolo vizioso, il governo, nella prossima legge di stabilità, avrebbe intenzione di tagliare le accise più vecchie.
Stiamo parlando della già citata accisa della guerra d’Abissinia, ma anche quelle della crisi del Suez e della diga del Vajont, risalenti rispettivamente al 1956 e al 1963. E ancora le accise per l’inondazione di Firenze nel 1966, dei terremoti del Belice del 1969, del Friuli del 1976 e dell’Irpinia del 1980. Fino ad arrivare alle missioni Onu in Libano (1982 e 1983) e in Bosnia (1996).
E visto che, come accennato, in nessun epoca ci si è astenuti dall’agire sul prezzo della benzina per trovare risorse finanziarie fresche, è utile, tra le tante, citare le successive accise per il fondo spettacolo, per la crisi libica, per le alluvioni in Liguria e Toscana, per il decreto Salva-Italia, per il terremoto in Emilia, e per l’emergenza in Abruzzo.
Tra l’altro c’è da evidenziare il fatto che, il governo, quando deciderà effettivamente di intervenire, non potrà non tenere conto che alcune di queste accise, in particolare le più vecchie, sono state riunificate dal decreto Dini del 1995, mentre altre sono state rese strutturali dalla legge di stabilità 2013.