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October 11 2021
Dieci anni fa era un fumatore incallito, svuotava quasi due pacchetti al giorno. Poi Umberto Roccatti ha provato la sigaretta elettronica: «Dopo un mese correvo più velocemente sul tapis roulant, sentendo molta meno fatica. A tavola ho ritrovato i sapori, quel fastidio in gola che mi accompagnava ogni giorno è scomparso per sempre». Dieci anni più tardi, per la seconda volta, si è confermato un maratoneta sui pedali: ha coperto oltre 700 chilometri in bicicletta in quattro giorni consecutivi, senza un filo di acido lattico («mi ero allenato bene»), nonostante il tormento di un'influenza, rognoso ostacolo dell'ultimo minuto che ha reso il compito ancora più tortuoso. Roccatti non è solo un atleta amatoriale, usando la definizione che dà di sé per ridimensionarsi, ma il presidente di Anafe, l'Associazione nazionale dei produttori di fumo elettronico aderente a Confindustria. È il testimonial diretto delle aziende che rappresenta e del potenziale rischio ridotto dello svapo, principio supportato da un ampio ventaglio di studi scientifici indipendenti. Il suo manifesto viaggiante coincide con la «Ride4Vape», manifestazione ciclistica nata per evidenziare, attraverso uno sforzo straordinario, quanta ordinarietà ci sia nelle soluzioni di nuova generazione: «Rinormalizzano il corpo, riportano i parametri di tossicità a livelli standard. Danno, a chi vuole, la possibilità di cimentarsi con prove di resistenza». Meno percorribili dai consumatori della sigaretta tradizionale: «Che, in generale, comporta un impatto anche su chi fa regolare attività fisica. Gli sportivi che fumano rischiano parecchio a livello cardiovascolare».
Presidente, perché ha deciso di replicare per il secondo anno la «Ride4Vape»?
Serviva una manifestazione di protesta. Non solo il governo precedente non ha riconosciuto la sigaretta elettronica quale valida alternativa alle classiche bionde, ma ha introdotto una maxi-tassa entrata in vigore a gennaio di quest'anno, poi sospesa per cinque mesi dal nuovo esecutivo Draghi e che a inizio 2022 - senza un nuovo intervento legislativo - verrà ripristinata con un ulteriore aumento. Questo, di fatto, disincentiva qualsiasi percorso a rischio ridotto e qualsiasi nuovo prodotto realizzato e venduto nel nostro Paese. La partenza della prima tappa da Bolzano non è casuale».
Si spieghi meglio.
«Se l'esecutivo non interverrà, diventerà più conveniente comprare le e-cig all'estero. Dalle nostre frontiere entreranno nel nostro territorio camion in arrivo da Paesi dove le tasse non ci sono affatto. Per non parlare del mercato illegale, che finirà per proliferare con l'aumento dei prezzi».
Di che incrementi stiamo parlando?
«Fino al 300%. Per effetto di queste nuove imposte, svapare sarà più caro del tabacco trinciato e delle sigarette a combustione, il cui impatto negativo sull'organismo è ormai certo. Si tratta di un grande, triste paradosso».
La vostra richiesta all'esecutivo è conformarsi alle grandi economie continentali e abolire le tasse?
«Niente affatto. Non domandiamo cancellazioni, anzi è accettabile mantenere il livello di tassazione precedente alla stangata approvata dal Conte bis, che è gestibile dalla filiera e digeribile dal consumatore. Non vogliamo la luna, siamo realisti. Non pretendiamo incentivi, né aiuti. Ci battiamo per evitare che a pagare le conseguenze di certe decisioni sia una filiera di 15 mila occupati diretti e 35.000 indiretti, mentre in nazioni vicine ed evolute, dove la fiscalità è nulla, le autorità pubbliche consigliano queste soluzioni per smettere di fumare».
Un esempio?
«La Francia. Un recente documento a cura dell'Institut national du cancer, che è un organismo governativo, definisce l'e-cig come uno strumento in grado di aiutare a smettere di fumare e a ridurre i rischi associati al fumo. Varie ricerche hanno dimostrato che nelle zone in cui sono state vietate le vendite degli aromi associati a questi prodotti, si sono innalzati i consumi del tabacco tradizionale. Il rito alternativo deve essere accompagnato da una piacevolezza, altrimenti l'abitudine non si consolida e si ritorna
alla sigaretta classica».
Di fronte a queste evidenze, perché l'Italia procede in direzione contraria?
«Il nostro Istituto superiore di Sanità punta la sua strategia sulla cessazione totale, che è un modello ideologico utopistico. Secondo l'Eurispes, l'81% degli italiani che fumano non sono in grado o non vogliono smettere di fumare. I centri antifumo riescono ad aiutare una piccolissima quota di persone, pari allo 0,05%. Sono una goccia nell'oceano. Noi chiediamo soltanto di applicare lo stesso modello già usato in altri settori come quello dell'automobile. A nessuno verrebbe in mente di sfavorire l'uso delle vetture elettriche aumentandone le tasse. Le sigarette elettroniche, che sono meno nocive per gli esseri umani, rischiano di essere pesantemente penalizzate».