I Tassisti bloccano Roma (e non solo). Le ragioni di una protesta che va avanti da decenni
Nuova giornata di protesta per i tassisti di tutta Italia che a Roma si sono riuniti ancora una volta davanti Palazzo Chigi per chiedere lo stralcio dell’ormai celebre articolo 10 del ddl Concorrenza al vaglio del Governo in queste ore.
Cosa dice l’art.10 ddl Concorrenza
L’articolo in questione punta a richiedere «l’adeguamento dell’offerta di servizi alle forme di mobilità che si svolgono mediante applicazioni web che utilizzano piattaforme tecnologiche per l’interconnessione dei passeggeri e dei conducenti» e più in generale «la promozione della concorrenza, anche in sede di conferimento delle licenze, al fine di stimolare standard qualitativi più elevati».
Parole che, secondo le auto bianche suonano come il De Profundis del settore. Un De Profundis proclamato che, in realtà, si ripropone ciclicamente da decenni e che vede l’un contro l’altro armati il consorzio del settore che punta all’autotutela e la ragion di Stato che cerca di scalfire il monopolio della mobilità urbana regolamentando forme alternative ai taxi per spostarsi in città utilizzando l’auto col conducente.
Un conflitto decennale
Questi sono gli ingredienti di un conflitto che non trova soluzione e che, a fasi alterne, torna a scaldare gli animi e le piazze.
Le proteste di questi giorni, con tanto di conducenti incatenati davanti a Palazzo Chigi, lancio di fumogeni, bombe carta, slogan contro il Governo e minacce di paralizzare le città si sono tradotte in blocchi della mobilità urbana che hanno sfiorato il 90% nelle maggiori città italiane. Da Milano a Napoli passando da Torino, Bologna, Firenze, Venezia e Roma le braccia incrociate dei tassisti hanno creato disagi e problemi sia nella giornata di ieri che in quella odierna.
Cosa c’entra Uber
In particolare questa volta i tassisti invocano protezione contro Uber, il servizio di trasporto pubblico tramite app arrivato in Italia nel 2013. Secondo i conducenti di taxi proprio Uber rappresenta la minaccia più grande e sottesa alle nuove norme contenute del ddl Concorrenza.
In realtà, però, si tratta di una sorta di protesta preventiva visto che nel testo non si accenna alla liberalizzazione di servizi specifici (come Uber o Lyft) quanto piuttosto alla possibilità del Governo di prendere il mano le redini del settore della mobilità urbana facilitandone regolamentazione e liberalizzazione a tutela della possibilità del cittadino di scegliere il servizio che preferisce e questo non piace e non è mai piaciuto al consorzio dei tassisti.
Gli Uber files
Tanto più dopo la pubblicazione da parte del Guardian dei fascicoli Uber files che denunciano presunte pressione da parte dell’azienda sui governi occidentali per favorire l’inserimento del colosso californiano in Europa. Proprio la paura che le pressioni di Uber possano far piegare la schiena all’esecutivo ha messo benzina sul fuoco a questa nuova ondata di protesta.
La storia della protesta
Certo che l’idea che la città possa popolarsi di forme alternative di mobilità con conducente non è mai piaciuta ai taxi. Basti pensare a quanto accaduto nel 2008 con la guerra dei tassisti ai Ncc quando l’Italia si era paralizzata perché i taxi avevano incrociato le braccia per evitare che le auto con conducente potessero scalfire il loro monopolio.
Quell’anno le auto bianche chiedevano di firmare i decreti attuativi di una legge che imponeva ai concorrenti (gli Ncc, appunto) di rientrare nelle rimesse dopo ogni trasporto effettuato. La legge in questione era datata 1992 e fissava paletti e differenze tra Ncc e taxi e l’obbligo di rientro in rimessa tornava a collocare le auto con conducente nella sfera del noleggio privato. Quei decreti attuativi sono stati approvati nel 2019, ma da lì a pochi mesi sono stati dichiarati illegittimi dalla Corte Costituzionale e quindi ad oggi alla minaccia di Ncc si somma quella di Uber e delle altre piattaforme.
Cosa chiedono i sindacati
I sindacati del settore chiedono lo stralcio dell’intero articolo mentre i conducenti di taxi confermano di non aver paura di andare avanti a oltranza con la protesta anche a costo di perdere denaro e clienti.
A differenza di altre categorie, del resto, i tassisti quando incrociano le braccia si muovono come un sol uomo e da nord a sud riescono nell’intento di far sentire la loro mancanza in caso non prestino servizio.
Il nodo delle licenze
Altro nodo intorno al quale si sviluppa la protesta è quello relativo alle licenze. Secondo le auto bianche liberalizzare il mercato implicherebbe una svalutazione del valore di licenze pagate a caro prezzo (a Milano e Roma arrivano a costare 170.000 euro) e che, al momento, il singolo conducente decide a chi cedere all’interno di una platea di circa 40.000 tassisti.
Con una piazza liberalizzata il valore stesso del mercato andrebbe ad abbassarsi e loro si troverebbero con un pugno di mosche in mano.
Il Governo sembrerebbe intenzionato ad aprire una trattativa e un confronto con le parti sociali puntando a una modifica dell’articolo in questione senza che però, quest’ultimo, venga stralciato.
Dentro la protesta a Roma
In tutta Italia i taxi sono in sciopero e molti di loro sono arrivati nella capitale per protestare contro il decreto del ddl concorrenzain esame nella commissione Attività produttive della Camera. Il centro della protesta riguarda la liberalizzazione del settore taxi contenuta nell’articolo 10. Le ultime notizie parlano di una riformulazione dell’articolo per venire in contro ai tassisti ma i lavori sono stati sospesi e riprenderanno lunedì. Resta il fatto che a Roma questa mattina sono stati davvero pochi i manifestanti ad avere voglia di parlare e che hanno apprezzato le domande dei giornalisti.
«Il motivo della protesta è la delega in bianco nelle mani del Governo per riformare il nostro settore. Questo significherebbe che il governo ha sei mesi di tempo per scrivere una legge senza passare nelle aule parlamentari in pratica ci stanno puntando una pistola alla tempia. Quindi noi chiediamo lo stralcio di questa delega in bianco e di metterci ad un tavolo per la riforma»-spiega a Panorama Paolo Macioci tassista di Roma
Non è la prima volta che protestate come mai?
«Semplice perché questa categoria è a numero chiuso e le multinazionali cercano di entrare perché è un settore ancora non saturo quindi vogliono entrarci tutti per guadagnare».
Quanto costano le licenze dei taxi?
« Le licenze costano meno di 100mila euro, e sono cedute da altri tassisti. Sulla vendita delle licenze il governo mette il 23% di imposta, in più c’è da calcolare l’acquisto del taxi.. Mentre con il Decreto invece ci potrebbe essere una sorta di liberalizzazione e sparirebbe il discorso della licenza, chiunque potrebbe fare il tassista mentre noi abbiamo l’iscrizione al ruolo, facciamo delle viste mediche periodiche e siamo un servizio pubblico. Invece con la liberalizzazione sarebbe un tana libera tutti. Io oggi ho l’obbligo di prestazione ma ma se passa l’articolo posso decidere di non portarti».
Quanto guadagnate?
«Parliamo di circa 1300/1400 euro al mese. Una corsa in taxi a Roma costa 1,14 al chilometro con una partenza di 3 euro. Un tassista romano fa dalle 7 alle 10 corse al giorno. Noi qui nella capitale siamo circa 7mila».
Come mai i suoi colleghi sono così schivi nei confronti della stampa?
«Perché noi siamo una categoria poco apprezzata sui di noi si dice di tutto, ma in parte sono leggende metropolitane. Ci sono certamente colleghi un po’ particolari ma come in tutte le categorie».
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