Taxi Volanti, più politica che sostanza
Taxi volanti ecologici per una mobilità aerea definita sostenibile che sarà pronta a breve. Ma è proprio così? Non esattamente, seppure il vento della conversione ecologica soffi talmente forte che probabilmente riuscirà a sollevare queste nuove macchine volanti. Forse non in senso aerodinamico, più probabilmente in quello finanziario. Molti dei fondi europei di Horizon 20-27, ma anche parte del Pnrr, ovvero in totale oltre cinque miliardi di euro, sono stati stanziati per attività connesse al settore aerospaziale e dunque da un paio d'anni ecco fiorire progetti avveniristici, alcuni con qualche possibilità di concretezza, pochi con prototipi anche in fase di certificazione, ma la maggioranza estremamente arditi. Vero è che la ricaduta della ricerca sarà essenziale per sviluppare la mobilità aerea dei prossimi decenni, ma pensare che entro tre o quattro anni il cielo delle metropoli sarà percorso da tanti taxi volanti è decisamente una previsione ottimistica. E rischia di divenire uno specchietto per allodole. Non è un caso che i maggiori investitori in questo settore degli eVtol (così si chiamano i mezzi), hanno dimensioni tali da poter sopportare il rischio di fallire e sfruttare il ritorno d'immagine ben prima di quello industriale. Che somiglino a droni oppure ad astronavi, il punto dolente non è progettarli, costruirli, collaudarli e neppure dimostrarli in volo per attrarre capitali, bensì, prima di poter far salire a bordo un cliente che paga un servizio per essere portato a destinazione, è necessario dimostrare che questo tipo di viaggio sia sicuro di giorno come di notte, quando piove o c'è vento, con un clima caldo come gelido. E nessuno finora è arrivato fin qui.
L'aviazione tradizionale ha raggiunto il livello di sicurezza attuale (pre Covid volavano quasi tre miliardi di persone l'anno e accadevano incidenti mortali a circa mille di loro), ha impiegato oltre un secolo. Oggi grazie alla tecnologia disponibile e questo tipo di aeromobili elettrici a decollo verticale possiamo pensare di farcela in uno o due decenni, ma è evidente che a livello di sicurezza saremo comunque costretti a pagare un prezzo in termini di vite umane. Sia chiaro che dobbiamo farlo, è necessario provarci, soltanto non dobbiamo illuderci che questa sarà "la" soluzione, bensì una delle vie per la modalità che consentirà di levare dalle strade qualche automobile e compiere missioni di un certo tipo, inizialmente molto limitate in durata, distanza e condizioni meteo.
A proposito di infrastrutture, quando si parla di "vertiporti" è necessario considerare che sono comunque eliporti, nei quali prima dei taxi volanti voleranno elicotteri convenzionali. E il fatto che i cosiddetti "eVtol" siano elettrici non deve far dimenticare che il 70% del rumore di una macchina volante che trasporta persone o cose è dovuto all'elica e non dal motore. Il pericolo è che parlando di vertiporti si illudano le persone che averne uno davanti a casa sarà una fortuna. Così non sarà, e di eliporti, di aeroporti minori dove operare, in Italia ce ne sono già un centinaio, spesso semi abbandonati oppure sotto-utilizzati.
Ben venga lo sviluppo del settore, con investimenti e accordi come quello tra Sea e Skyports, oppure quello tra Volocopter (che iniziò a realizzare il suo eVtol una decina d'anni fa), con Atlantia e Aeroporti di Roma, oppure ancora gli studi per integrare droni e taxi volanti nel sistema di gestione del traffico aereo come stanno facendo concretamente Leonardo ed Enav. Ma tutto ciò, comprese le regole per il volo, deve ancora essere studiato e sperimentato per qualche anno. I vertiporti per l'Organizzazione internazionale dell'aviazione civile (Icao) ancora non sono classificati, e gli Stati fanno riferimento agli eliporti con soltanto bozze di regolamenti in divenire (si legga, al proposito, il volume II dell'Annesso 14 dell'Icao, la norma americana Ac 150-5300 e l'europea Ce139-2014).
In occasione delle olimpiadi 2026 in Italia non voleranno flotte di taxi elettrici, ma elicotteri e anche belli grandi e dotati di ogni sistema di navigazione necessario per raggiungere la destinazione in sicurezza anche se le condizioni meteo non saranno le migliori. Se prendiamo come esempio Milano, che avrà il suo villaggio olimpico presso l'ex scalo ferroviario Romana, a quindici minuti di auto da Linate, non avrà alcun senso trasportare gli atleti su strada fino al vertiporto ricavato da un'altra parte della città, attraversabile in un'ora nel traffico, per poi volare per un'altra ora e mezza verso Cortina. Dunque se si vogliono attrarre investimenti in questo campo è innanzi tutto importante mantenere la massima credibilità. A cominciare dai media e dai titolo troppo euforici. Non a caso nelle recenti parole dell'amministratore delegato di Sea, Armando Brunini, rilasciate alla stampa in occasione dell'annuncio dell'accordo Sea-Skyports, non ci sono tempi né illusioni: "La collaborazione con Skyports accelererà la capacità di Sea di sviluppare un network di vertiporti, a cominciare dalla 'grande Milano' sostenendone la fase di start up e sviluppando questa tipologia promettente e sostenibile di mobilità". Appunto "start-up" e "promettente", perché in aviazione la sicurezza è figlia dell'affidabilità e questa del tempo. Tentare di sovvertire o ingannare questa regola ha sempre portato a disastri. Ma senza studi, senza sperimentazione e una dose di rischio non si sarebbe arrivati in orbita, nessuno avrebbe superato la velocità del suono e men che meno saremmo arrivati sulla Luna. Il motivo del perché sia necessario sperimentare.
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