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May 11 2018
La moderna capitale di Israele, Tel Aviv, è il principale centro economico e culturale del Paese. Affacciata sul Mediterraneo, con le sue lunghe spiagge sabbiose dietro alle quali spicca la skyline, è una città laica, che trasgredisce lo shabbat mescolando religioni e orientamenti sessuali, cultura e tradizioni. Nel rispetto dell'altro.
Nata sulle dune di sabbia desertiche, Tel Aviv viene chiamata la “Collina della Primavera” ed è forse è così libera proprio perché è una delle città più giovani al mondo. Fondata nel 1909 da immigrati ebrei, ai limiti del porto di Jaffa, è il risultato dei rapporti tenuti proprio con l’antica città marittima oggi inglobata con stessa Tel Aviv.
Nel 1921 ottiene lo status di città e dal 1950 viene definitivamente unificata a Jaffa. Dal secondo dopoguerra, poi, accresce la propria importanza fino a diventare il centro principale di Israele.
Ma già nel piano urbanistico di Sir Patrick Geddes (primi anni ‘30) Tel aviv viene concepita come la città-giardino, il luogo dove facilitare gli scambi di vita comunitaria: sia all’interno di piccoli parchi, progettati tra un palazzo e l’altro, sia nei minuscoli bar sorti per intrattenere gli abitanti nelle ore serali o nelle numerose biblioteche, musei e gallerie d’arte che negli anni le valgono il paragone con New York, come “città che non dorme mai”.
Si dice che l’età media a Tel aviv, soprannominata la città bianca per i suoi edifici dall’architettura Bauhaus, sia di 35 anni e che, nonostante Israele sia un intreccio di religioni, a ogni angolo si percepisca la sua anima progressista. A Tel Aviv le famiglie ebraiche, nonché quelle meno numerose degli ortodossi moderni, degli arabi israeliani e dei residenti stranieri vivono in totale libertà.
Per chi ne volesse una conferma basta camminare per Rothscjild blvd verso il mare fino a raggiungere il quartiere Neve Tzedek, il quartiere yemenita che, ristrutturato negli anni ‘80, ha rilucidato il proprio smalto diventando alla moda ridando vita alla zona dove sono nati i primi ritrovi culturali ma dove l'atmosfera di piccolo borgo è rimasta la stessa. Qui, le fondamenta dei principi socialisti della società israeliano affondano le loro radici in quella forma di vita comunitaria condotta una volta nei kibbutzim e ancora oggi percepita nonostante la maggior parte della popolazione faccia parte dell’alta borghesia incline allindivisualismo.
Un altro luogo da non perdere dove profumi e umanità si mescolano è il Carmel Market (o Shuk Ha'Carmel). questo è il più grande mercato di frutta e verdura di Tel Aviv dove, tra strette tra il vecchio quartiere Yemenita e Nahalat Binyamin Street, si trovano anche bancarelle di abbigliamento, accessori, oggettistica incastrate tra quelle dei fiori freschi e dello street food che, con specialità culinarie del luogo, cattura l’attenzione di viaggiatori e residenti.
Ad Habima Square i suoi abitanti, in gran parte arabi-israeliani, sono la testimonianza vivente di un'integrazione laboriosa e tuttavia possibile. Qui fontane, giardini urbani, caffè alla moda, il pavillon Rubistein o l’auditorium si alternano ai giardini e alle zone dove le persone prendono il sole o a trascorrono del tempo libero.
In questa città così aperta alle diversità, nei 13 chilometri di spiaggia si trovano anche le "gay beaches". Tra le più frequentate c’è quella dell’Hilton, dove la tolleranza più che soltanto un valore è una buona regola da rispettare.