Lifestyle
October 01 2015
Chiusa in casa per una settimana, nella sua villa in Florida, senza telefonino e social network, con un’unica uscita (forzata) per la premier newyorkese della sua nuova linea di abbigliamento. Serena Williams ha accusato il colpo e dopo la sconfitta in semifinale agli Us Open contro l'azzurra Roberta Vinci, che la ha negato il traguardo del Grande Slam, sembra essere sprofondata in un pesante stato depressivo che l'ha portata alla decisione di concludere anzitempo la sua stagione rinunciando al Wta di Pechino e alle Finals di Singapore.
“Erano già capitati momenti difficili in passato, ma questa volta sapevo che non sarebbe tornata in campo fino alla fine dell'anno – aveva dichiarato Patrick Mouratoglou, l'allenatore di Serena, preoccupato per lo stato psicofisico della sua atleta –. L’unica volta che l’ho sentita al telefono mi ha parlato di 2015 da dimenticare”.
Possibile che una tennista capace di conquistare tre tornei dello Slam, vincendo 53 partite e perdendone solo 3, possa considerare negativa la sua stagione? La risposta ce la facciamo dare da Salvo Russo, psichiatra specializzato in psicologia dello sport.
Dottor Russo, possibile che la Williams possa entrare in depressione dopo la sconfitta agli Us Open?
“Faccio una premessa. Noi immaginiamo che la depressione sia una patologia più frequente in chi non ha ottenuto tantissimo dalla sua vita, o magari in chi fa fatica addirittura a sbarcare il lunario..”.
E non è così?
“In parte sì, la depressione è il male del secolo. Basti pensare che secondo alcune ricerche una persona su due nell’ultimo anno avrebbe preso almeno un ansiolitico, anche in maniera occasionale. Ecco, gli sportivi professionisti hanno una percentuale di rischio persino maggiore delle persone comuni perché la sindrome da stress cronico a cui sono sottoposti favorisce a sua volta la sindrome depressiva”.
Quindi non dobbiamo stupirci..
“Non dovremmo stupirci nemmeno di fronte alle depressioni post vittoria. Buffon era caduto in depressione dopo la vittoria dei mondiali. Quindi un evento fortemente positivo. In quel caso la sindrome depressiva era stata scatenata dall’aver vinto tutto e dal non riuscire a trovare nuovi stimoli”.
Per Serena invece di cosa si tratta?
“Serena evidentemente ha un’espansione dell’ego che sfiora l’onnipotenza, che l'allontana dalla realtà e non le permette di prevedere una possibile sconfitta”.
Come quella con la Vinci, la cui vittoria era data 300 a 1…
“Per certi versi un campione fa bene ad elevare le proprie aspettative. Il contorno – gli US Open in casa – e la sfida contro un’avversaria che non aveva mai vinto un set contro di lei hanno accentuato il tutto. Quella della Williams era una superiorità anche fisica con la Vinci. Difficile accettare che alla fine si sia invece dovuta quasi inchinare, in maniera simbolica, per complimentarsi con Roberta…”.
Ma da qui a non voler più a uscire di casa, cosa succede?
“Succede che la donna Serena ha dato un significato sproporzionato a quell’incontro rispetto all’importanza reale che dovrebbe ricoprire nella sua vita”.
Questa è una cosa che accomuna molti atleti di alto livello?
“E’ evidente che l’immagine di sé che bisogna avere per arrivare a certi livelli è diversa da quella di un atleta comune. Non dimentichiamoci però che, oltre che con gli avversari, questi campioni devono fare conto con le aspettative altrui, che ti possono schiacciare..”.
Cosa farebbe se fosse lo psicologo della Williams?
“Prima cosa proverei a entrare in empatia con lei, capendo il suo lato umano, perché è evidente che stia soffrendo molto. A quel punto prenderei il suo tabellino del 2015 e glielo metterei davanti per provare a dare un significato nuovo alle sue (poche, nda) sconfitte”.
Come si rimette in campo un atleta in queste condizioni?
“Prima bisogna ricostruire il benessere della persona. Chiudere la stagione anzitempo non è un dramma, a patto che Serena non si chiuda in casa ma che faccia qualcosa per se stessa. Purtroppo molte volte per i professionisti è molto difficile riuscirci date le pressioni di manager, sponsor, ecc..”.
E qual è il rischio?
“Innanzitutto bisogna capire se effettivamente la Williams sia depressa, intendo dal punto di vista patologico. Se così fosse, non dimentichiamoci che la complicanza peggiore della depressione è il suicidio. Di casi, nello sport, ce ne sono stati molti. Penso ad esempio all'ex portiere dell’Hannover Henke che si suicidò dopo un allenamento. Economicamente uno sportivo può valere moltissimo, per se stesso e per chi gli sta vicino, ma non dimentichiamoci che sotto c’è sempre una persona".