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February 25 2025
In occasione dell'ottantesimo compleanno di Teo Teocoli, riproponiamo un articolo tratto da Panorama del 3 dicembre 1998 in cui il comico viene descritto da alcuni dei suoi amici più cari.
Teo Teocoli, 53 anni, è stato un ragazzo del Clan di Celentano, ha suonato con i Trappers, ha fatto una stagione teatrale come ballerino nel musical Hair, prima di approdare sul video ai programmi comici più importanti degli ultimi dieci anni: Drive in, Striscia la notizia, Scherzi a parte, Mai dire gol, Quelli che il calcio. E proprio nell' ultima edizione di Quelli che il calcio, con Fabio Fazio, è diventato fenomeno cult. Burbero e sensibile, insicuro e travolgente, irascibile e generoso. Ma soprattutto, buono.
Quante strane e contraddittorie facce nasconde, dietro le sue mille maschere, Teo Teocoli, ragazzone di 53 anni mai cresciuto, e che mai crescerà. Sbocciato a 40 anni come comico di strabiliante successo dopo aver perso, patendola, la scommessa giovanile: diventare, a tutti i costi, cantante. Cantante di grido. "Teo era cresciuto nel Clan di Celentano" racconta Bruno Longhi, oggi telecronista sportivo alla Mediaset, ieri musicista (ha suonato il basso per Lucio Battisti) "ma faceva troppo il bullo, Celentano l' aveva allontanato. Fece per un po' il cantante dei Quelli, con Franz Di Cioccio e Fico Piazza, che poi avrebbero dato vita alla Pfm. Ma ben presto si ritrovò a piedi. Nel '65, una sera, venne al Gallery di Milano, dove suonavamo noi, che ci chiamavamo Trappers, e disse: "Ho un contratto per Finale Ligure, l'estate intera: venite con me". Lo accompagnammo. Costo della pensione: 2.500 lire al giorno; paga, 7.500 lire a sera. Lui, finito il lavoro, ci mollava (avevamo qualche anno meno di lui) e andava a giocarsi tutto a dadi. Perdeva sempre". "Quell' anno" ricorda Longhi "vennero i Beatles in Italia: a Milano e poi a Genova. Teo non stava più nella pelle. Andò dal proprietario del locale dove suonavamo (un tipo zoppo, buffo, con un gatto che si chiamava Igulittu che Teo aveva conquistato imitando la voce del padrone) e lo convinse a darci la sua Lancia Coupé. Partimmo per Genova e fu come trovarci su un'auto guidata da Pippo di Walt Disney. "Ce l'hai la patente?" gli chiedemmo. "No" disse lui". Il cavallo di battaglia di Teo Teocoli, cantante sgangherato dei Trappers, è Needles and pins dei Searchers. Ma i Trappers sono quel che sono: Teo prova così a bussare alla porta dei Camaleonti, suoi buoni amici, che gli dicono: "Guarda, eravamo in cinque. Lavezzi è andato militare e abbiamo visto che in quattro non cambia nulla. Sei simpatico, però davvero non ci servi".
Teo non lo sa, ma il flop come cantante è (sarà) la sua fortuna. L' Italia perde un rockettaro come tanti e si appresta a scoprire un portento di comico. Non subitissimo, però, perché Teo non riesce ancora a sentire dentro di sé la vocazione vera, quella di fare ridere. Non sa ancora che dentro di sé, pronti per vedere la luce, ci sono già i tanti Teo di Teo: Peo Pericoli e Caccamo, Cesare Maldini e Vettorello, Mazzone e Ray Charles.
"Non ho mai incontrato nessuno che mi faccia ridere come Teo, non ho mai incontrato nessuno con cui abbia lavorato più volentieri": chi parla così è Gene Gnocchi, altro fuoriclasse della risata, in un certo senso l' opposto di Teo, pigro, introverso, stralunato, più intellettuale, altrettanto geniale. "Per dire che tipo è Teo, ricordo che ai primi tempi di Mai dire gol le cose non andavano bene: il programma non decollava, i nostri personaggi - i Caccamo e i Rubagotti - non erano ancora nati. Eravamo depressi. Un giorno Teo ebbe una ribellione furente: m' investì d' insulti, disse che pensavo solo a dormire, che m' interessava solo stare a Fidenza a bere nocino e a bighellonare. Mi ferì così profondamente che a un tratto, davanti a tutti, scoppiai a piangere. Perché lui una cosa soprattutto non tollera: la trascuratezza verso il lavoro. E siccome Teo sa solo essere diretto, se ti deve rimproverare ti travolge, fino a farti piangere". Strano tipo di burbero, Teo Teocoli. Che un giorno d' inverno, parlando del più e del meno con due giornalisti della redazione sportiva di Italia 1, coglie un discorso e si catapulta a Monza, ospedale San Gerardo, reparto bambini malati di leucemia: mascherina in volto, dà vita al più insolito e travolgente e commovente sketch comico della sua vita, lontano dall' occhio delle telecamere ma così vicino all' occhio incredulo e felice dei bambini in lotta con la morte. "Dovessi scegliere un aggettivo solo direi che Teo è generoso" racconta Gene Gnocchi. "Sempre, comunque, dovunque. Ai tempi del Gioco dei nove (cominciavamo ormai a conoscerci bene) la cosa che lo gratificava di più, per com' ero fatto io, era farmi ridere. E in camerino, prima delle registrazioni, s' era inventato due personaggi a mio uso e consumo: un elettricista che cercava di riparare tutto usando solo le mani e un uomo delle pulizie specializzato in portaceneri. Mi faceva ridere moltissimo, lui non credeva ai suoi occhi e come un bambino che non sa resistere e mangia tutto il barattolo di marmellata, andava avanti a farmi l' elettricista e l'omino dei portacenere per ore. Così, spessissimo, andavamo in scena per il programma, e lui era svuotato. Aveva già dato tutto, per fare ridere me e fare contenta una parte di sé".
La persona che più di ogni altra sa tenere in pugno questo vulcano di uomo è forse Elena, la moglie, che a Teo ha dato tre figlie femmine. Elena, che è di Varese e ha una sorella sposata a Luca Barbareschi, si tiene accanto Teo da una vita e al suo confronto non ci sono manager che tengano: né Marangoni (l' ex, ora di Gene Gnocchi), né Colombi (agente in carica, ex di Gene Gnocchi). Le insicurezze e i crucci di Teo sono tanti, comuni a tutti gli artisti: la sudditanza psicologica ai dati Auditel, il desiderio di sentirsi sempre il capobranco, la fragilità di fronte a una risata che non arriva, una critica negativa. "Ma la cosa che Teo ha patito di più" assicura un personaggio che lo conosce bene "è stata l' accusa, qualche anno fa, di portare sfortuna al Milan, di cui è tifoso". Era successo che la presenza di Teo in tribuna fosse coincisa con le allora rare sconfitte rossonere. Così, qualcuno aveva buttato lì la voce, che come un venticello si era propagata, arrivando anche all' orecchio di Teo. Un giorno annunciò: "Vado a Bordeaux a seguire il Milan. Abbiamo vinto 2-0 all' andata, voglio godermi il trionfale passaggio del turno". Il Milan perse 3-0 e fu eliminato. I maligni dicono che quest' anno, per la prima volta dopo anni, il Milan non abbia più dato a Teo la tessera omaggio. Cattiverie. Nemmeno Caccamo, forse, ci crederebbe.