News
January 11 2018
Dopo anni di promesse, il 2017 ne ha mantenute diverse in tema di trattamenti medici avveniristici. Alcune forme di terapia genica, su cui sono in corso da tempo sperimentazioni cliniche, sono divenute trattamenti a disposizione dei pazienti.
Il concetto stesso di terapia genica è elegante e apparentemente semplice: si corregge una parola o una lettera “sbagliata” nel testo rappresentato dal genoma, e si cura la malattia che deriva da questo errore.
Appena prima di Natale, l’agenzia regolatoria americana sui farmaci, la FDA, ha dato il via libera alla commercializzazione di Luxturna, la prima terapia genica commercializzata per una rara forma di cecità ereditaria.
Si tratta di un trattamento in cui dei virus ingegnerizzati veicolano all’interno dell’occhio la versione sana del gene che dà origine alla malattia, una forma particolare di distrofia della retina.
Il trattamento sembra in grado di rallentare o fermare la perdita della vista, anche se per ora è difficile dire se può considerarsi definitivo. A fare scalpore è stato anche il prezzo della terapia: 850 mila dollari.
Da capogiro - circa 500 mila euro, rimborsate però dal servizio sanitario nazionale - è anche il costo di Strimvelis, approvata nel 2016 in Europa e frutto della ricerca all’Istituto San Raffaele Telethon per la terapia genica di Milano (Tiget) e le cui procedure per produzione e messa in commercio sono state finanziate dall’industria farmaceutica GSK.
Il trattamento cura una malattia molto rara (in Europa i casi sono circa 15 l’anno), in cui i bambini nascono con un sistema immunitario compromesso: privi di difese, non riescono a combattere neppure le infezioni più comuni e innocue per la maggior parte degli altri.
Nella malattia, che si chiama ADA-SCID, il gene alterato viene ereditato da entrambi i genitori. La terapia, sviluppata in anni di ricerca nell’istituto di ricerca milanese, e disponibile per i bambini che non hanno un donatore di midollo compatibile, consiste nell’isolare le cellule staminali dal midollo osseo dei bambini cui è stata diagnosticata, infettarle in laboratorio con un virus che trasporta il gene sano e re-infonderle al piccolo paziente (che nel frattempo ha fatto una chemioterapia a basso dosaggio per eliminare le cellule malate).
Ad agosto, sempre negli Stati Uniti, è stata approvata anche la prima terapia genica contro una forma di tumore. Si tratta del trattamento Kymriah, commercializzato dalla Novartis, per una forma di leucemia linfoblastica acuta che colpisce i bambini.
Questo trattamento deriva dalla ricerca sulle cosiddetta immunoterapia a base di cellule CAR-T, un settore su cui si sta concentrando l’interesse di ricercatori e industria. Si tratta di linfociti T, le cellule che fanno da sentinella nel nostro sistema immunitario, modificate in modo che riconoscano le proteine sulla superficie delle cellule maligne dei tumori.
Come ha sintetizzato Carl June, uno dei ricercatori che ha lavorato allo sviluppo di questa terapia, "le cellule T normali vengono trasformate in serial killer che possono distruggere fino a 100 mila cellule tumorali".
In diverse sperimentazioni cliniche su tumori del sangue hanno dato risultati definiti "spettacolari" dagli stessi ricercatori, con remissioni di malattie molto gravi o in stadio avanzato, anche se la terapia stessa presenta rischi elevati.
Anche in questo caso il trattamento deve essere prodotto su misura per ogni paziente, prelevando le sue cellule, modificandole geneticamente in laboratorio, e poi inserendole di nuovo nel suo corpo.
Costo: 475 mila dollari.
A ottobre, ancora in Usa, è stata approvata anche una terapia genica contro alcune forme di linfoma non-Hodgkin che non rispondono ad altre terapie. Si chiama Yescarta, è prodotta da Kite Pharmaceuticals e il prezzo stabilito è al momento di 370 mila euro.
La complessità della messa a punto di queste terapie, sviluppate nel corso di anni e anni di ricerca, il numero molto piccoli di pazienti cui sono dirette, il fatto che siano "su misura" per ogni paziente, rende ragione almeno in parte dei costi che al senso comune appaiono astronomici. In futuro però le cose potrebbero cambiare.
Finora, per esempio, l’idea stessa di terapia genica era riservata al trattamento di malattie molto rare, per cui non esiste cura risolutiva. Ora sono però in corso sperimentazioni per malattie che lo sono molto meno, per esempio malattie del sangue come l’anemia falciforme o la talassemia.
In questo caso la terapia genica viene fatta in vivo: invece di correggere in provetta le cellule, si inocula direttamente il virus, che generalmente è quello dell’Hiv reso innocuo, con il gene sano inserito nel suo Dna. È stato anche il caso del trattamento Luxturna contro la cecità.
Oltre che di terapie sperimentali entrate in commercio, il 2017 è stato l’anno di altri importanti successi per la ricerca sulle terapie geniche.
Il team di Michele De Luca del Centro di medicina rigenerativa dell’Università di Modena e Reggio Emilia ha curato un bambino di sette anni affetto da una grave malattia della pelle, l’epidermolisi bollosa, con un trapianto di cellule staminali "corrette" con la terapia genica.
In questo caso, da un frammento di pelle grande come un francobollo, ricavato da una delle poche zone del corpo del bambino risparmiate dalle terribili lesioni che la malattia provoca, sono state ricavate le cellule staminali che normalmente rigenerano la pelle.
Nelle cellule è stata poi inserita la versione sana del gene, e infine sono stati coltivati in lembi ampi di pelle a partire dalle cellule con la correzione.
La nuova pelle è stata trapiantata, in due successivi interventi, su gran parte del corpo del bambino, che dalle condizioni disperate in cui era è tornato a fare una vita normale.
Una forma di terapia genica è stata usata per trattare quindici bambini affetti da atrofia muscolare spinale di tipo 1, che gradualmente porta alla paralisi e alla morte. Anche in questo caso, i risultati sono stati molto incoraggianti, per una malattia che di solito non dà scampo.