Teresa «la ladra» si prende Sanremo

Quando appare sul palco con una giacca dorata, un po’ Goldfinger, un po’ Ferrero Rocher, Amadeus è nero. Sì, certo dice che è felice, ma sotto, sotto, i gioielli di famiglia gli girano come pale eoliche dell’agrigentino in una giornata di scirocco. Il Qua-Qua Gate ha preso il volo, assumendo dimensioni enormi. Un cetriolone. Pubblicità occulta, scarpe bianche con logo in vista, telecamere assassine che le inquadrano a manetta. Vabbè. Finché dura fa verdura e travolto da un insolito destino il Festival fa uno share, che regge alla grande il confronto con il Pippometro. Anche Russell Crowe, in versione Babbo Natale soul, gli passa una palla al burro, facendo “dissing” a distanza contro il collega. John è perculato in mondovisione da Massimo Decimo Meridio. I social applaudono: «Siamo Stravolti», «Che momenti altissimi stiamo vivendo», «Al mio segnale scatenate il ballo del qua-qua».

Intanto scende la scalinata la Ferillona nazionale (comunque anche lei l’anno scorso fu protagonista del FerilliGate). Sensuale con un abito a strisce orizzontali sfinente e due orecchini strepitosi che luccicavano più di mille luci della ribalta. Dice di essere venuta “in visita dai parenti, mancano solo le pasterelle”. Signora mia, è subito sagra del gnocco fritto. E con il buon senso che la contraddistingue chiede perché servano tre persone per dire un nome da presentare (ce lo siamo chiesti anche noi). Dargen le spiega che il “threesome” è più divertente. Da verificare. Comunque marciamo verso il gran finale, cade il velo del tempio e ci schieriamo senza pudore. Il Tre ci piace sempre più. Fragili è la canzone di una generazione che non trova il suo posto nel mondo. Ci sta tutta. Lui bacia la mamma in platea e festeggia il quarto posto con la cagnolina Riri («È una cura contro i demoni che ho nella testa»). Cane sul letto, mille punti in più. A proposito come sta la bestiola dopo essere stata soffocata per la gioia tra le lenzuola?

I Ricchi e Poveri in paillettes fucsia sono meravigliosi. Come si toglie la stola con il boa Angela, nessuna al mondo. La sua mossa da matadora è inimitabile. La verità è che il palco dell’Ariston ormai gli sta stretto. Per loro solo il Bellagio di Las Vegas.

Rose Villain è così bella che sembra una dei replicanti di Ridley Scott in Blade Runner. Statuaria e perfetta. L’abito monospalla di Balenciaga sfida ogni legge di gravità. Forse la canzone è troppo avanti, ma cosa importa, noi vogliamo vederla in Dune, parte terza Eroina del nostro incerto futuro. Ghali in guanti bianchi stona terribilmente, ma resta un grande, anche se Mahmood lo presenta con lo sguardo torvo di Oliver in Saltburn.

I cattivoni dovevano essere La Sad, invece sono dei gran bravi ragazzi. Portano sul palco il suicidio dei giovani (numeri in crescita spaventosa) e ci rassicurano che i rapporti familiari si possono sempre recuperare. Figli di Paolo Crepet, più che dei Sex Pistols. Poi hanno rubato la borsetta di Giulia Salemi e duettato con Orietta Berti, entrando di diritto nella Storia.

Ci assalgano leciti dubbi: ma perché a un grande come Diodato hanno fatto quel taglio da munaciello? Non ci diamo pace. Come non ci diamo pace che Terra Promessa di Ramazzotti abbia 40 anni. Amadeus è sadico con queste celebrationda dentiera. Per noi, ragazzi di ieri, la terra promessa è rimasta una chimera, ma almeno Eros stavolta ha letto il gobbo.

E poi c’è lei. Teresa Mannino, «Strepitosa mina vagante», «La versione femminile di Fiorello», «Il prossimo Sanremo deve condurlo lei», «La volevamo tutte le serate», «“Su questo palco ci sono più nasi che canzoni”, genia», «La migliore», postano radiosi i social. In rosa con le piume è deliziosa, gli occhiali progressivi da Mrs.Doubtfire sono così chic. Dice molte cose, su alcune, confessiamo che dobbiamo riflettere. Ma ha tutta l’intelligenza, la potenza scenica, l’energia per bilanciare un Ama sinceramente provato. Ci spiega che abbiamo il 60 per cento di patrimonio genetico uguale alle banane. E la cosa ci turba. Ma d’altronde che la vita non abbia alcun senso è una ragione di vivere, la sola del resto, scriveva Cioran. Per questo si ama Sanremo e la Teresa di più. Ci racconta la società del matriarcato delle formiche tagliafoglie, dove i maschi servono solo alla copula. Comandano le formiche e sono loro che scelgono il sesso dei nascituri. «Naturalmente femmine». A dirla così potrebbe sembrare anche una cosa carina, ma se ci si ferma un secondo e si riflette, a noi non pare un’idea granché. Come sarebbe il mondo senza Gianni Morandi che alle due di notte, fresco come una rosa di bosco, sotto la pioggia canta “Ritornerò in ginocchio da te”. E poi Bresh con il suo Guasto d’amore, che per noi, che con quella faccia un po’ così, quell’espressione un po’ così, abbiamo visto Genova, ci ha fatto piangere (in curva a Marassi). E vogliamo anche Gazelle, imbarazzato dietro gli occhiali neri mentre spizza il seno marmoreo di Rose, Giuliano Sangiorgi che bacia sulle labbra (certo, ci voleva il limone perché fosse davvero Sanremo) Emma, Sangiovanni che ce la mette tutta, anche se si sente che qualcosa dentro di lui fa male. Un mondo di sole donne sarebbe la cumbia della noia. E crediamo che alla fine manco si risolverebbe il problema del potere su e il potere di. Comunque, stasera non ci annoieremo. Ci dicono che arriveranno i Jalisse. L’attesa è stata lunga (27 anni), ma saranno fiumi di felicità. Così ci prepariamo in trepida attesa alla serata delle cover con l’amore in bocca (per citare quei benedetti, imprescindibili, ragazzi dei Santi Francesi). E, viva sempre l’Amerigo Vespucci.

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