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August 25 2017
Il caso ha voluto che nel primo anniversario del terremoto che tutti identifichiamo con la tragedia di Amatrice e Accumoli, Ischia sia stata colpita da un sisma.
Per la scossa sull'isola non è il caso di scomodare la terra matrigna o le punizioni del cielo. Che l'isola e in particolare la zona di Casamicciola (nella foto accanto, l'hotel Vinetum) siano ad elevato rischio di terremoti è un fatto ben noto da secoli.
Per questo, davanti ai morti e ai feriti e alle case venute giù con tanta facilità rispetto a una forza fortunatamente contenuta della scossa strazia ancora di più constatare come non ci sia stata alcuna seria attività di prevenzione o messa in stato di sicurezza del territorio. Vedrete: di qui a poco l'attenzione si sposterà sui pericoli del Vesuvio e dei Campi Flegrei, inizierà il solito defatigante e sterile dibattito su centinaia di migliaia di persone "a rischio" che vivono in abitazioni non sicure (magari perché abusive e quindi fuorilegge, si può ancora dire o no?).
Ma non succederà assolutamente niente, arrivederci alla prossima tragedia sperando che "'o Vesuvio" non borbotti eccessivamente. Mentre guardiamo le immagini dei soccorritori di Ischia, ovviamente si riaccende il ricordo dei terremoti del Centro Italia. Un anno è passato, dicevamo. Il rituale dei "bilanci" e delle "cose fatte" è già iniziato. Chiacchiere.
Tre dati di fatto: le "soluzioni abitative in emergenza", le casette per capirci, sono ancora pochissime rispetto a quelle che dovevano essere consegnate e pure da molti mesi; le macerie sono praticamente tutte rimaste dov'erano; la ricostruzione è ancora un miraggio. Dopo il capo della Protezione civile, ha lasciato l'incarico anche il Commissario straordinario alla ricostruzione nominato dal governo. Si potrebbe facilmente infierire sull'incapacità e sul fallimento, mettere in fila un elenco sterminato di inefficienze. Lo facciamo senza sosta da un anno.
Oggi no. Oggi vogliamo dare spazio a una famiglia testarda, tenace, coraggiosa e attaccata alla "sua" Umbria.
Ricordo di aver visto Vincenzo Bianconi in una delle prime immagini trasmesse in diretta da Norcia dopo il terremoto del 2016. Era nella piazza principale, abbracciava i suoi concittadini scappati dalle case in pigiama. Tutto intorno polvere e macerie, la basilica di Benedetto crollata e le suore di clausura inginocchiate a pregare ai piedi della statua del Santo. Era domenica, era il 30 ottobre. Pochi mesi prima, ad agosto, le scosse avevano cancellato Amatrice e Accumoli e poi ancora i paesi della Valle del Tronto e Visso, Preci, un elenco infinito...
Oltre 300 morti. Poi era toccato a Norcia. Oggi bisogna conoscere e far parlare Vincenzo Bianconi, bisogna leggere e imparare la lezione della sua famiglia che dimostra quanto la gente meriti di più da uno Stato molte volte inefficiente e pasticcione. E poi, alla fine, togliersi il cappello.
Altro che chiacchiere.
Vincenzo Bianconi, 44 anni, l’autore dell'articolo che segue, col fratello Federico è proprietario e gestisce Palazzo Seneca, a Norcia. Costretto a una pausa per il sisma che ha devastato il Centro Italia, Il Relais & Châteaux ha riaperto lo scorso 29 aprile ed è stato tra i protagonisti della tappa di «Panorama d’Italia» in Umbria.
Di VINCENZO BIANCONI - 17 agosto 2017, il cellulare squilla alle otto di mattina puntuale come una sveglia. La chiamata arriva dagli Stati Uniti, so che appena rispondo sentirò la voce di mio fratello Federico che è a Las Vegas. Non mi dice «ciao» o «come stai».
Federico sta in silenzio un paio di secondi, poi con una voce di quelle che non riescono a uscire quando sei commosso sussurra: «Abbiamo vinto…».
Inizia a piangere, poi singhiozza… Io mi ero svegliato con quello squillo… ero stordito… mia moglie accanto… E lei, con quella sensibilità che contraddistingue una moglie amorevole quando vede suo marito un po’ addormentato, mi dice: «Sveglia!!! Las Vegas... Premio...». Mi scuote e ripete: «Sveglia!!!». Va bene, ho capito: «Fede, come stai?», sento la sua voce ancora tremolante… ripete: «Abbiamo vinto…».
Anche io inizio a piangere... in silenzio. Mio figlio Carlo di cinque anni mi domanda: «Che succede papà?». Il «tutto ok» che gli rispondo non lo convince. È preoccupato, va dalla mamma. Le dice: «Papà è triste e sta piangendo, che succede?». Claudia risponde: «Papà piange di gioia… a volte nella vita si piange anche perché si è felici». Ci abbracciamo tutti.
Poco dopo Chiara, la moglie di Federico, giornalista, responsabile dell’ufficio stampa di famiglia che aveva seguito l’evento per tutta la notte in diretta Facebook, ci gira il video girato da un’amic a. Las Vegas: serata «Best of the Best» di Virtuoso, il network più importante del mondo del turismo di lusso, salone immenso con 1.600 persone a cena.
Ai tavoli siedono i più importanti agenti di viaggio del pianeta, i nomi più altisonanti dei proprietari di hotel con i loro direttori e poi i responsabili di catene di resort, di compagnie di navi da crociere, di società di jet e servizi di lusso. Senza dimenticare il plotone di giornalisti arrivati dai cinque continenti. Sul palco centrale aveva da poco finito la sua esibizione Britney Spears.
Sale sul palco circondato da mega-schermi il presidente mondiale di Virtuoso, Mattew Upchurc, con il suo vice Albert Herrera: annuncia no la consegna degli Awards 2017. Siamo all’ultimo premio, il più importante: l’Hotel of the year 2017, per il quale avevamo avuto due mesi prima la nomination insieme ad altri quattro hotel.
Il presidente informa sulle motivazioni che caratterizzano questo premio: «L’Hotel of the year è un Hotel speciale, dove si fa eccellenza, dove gli ospiti sono molto soddisfatti dell’esperienza che vivono, ma non basta. È anche un Hotel che ha dimostrato di avere un ruolo ed una capacità nel saper ispirare, coinvolgere e guidare la comunità locale nella quale risiede, verso una crescita ed uno sviluppo della qualità. I candidati sono: Mandarin Oriental di Bangkok, Four Seasons Resort Lana’i delle Hawai, The Peninsula di Pechino, The Lanesborough Oetker Collection di Londra, e Palazzo Seneca di Norcia». Lo sapevamo, eravamo circondati da dei veri e propri giganti del turismo: essere lì con loro, inseriti in quella cinquina per noi era già fantascienza.
In quel momento le lacrime mi offuscano la vista e mi trasportano lontano... Ho rivisto i sacrifici di nostra nonna paterna Nunziata, la sua gestione attenta e faticosa di quella che era la nostra storica locanda a Norcia di nove camere. Ho sentito la stretta forte della mano calda di nostro nonno materno Mario che si è spento da due giorni: i suoi racconti ed insegnamenti di vita, la scampata deportazione durante la seconda guerra mondiale, il ristorante che si era inventato per gli operai sotto la torre di controllo dell’aeroporto di Fiumicino che era in costruzione, il dolore nel doverlo poi demolire, la forza nel non mollare mai, l’intelligenza nel reinventarsi sempre, con le attrezzature che aveva salvato.
Faceva quello che oggi chiamano catering, andava in giro per le fattorie della campagna romana. E poi mio padre Carlo, un visionario, la capacità di sapersi sempre sollevare e di guardare lontano, per dirla con una parola tanto abusata di questi tempi, il simbolo della resilienza. Mio padre Carlo che, dopo aver lavorato duro con mia nonna a Norcia, a 20 anni aveva provato ad andarsene dai nostri monti. In quel momento non vedeva un futuro, andò ad inseguire i suoi sogni prima in Svizzera e poi in Germania nei più importanti grandi alberghi di lusso del tempo. Ma poi il suo senso di responsabilità lo riportò a Norcia: nostra nonna aveva bisogno di lui per scongiurare il rischio di fallimento della nostra piccola locanda.
Ricordo i racconti delle angosce che lo accompagnarono in quei primi anni, l’abbandono di un mondo dorato per ripiombare in un piccolo paese dell’Appennino. E la sua sfida: «Se non posso vivere nel mondo in cui vorrei vivere, allora proverò a cambiare il mondo in cui devo vivere». Furono montagne di cambiali, comprese quelle che firmò per mettere il primo riscaldamento e l’acqua calda in tutte le camere.
Trovò una donna straordinaria, la moglie ideale per condividere oltre alla famiglia anche un lavoro duro e tante sfide: nostra madre Anna, una romana testarda. La gente di Norcia bisbigliava: «Una di città in un paese come il nostro, in una locanda... non resiste». C’erano ancora usi arcaici: strade bianche e stalle in paese dove al tramonto gli animali ritornavano dai pascoli, ma anche persone orgogliose, oneste, determinate.
Mamma Anna era ed è una donna dura, le sue origini familiari marchigiane e l’educazione ferrea impartitagli da nonno Mario insieme allo spirito di sacrificio al quale era stata allenata fin da piccola piacquero subito a nonna Nunziata che la prese sotto la sua ala. Le insegnò la gestione di quella piccola locanda che divenne poi grande e ancora più grande e poi ancora di più fino a contare il 23 agosto 2016 quattro alberghi, 220 camere, 140 collaboratori, tre ristoranti, un centro sportivo, una società di trasporti, negozi di prodotti tipici e altro ancora.
Il video inviato da Las Vegas scorreva con luci e musiche da grande show televisivo. Arrivò il momento cruciale. Sentii le parole ascoltate tante volte agli Oscar: «Ladies and gentlemen, the winner is... Palazzo Seneca Norcia!».
Il nostro progetto, quello di Federico e mio, il primo progetto sul quale nostro padre Carlo ci aveva dato carta bianca per dimostrargli quanto valevamo, per il quale in molti ci avevano presi per pazzi visionari… beh, aveva vinto. L’idea di creare una nuova tradizione umbra, di usare soltanto artigiani locali, dove ognuno avrebbe realizzato soltanto un’opera, portando così lì dentro un pezzo della propria storia famigliare, il voler seguire la linearità della nostra architettura locale con i suoi colori tenui realizzando qualche cosa di gusto attuale non dimenticando i valori benedettini e francescani, dove la bellezza è nella semplicità, nella ricerca, nei piccoli dettagli, dove il tutto parla un linguaggio sottovoce regalando armonia.
Quel progetto dove l’obiettivo è far sentire tutti a proprio agio, dove la gentilezza e la disponibilità vengono prima di qualsiasi altra cosa, dove il cibo oltre a raccontare le produzioni locali le esalta evolvendo la tradizione grazie a nuove tecniche ed abbinamenti, dove avevamo preso una stella Michelin e convinto anche uno Chef importante a lasciare il Giappone per venire a difenderla con noi al Norcia.
Il nostro piccolo albergo che avevamo ristrutturato con attenzione per sette anni, che sembrava essere divenuto come la fabbrica di San Pietro, per il quale avevamo deciso di prenderci tutto il tempo che serviva per fare tutto per bene… nonostante tutto… dopo le difficoltà nel lanciare un posto così per i primi tre anni in una nuova destinazione per il lusso... dopo il terremoto…era lì… sul tetto del mondo... scoperto e vissuto dalla famiglia Clinton, da Gianni Morandi e Claudio Baglioni, da Daniel Libeskind, rifugio di Brunello Cucinelli e di tanti altri uomini importanti, italiani, brasiliani, inglesi ed americani , ora usciva alla luce dallo scrigno dei monti Sibillini dove era nascosto.
Un tripudio di applausi, luci e musica a palla… e lì lui, mio fratello Federico, si alza in piedi: da solo in quella bolgia, da solo ma forte di non essere solo. Nella serata degli Oscar per il mondo del turismo, nell’arena dei mostri sacri, lui era lì, forte della nostra storia pronto a ritirare un premio costruito in cinque generazioni di sacrifici della nostra famiglia, in una destinazione unica e complessa, bella e difficile, lontana dai luoghi comuni ma vicina a chi cerca esperienze autentiche, fatta da persone vere, un premio alla nostra determinazione e visione, un premio da condividere con tutti quelli che ci hanno seguito ed accompagnato, investendo e sacrificando la loro vita insieme alla nostra in passato... e con quelli con i quali ancora una volta, dopo l’ennesimo sisma del 2016 abbiamo iniziato a scrivere insieme una nuova storia di eccellenza e qualità per il presente ed il futuro... un progetto nuovo di comunità, con una visione strategica a 25 anni.
...Riatterro nel video...
Federico con passo fiero e deciso si avvia verso il palco attraversando una sala immensa, sotto gli occhi e gli applausi dei grandi del turismo mondiale. In quel passo c’era la determinazione con la quale abbiamo da sempre inseguito i nostri sogni, trasformandoli in progetti reali che poi abbiamo realizzato... sempre dritti verso la meta, anche in mezzo alle tempeste, anche quando in pochi credevano che le avremmo superate, prevedendo il nostro fallimento.
Federico sale sul palco, sembra veramente di essere alla serata degli Oscar: dopo i saluti di rito, gli viene consegnato il microfono... io ormai singhiozzo, provo le emozioni che credo anche lui abbia sentito in quel momento in quel luogo... Federico esordisce con un italianissimo «Mamma mia...»: applausi, capisco che è in forma. La platea è sua, racconta una storia vera, la storia di una famiglia italiana, la nostra, una storia d’amore per una terra e per l’arte dell’ospitalità, che nonostante il terremoto, nonostante aver dormito per mesi in camper e mangiato nelle mense della Protezione civile e della Croce Rossa non si è mai affievolita.
È il racconto della nostra determinazione nel voler riaprire da subito il nostro unico albergo rimasto illeso, il Relais & Chateaux Palazzo Seneca, il voler riaprire un ristorante che aveva preso da poco una stella Michelin superando anche le difficoltà nel dover ricostruire quasi interamente uno staff di cucina che stremato dai tanti terremoti non c’era più. Federico racconta che ancora una volta dovevamo dare un messaggio forte a tutti, che noi ci saremmo stati ancora a Norcia, determinati e più ambiziosi di prima, un segnale ai nostri concittadini, ai nostri collaboratori che ci erano rimasti vicini, ai nostri ospiti ed amici sparsi per tutto il mondo, alle istituzioni che credevano in noi per contribuire a rilanciare l’economia.
Grazie alle nostre famiglie, agli amici, alle persone che hanno creduto in noi abbiamo ritrovato la forza di ripartire, più determinati di prima. Questo premio, continua Federico, alimenta e sostiene il presente e la nostra visione di futuro, rafforza la nostra autorevolezza, ci fornisce energie per affrontare le nuove sfide della nostra vita, fa conoscere nel mondo la nostra famiglia, il nostro piccolo hotel, la nostra città e comunità non soltanto per essere la capitale italiana del tartufo nero, la città di San Benedetto patrono d’Europa, per le norcinerie o il parco nazionale dei Monti Sibillini ma anche per la nuova storia che insieme stiamo scrivendo.
Che dire? A pochi giorni da quel premio, dalle centinaia di congratulazioni e messaggi arrivati da mezzo mondo, dai nostri concittadini, dalle istituzioni... Sappiamo oggi più di ieri di avere delle grandi responsabilità verso il nostro territorio e il nostro staff.
Le nostre riunioni con i piccoli produttori di qualità continuano, stiamo definendo un nuovo manifesto etico all’interno del Movimento culturale che abbiamo co-fondato dieci anni fa che si chiama Salus per Cibum, un nuovo progetto di cooperazione e nuovi investimenti tra di loro complementari. Le nostre attività sociali che abbiamo realizzato per i bambini di Norcia, insieme all’associazione I Love Norcia, per questa estate procedono con grande successo e partecipazione ed il sorriso dei bambini è per tutta la nostra comunità energia positiva.
Con quel genio di Davide Rampello, supportati dal nostro sindaco Nicola Alemanno, abbiamo progettato un corso di studi speciale per rafforzare l’unicità dell’offerta esperienziale di lusso in Italia riservato a laureati e professionisti dell’ospitalità. Si chiamerà «Accademia superiore delle culture dell’Ospitalità». Se lo condividerà anche la nostra presidente regionale Catiuscia Marini, alla quale presto lo presenteremo, forse a Norcia partirà anche questo importante nuovo progetto sostenuto dal ministero del Turismo.
Per il futuro delle nuove generazioni e l’evoluzione culturale della città con il sindaco e l’associazione I Love Norcia stiamo cercando di definire una collaborazione con «Reggio Children», leader mondiale nello sviluppo di attività culturali extrascolastiche di bambini e genitori.
Con il Rotary e I Love Norcia vorremmo realizzare un progetto per sostenere l’innovazione nelle imprese esistenti e sostenere nuove start-up giovanili attraverso collaborazioni internazionali.
La nostra visione del turismo del presente e del futuro si basa su tre parole chiave: gentilezza, onestà, comunità. Crediamo che per fare un vero turismo di qualità, i primi turisti siano la comunità locale, quando la comunità locale sarà di nuovo convinta di vivere nel posto più bello del mondo, convincere gli altri che lo siamo veramente sarà facile… Ci riusciremo.
Stiamo lavorando intensamente per creare una base valoriale condivisa per fare in modo che tutti i progetti - e specialmente i nuovi progetti imprenditoriali - abbiano in comune etica, sostenibilità ambientale e sociale, che siano anche innovativi ma in linea con i valori della nostra terra. Crediamo che i giovani e gli anziani siano il futuro. I giovani perché, se saremo in grado di fornirgli gli strumenti di formazione giusti, al pari di quelli che vivono in città, e di fargli comprendere quante sono le potenzialità della nostra città ancora inespresse, formandosi adeguatamente, le potranno cogliere creando a caduta valore per tutti.
Gli anziani perché spesso l’innovazione pesca da tradizioni e produzioni dimenticate che, se adeguatamente revisionate, possono rappresentare dei nuovi progetti dalle fondamenta solide perché identitari di un luogo e di una comunità.
La nostra Famiglia vive e fa impresa a Norcia dal 1850, per noi è il posto più bello del mondo dove vivere e da dove guardare al futuro. Questo premio ci permette di andare oltre i confini da noi conosciuti, con maggior ottimismo e determinazione. Mai voltarsi indietro. Guardare sempre lontano, lontano e ancora più lontano...
L'articolo di Vincenzo Bianconi è stato pubblicato sul n. 36 di Panorama, del 24 agosto 2017