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March 29 2019
La segnalazione della Cia, che permette all’antiterrorismo russo di sventare un attacco suicida alla cattedrale di San Pietroburgo, in Russia. Le intercettazioni preventive che incastrano la cellula kosovara pronta a fare saltare in aria il Ponte di Rialto a Venezia. Le trappole esplosive per il Papa in visita nelle Filippine, le armi chimiche che potevano far strage in Germania e gli agenti infiltrati che salvano il premier inglese Theresa May e impediscono l’ultimo attacco di pochi mesi fa in Olanda.
Le bombe non scoppiate in Occidente dalla proclamazione del Califfato nel 2014 a oggi sono centinaia e una decina in Italia secondo fonti qualificate. Il 6 marzo scorso il presidente Vladimir Putin ha rivelato che in Russia «il numero di atti terroristici prevenuti dalle forze di sicurezza resta elevato, circa 20 all’anno» dal 2016. Dalla nascita dello Stato islamico sono almeno 138 gli attentati sventati più importanti, soprattutto nei Paesi occidentali, compresi i 60 della Russia, ma il numero reale è ben più alto. Nella sola Gran Bretagna se ne contano 25 dal 2013 e, in Francia, 51 dalla strage del settimanale Charlie Hebdo, il 7 gennaio 2015.
Il 27 settembre dello scorso anno gli olandesi arrestano ad Arnhem sei presunti terroristi dello Stato islamico, che vogliono scatenare un massacro con giubbotti esplosivi, fucili d’assalto e macchine piene di esplosivo. Il 10 gennaio scorso, all’inizio del processo, il pubblico ministero conferma che «gli imputati avevano salutato gli amici ed erano pronti a colpire provocando dozzine di vittime. L’Olanda è scampata a un grave attentato». Grazie a una «dritta» dell’Aivd, il servizio segreto militare, che ha segnalato alla polizia Hardi N., il capo della cellula.
«Bombe che non sono scoppiate ne abbiamo “disinnescate” tante in Europa e anche in Italia» conferma Sabrina Magris esperta di antiterrorismo. «Altre situazioni sono state “percepite”, come si dice nel gergo dell’intelligence: si tratta di possibili attacchi evitati, che non sono stati resi pubblici». È il 30 marzo 2017: a Venezia finisce in manette una cellula di kosovari, che vuol fare saltare in aria il Ponte di Rialto. Arjan Babaj,Fisnik Bekaj e Dake Haziraj vengono condannati a complessivi 13 anni di reclusione, in virtù del rito abbreviato. Il più giovane, minorenne, ottiene un ulteriore sconto di pena in Appello, con una riduzione a tre anni e quattro mesi. In pratica, tornerà in libertà fra non molto.
«Le intercettazioni preventive sono un ottimo strumento per evitare che le bombe scoppino veramente» spiega nelle lezioni del master sul terrorismo confessionale all’Università di Bergamo, il colonnello dei carabinieri Paolo Storoni. «Ci permette di fermare l’aspirante terrorista prima che compia l’attentato». Proprio questo ufficiale dell’Arma ferma in tempo, nel marzo di due anni fa, Farooq Aftab, estremista islamico pachistano. «Facciamo qualche danno perché ammazzano i musulmani. Vai a fare saltare uno o due aerei. Vedi è facile colpire un aereo. C’è solo il filo (spinato, ndr)» diceva passando in macchina davanti all’aeroporto di Orio al Serio. Il pachistano Muhammad Waqas e il tunisino Lassaad Briki sono stati condannati a sei anni di carcere perché volevano colpire la base militare di Ghedi, in provincia di Brescia. E si sono fatti dei selfie di propaganda e minaccia davanti al Duomo di Milano e al Colosseo, a Roma.
Al ritmo di 20 attacchi sventati all’anno la Russia è il Paese con maggior rischio attentati. Nel dicembre 2017 una cellula dello Stato islamico sta per sferrare un attacco suicida a San Pietroburgo, alla cattedrale ortodossa della Madonna di Kazan gremita di turisti. L’Fsb, i servizi russi, intervengono appena in tempo scoprendo il covo con i terroristi e l’esplosivo. Vladimir Putin ringrazia il presidente Donald Trump per le informazioni passate dalla Cia, che hanno permesso di sventare l’attentato.
Solo nel nord del Caucaso sono stati evitati sei attacchi nel 2018 con una cinquantina di terroristi uccisi, afferma il direttore dell’Fsb Alexander Bortnikov. Alla vigilia del 9 maggio dello scorso anno, giorno della vittoria sovietica nella Seconda guerra mondiale, vengono arrestati a Mosca alcuni sospetti provenienti dalla Siberia e pronti a colpire durante la parata militare. Il complotto sarebbe stato scoperto grazie alle intercettazioni delle comunicazioni via Telegram dalla Siria.
Dopo l’attacco del 22 marzo 2017 con il Suv ariete sul ponte di Westminster a Londra (bilancio: quattro civili e un agente uccisi oltre al terrorista), l’intelligence britannica rivela di avere sventato una media di un attacco al mese. «Di sicuro i falliti attentati sono molti di più di quelli annunciati, anche se i livelli di pianificazione e realizzazione hanno gradi diversi» dice Marco Lombardi, coordinatore di Itstime, progetto del’Università Cattolica di Milano su sicurezza e terrorismo.
Lo stesso premier britannico Theresa May finisce sotto tiro nel dicembre 2017. Il terrorista Naa’imur Rahman intende vendicarsi dell’uccisione in Siria di suo zio, volontario della guerra santa, prendendo d’assalto il numero 10 di Downing street, la residenza del premier. «Voglio uccidere Theresa May» dice l’aspirante kamikaze a un agente infiltrato dell’MI5, il servizio interno britannico, cercando un giubbotto esplosivo.
Uno degli attacchi del terrore sventati più eclatanti e controversi riguarda la visita di Papa Francesco nelle Filippine, a gennaio 2015. Il Vaticano ha sempre smentito, ma l’antiterrorismo avrebbe sventato un attacco con trappole esplosive. Il percorso del convoglio viene effettivamente cambiato all’ultimo momento per motivi di sicurezza. L’ex capo della polizia filippina, Getulio Pascua Napenas, conferma il piano per assassinare il Pontefice ordito da Zulkifli bin Hir. Nome di battaglia Marwan era l’attentatore di Jemaah Islamiyah, la costola di Al Qaida nell’arcipelago. Quattro giorni dopo la visita del Papa, Marwan viene individuato grazie all’Fbi ed eliminato dai corpi speciali della polizia.
L’antiterrorismo francese conferma che, dal massacro nella redazione del settimanale satirico Charlie Hebdo del 2015 allo scorso anno, sono stati sventati 51 attentati. «Diversi attacchi in Europa non sono andati a segno grazie alla bravura di intelligence e antiterrorismo di penetrare nell’ambiente islamico» spiega Alessandro Camilli fondatore di Horizon intelligence a Bruxelles, che si occupa di analizzare la minaccia. I francesi hanno sventato complotti per mettere a ferro e fuoco Disneyland, alle porte di Parigi, e attacchi per replicare la strage del Bataclan, la sala da concerti con la mattanza che ha provocato una novantina di vittime. Nel giugno dello scorso anno viene scoperto il piano «di un radicalizzato convertito all’Islam» per compiere una strage in un club di scambisti nella capitale.
L’Europa ha evitato pure attacchi devastanti con armi di distruzione di massa. Lo scorso giugno finisce in manette a Colonia un tunisino di 29 anni. Holger Munch, capo della polizia federale, ammette che «per la prima volta in Germania erano stati effettuati preparativi molto concreti per una bomba biologica». Dall’altra parte del mondo, in Australia, nel 2017 sventano un complotto per fare saltare in aria un aereo passeggeri in partenza da Sydney con dell’esplosivo nascosto in un tritacarne. L’allarme arriva dall’intelligence britannica. Ancora: il 4 maggio 2018 si evita una strage alla maratona di Berlino. Il capo della cellula è un sodale di Anis Amri, il terrorista del mercatino natalizio di Berlino poi ucciso alle porte di Milano. La rete del terrore, come si vede, resta fitta.n
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