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Terrorismo: la Francia chiede aiuto ai social network

C’è una battaglia che si svolge sui campi di guerra e un’altra che ha contorni meno definiti ma pur sempre drammatici. Quando l’Isis ha iniziato ad utilizzare i social network per sponsorizzare le proprie azioni di guerriglia il mondo occidentale ha cominciato a preoccuparsi. Fino a quel momento le istituzioni avevano dovuto affrontare la minaccia Anonymous che metteva in pericolo informazioni e accordi segreti ma non direttamente l’incolumità e la vita delle persone. L’uso di Facebook e Twitter da parte dei sostenitori dello stato islamico è invece ben più crudo e violento e ha l’obiettivo non solo di fare propaganda ma anche di mostrare al mondo la supremazia, fisica e psicologica, sui territori occupati. Tra gli hashtag di maggior successo tra i simpatizzanti dei terroristi segnaliamo #FightForHim.

Il supporto di Facebook, Twitter e Google

È per questo che il ministro dell’Interno francese, Bernard Cazeneuve, ha incontrato la scorsa settimana i rappresentanti di Facebook, Twitter e Google per parlare di una possibile partnership per la lotta al terrorismo sulle piattaforme digitali. In una risposta inviata alla Associated Press, e pubblicata dal New York Times,  i primi due hanno dichiarato di star già lavorando per ripulire i loro siti da qualsiasi contenuto che inciti alla violenza, come già successo in passato nei riguardi della pedofilia, pornografia e razzismo.

LEGGI: Anonymous vs Isis: le cose da sapere

Google, evidentemente coinvolta in misura maggiore (se non altro per il numero di servizi) nelle intimidazioni veicolate sul web, ha indicato nei propri utenti l’arma migliore per segnalare contenuti inappropriati. Proprio la segnalazione è l’aspetto che più di altri interessa Cazeneuve. Sempre secondo AP, il ministro non vorrebbe affidarsi ai normali canali investigativi per le ricerche sui post filo-Isis perché sarebbero troppo lenti e “privi di effetto”. La comunità di iscritti ha invece una rapidità d’azione tale da tenere il passo con la pubblicazione di contenuti in tempo reale così da permettere un intervento immediato dei controllori. Ma la rapida cancellazione dei post jihadisti sui social media è davvero la soluzione migliore per combattere il terrorismo?

Cancellare non è la risposta

Stando ad un articolo dello scorso novembre e quanto mai attuale della Electronic Frontier Foundation no, almeno per due motivi. Per l'associazione, censurare internet serve solo a coprire il problema e non ad avanzare nella direzione di una battaglia efficace contro i violenti; inoltre la “pulizia” che segue le indicazioni degli utenti può dar vita ad una seria complicazione: lo stesso Twitter nei giorni scorsi ha evidenziato come il governo degli Stati Uniti monitori in continuazione post, account e hashtag relativi alla jihad; procedendo con la cancellazione il lavoro dell’Intelligence rischia di diventare inutile ed estremamente complicato.

Primavera europea

È chiaro che la collaborazione tra la Francia e i big della rete sia ancora agli inizi e tutte le possibili azioni di controffensiva da decifrare di volta in volta. La fase seguente prevede un ulteriore incontro ad aprile in cui il ministro Cazeneuve e le tre aziende analizzeranno le attività messe in campo in questi mesi e quelle da seguire in futuro per combattere e vincere la social war dell’Occidente contro l’Isis.

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