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February 06 2018
Proviamo a stare sull'assalto di Macerata con tentata strage di immigrati di colore - a cura di un seguace della Lega, Luca Traini - cercando alcune citazioni di parole sagge, ferme e di pace e responsabilità. Non tutte con le stesse opinioni.
Ma tutte dettate dal ragionamento razionale e fondate sul rifiuto del razzismo, sul riconoscimento della legalità, del rispetto universale dei diritti umani; per far fronte al pericolo della semplificazione di una questione epocale come il processo migratorio in corso nel mondo.
Lontane dalla banalizzazione strumentale e dalla fuga della ragione che la campagna elettorale sembra favorire.
Nel discorso al Quirinale per il conferimento delle onorificienze al merito della Repubblica a trenta cittadini italiani scelti per l'impegno civile, Mattarella ha voluto intervenire sull'attacco razzista di Macerata: "Avete dimostrato che il nostro Paese esprime, nella gran parte del suo tessuto sociale, un senso di comunità che è prezioso. Non mi stanco mai di sottolineare come l'Italia abbia bisogno di sentirsi una comunità di vita in cui tutti siamo legati da sorte comune, in cui si vive insieme agli altri, non con diffidenza, ma vivendo insieme. E questo senso di comunità, questo senso dell'importanza degli altri è il contrario dell'egoismo, quell'egoismo che poi porta inevitabilmente alla diffidenza, all'ostilità, all'intolleranza e qualche volta alla violenza".
Dal Sito della Presidenza della Repubblica
Sabato in Italia sei persone sono state vittime di un’aggressione armata a causa del colore della loro pelle. Vittime innocenti di una violenza odiosa causata da razzismo e xenofobia. Un attacco premeditato ai nostri valori più fondamentali, un tentativo di distruggere la vera trama che ci unisce come Europei. È nostro dovere condannare questa violenza e l’ignobile ideologia che ne è alla base.
(Timmermans l'ha scritto su Twitter)
Il titolo del pezzo di Ferrara è: "Senza se e senza ma", e il sommario dice: "La caccia armata ai neri è ributtante, e va repressa con energia".
"L'immigrazione va controllata, limitata, integrata senza piagnistei e con la presa d'atto di una crisi migratoria di portata biblica e di una rinuncia a politiche nataliste nel nostro mondo, che avrà se non sanata conseguenze disastrose. Va affrontata nel lungo periodo con politiche impegnative di riassetto delle relazioni internazionali e di egemonia economica, politica e militare dei criteri di libertà e di eguaglianza che sono parte del patrimonio politico del mondo occidentale. Però dopo l'esplosione in un gesto omicida del risentimento razzista di Macerata bisogna essere decisamente negazionisti verso l'ideologia dell'odio razziale. Non c'è bisogno di retorica, La caccia armata ai neri è non solo e soltanto ributtante, senza se e senza ma.
Deve essere repressa con energia. Considero Salvini e i disperati neofascisti dei facironosi, e le loro banali idee demagogiche e criminogene, ma fino a prova contraria sono parte di una competizione elettorale formalmente democratica: senza essere accusati di aver conferito mandati di strage, devono però essere chiamati a rispondere nel dibattito pubblico del carattere extrademocratico delle loro campagne xenofobe.
La xenofobia è un sentimento di paura in certi casi perfino comprensibile. Il suo sfruttamento a scopi di promozione politico-elettorale, con un linguaggio insieme troppo astratto dalla realtà dell'immigrazione e troppo concreto per non provocare conseguenze estreme, non è un rigetto culturale identitario della convivenza multiculturale, è un'infamia. Senza se e senza ma. [...] Il meticciato italiano ha una sua gloriosa identità cosmopolita che se la ride del biologismo, dell'etnicismo e del razzismo. dietro questo rigurgito, questo vomito di piombo, c'è la dismissione dal loro ruolo delle classi dirigenti, l'incapacità di dialogo e di formazione dle discorso pubblico, la crisi dell'istruzione e la dilagante stupidità dei media, dei social e della cultura. E una piattaforma demagogica costruita artificialmente a fini di mero potere."
Il Foglio, 6 febbraio 2018
La filosofa Laura Boella (Università degli Studi di Milano) intervistata da Marina Corradi su Avvenire.
"C’è un voltare la testa, un non voler vedere che riguarda ancora oggi molti italiani: i migranti che li circondano vengono visti come una massa anonima, non riconosciuta come pluralità di individui che hanno invece nome, un volto e una storia. Questo è un vizio di fondo nel rapporto con la realtà, e incide nell’etica quotidiana: le persone diventano numeri, categorie, 'clandestini', 'vù cumprà'. È un disimpegno dal livello elementare di incontro con l’altro. Livello elementare che non va confuso con solidarietà o accoglienza, ma è almeno l’inizio di un possibile cammino. È un non mettere l’altro nel mucchio, non relegarlo nel mondo delle 'non persone', espressione questa di Hannah Arendt. È significativo che oggi per i migranti si usi l’espressione displaced persons, la stessa che indicava le masse di ebrei rifiutati da Paesi 'democratici', privati di ogni diritto fino a diventare un niente, nei lager. Questo processo di 'anonimizzazione' dell’altro è un’ombra che si proietta anche sul nostro presente'.
[...]
C’è quindi come un guasto collettivo della nostra capacità di empatia di fronte al fenomeno migratorio?
Sì, ribadendo che empatia non è solidarietà, ma la pura presa d’atto che l’altro esiste e ha valore. Questo riconoscimento viene a mancare perché prevale la paura dell’altro, straniero. Poi la politica e i media agiscono come un moltiplicatore, e allora «gli stranieri ci rubano il lavoro», e allora «America first'"...
Avvenire martedì 6 febbraio 2018