Economia
September 17 2018
Fuma una canna in diretta durante un’intervista mentre sorseggia whisky e racconta di usare un farmaco contro l’insonnia che ha pesanti effetti collaterali, incluse le allucinazioni. Non conosce cosa siano le ferie, vive accampato in ufficio, dove presidia la scrivania per tre giorni di fila. Attacca i giornalisti, spara accuse di pedofilia prive di fondamento contro un sub inglese (infatti le ritira e si scusa) e intanto confeziona progetti strambi, come la vendita di lanciafiamme o il lancio di un’automobile nello spazio. Poi, però, fatica a consegnarle ai clienti che ne hanno acquistato una classica, in grado di viaggiare su ruote sull’asfalto e non di fluttuare tra le stelle.
La biografia recente di Elon Musk è un capolavoro di bizzarrie, una provocazione perenne, un sorpasso creativo di fronte al più fantasioso degli scrittori. Ma è anche un male misurabile per la sua Tesla, che subisce altalene evidenti in borsa, contraccolpi robusti a ogni uscita infelice o quantomeno discutibile del suo numero uno. Che, di rimando, piccato, assicura di non curarsene, oppure via Twitter minaccia di tirarsi fuori e arrivederci e grazie, sventolando presunti appoggi finanziari per cancellare il titolo dai listini. Provocando così altri mal di pancia negli investitori e il rischio di un’indagine seria da parte delle autorità di vigilanza.
Superfluo sarebbe ridurre tutto a una grande campagna pubblicitaria dell’uomo solo al comando, così geniale da poter superare con il suo estro qualsiasi avversità. Nell’ultimo mese Tesla ha subito scivoloni, pericolosi picchi verso il basso anche prossimi al 10 per cento in una seduta sola a Wall Street (vedi grafico qui sopra). E ha pagato con defezioni di peso.
Il capo delle risorse umane, che ha annunciato il mancato ritorno al suo posto dopo un periodo di congedo. E soprattutto Dave Morton, il chief accountant, il capo dei conti, arrivato solo il 6 agosto e durato nemmeno un mese perché, ha spiegato dimettendosi, il livello d’attenzione verso l’azienda «ha superato le sue aspettative». Dichiarazione sconfinatamente ingenua, per rimanere negli eufemismi, visto che non è stato assunto da una fabbrica di ricambi di provincia, ma dall’impresa che vuole scardinare a colpi di tecnologia le regole del gioco del mercato dell’automobile.
Niente da fare, comunque. Nessuna marcia indietro. Tutto era troppo. Via Dave Morton e via a endorsement di spessore, inclusi quelli granitici della stampa un tempo benevola e amica, forse perché divertita da tanta allegra eccentricità rispetto a un panorama paludato di paperoni abbottonati e noiosissimi. Ecco allora Forbes, che parla di «comportamento sempre più irregolare» (ma è cronaca, non critica) e ospita un intervento in cui un collega-Ceo arriva a questionare, addirittura, «lo stato mentale» di King Elon. Business Insider, invece, prima riporta fedele la difesa a spada tratta di Musk dell’operato del suo consiglio direttivo, poi, in cauda venenum, ricorda che molti di loro hanno un privilegiato rapporto con l’imprenditore, una rete d’interessi reciproci: hanno investito nelle sue altre compagnie, difficilmente gli volterebbero le spalle o viceversa. «Nonostante sembra stiano fallendo miseramente» rintuzza la prestigiosa rivista economica in un altro affilato editoriale.
È l’era del tutti contro Musk? Niente affatto. È lo specchio, grafici alla mano, che i suoi eccessi hanno un prezzo sul valore e sulla tenuta di un titolo che riesce sì a riprendere quota, ma è fiaccato dall’esondante brio del suo attore protagonista. Che già di suo ha parecchie gatte da pelare: come raccontavamo qui, è alle prese con una grande crisi della normalità, ovvero produrre in tempo i quantitativi promessi delle sue splendide vetture elettriche. Paga la concorrenza di nuovi arrivati, come la cinese Nio, che gli stanno imitando il modello di business. Viene chiamato a fronteggiare rischi di cause legali miliardarie e altre rogne tipiche di chi è al timone di una multinazionale. Nulla è compromesso, niente è perduto. Ma la domanda che prende forma sembra sensata: chi salverà Elon Musk da sé stesso?