Economia
October 06 2014
Un prestito in banca, al posto delle quote del Tfr pagate sulla busta paga. E' la contropartita che il governo Renzi si appresta a offrire alle piccole imprese, per compensarle della perdita di liquidità fino a 5 miliardi di euro, che rischia di verificarsi nel 2015. Colpa della misura fortemente voluta dal premier (e avversata da più parti) che permetterà a milioni di lavoratori di farsi pagare sullo stipendio una parte del trattamento di fine rapporto, cioè le quote di salario accantonate ogni anno per la liquidazione.
Tfr in busta paga, i vantaggi e gli svantaggi
Il ragionamento del presidente del consiglio è molto semplice: visto che i consumi delle famiglie procedono ancora a singhiozzo, bisogna stimolarli dando un po' di respiro agli stipendi, con il versamento sulla busta paga di una fetta della futura liquidazione. Il Tfr, che è una particolarità tutta italiana, è infatti un salario differito, ricevuto dal dipendente solo a fine carriera o in caso di licenziamento e dimissioni. Per questo, a detta del premier, bisogna lasciare ai lavoratori la libertà di disporre dei propri soldi come e quando vogliono: chi vuole incassarli fra molti anni lascerà tutto come prima, mentre chi ne ha bisogno adesso potrà farseli dare subito sul salario. Peccato, però che questo progetto comporti notevoli costi per le piccole aziende (tra 3mila e 30mila euro all'anno su ciascun imprenditore, secondo le stime della Cgia di Mestre). Il perché non è difficile da capire: pagando il Tfr sulla busta paga, le piccole imprese dovranno di fatto concedere un aumento di stipendio ai loro dipendenti. Attualmente, invece, le quote della liquidazione rimangono in gran parte nelle casse dell'azienda, che usa i soldi per la gestione ordinaria, con la prospettiva di restituirli ai lavoratori soltanto dopo molti anni, rivalutati di un tasso ridotto (l'1,5% fisso all'anno, più i tre quarti dell'inflazione).
Un fondo ad hoc
E così, per compensare le piccole imprese dal “danno” causato dalla mancanza del Tfr, pare che il governo stia per estrarre dal cilindro una soluzione: creare una sorta di fondo per l'anticipo del trattamento di fine rapporto, in stretta collaborazione con le banche. In pratica, i piccoli imprenditori con meno di 50 dipendenti potranno attingere automaticamente a questo fondo, quando dovranno pagare sulla busta paga il tfr dei dipendenti. Si tratterebbe dunque di una sorta di prestito che le banche erogano alle aziende, applicando probabilmente un tasso uguale a quello con cui si rivalutano ogni anno le quote della liquidazione.
Tfr in busta paga, quanto costa alle aziende
Per adesso, tuttavia, resta aperto un interrogativo: cosa accadrà se l'azienda che chiede tale finanziamento versa in gravi difficoltà? Le banche non potranno certo essere obbligate dal governo a dare comunque i soldi, perché la qualità dei loro impieghi ne uscirebbe compromessa, di fronte a clienti che rischiano seriamente l'insolvenza. Non a caso, da quando è arrivata la crisi economica che ha messo sul lastrico molti imprenditori, i finanziamenti alle famiglie e alle aziende sono colati a picco: ad agosto, secondo i dati Abi, le erogazioni hanno registrato un nuovo calo, il ventottesimo consecutivo, riducendosi dell'1,09% su base annua. Nello stesso tempo, le sofferenze sui prestiti hanno raggiunto a luglio il livello-record del 9%, contro il 7,2% dello stesso mese del 2013.
Il paracadute della Cdp
Per spingere le banche ad allargare i cordoni della borsa e a erogare comunque i soldi, è probabile che il governo prepari un paracadute, mettendo in piedi un sistema di garanzie contro le insolvenze. L'unico serbatoio di risorse oggi in grado di svolgere questo compito è la Cassa Depositi e Prestiti, che può fornire tutte le coperture necessarie. Altrimenti, le piccole imprese che devono pagare il Tfr sulla busta paga rischiano seriamente di rimanere a secco di quattrini.