The Apprentice: il film che racconta l'ascesa di Donald Trump tra potere, eccessi e scandali

A metà di The Apprentice, il biopic sul giovane Donald J. Trump distribuito nelle sale l’11 ottobre in America e il 17 in Italia, l'aspetto del film cambia. Fin dall'inizio, le immagini hanno avuto la qualità sgranata tipica dei film degli anni '70, periodo in cui il film inizia. Poi, all'improvviso, mentre Donald (Sebastian Stan) rilascia un'intervista televisiva nel 1980, deboli linee orizzontali iniziano a tagliare l'immagine, richiamando lo sfarfallio del video analogico. È un accenno al futuro e a una realtà nuova: A star is born (È nata una stella).

The Apprentice arriva nelle sale poco prima delle elezioni presidenziali americane. La reazione del vero Trump al film ha fatto pensare che il biopic avesse le carte in regola per essere una bomba. La sua campagna elettorale lo ha definito “spazzatura di pura finzione che sensazionalizza bugie” all'indomani della prima al Festival di Cannes a maggio, e i suoi avvocati hanno inviato una lettera di diffida ai registi. Certo è che nella seconda parte il film presenta un crescendo di scene poco lusinghiere dove Trump assume anfetamina, si sottopone a liposuzione, si fa operare per eliminare la calvizie e, peggio, getta violentemente a terra l’allora moglie Ivanka per poi costringerla a un rapporto non consensuale.

The Apprentice racconta una storia di emancipazione attraverso il personaggio Donald, che ha fame del meglio che la vita può offrire: che si tratti di donne, vestiti, lussosi appartamenti o una folta chioma dorata. Donald riesce a farsi strada, anche grazie alla vicinanza con un ambiguo avvocato, Roy Cohn (interpretato da Jeremy Strong), noto per essere stato il braccio destro del senatore Joseph McCarthy durante la caccia alle streghe comuniste degli anni '50. Cohn diventa il mentore di Trump, guidandolo nella sua scalata al potere.

Il regista, Ali Abbasi, proietta lo spettatore direttamente nel cuore della vicenda, seguendo Trump nelle strade desolate di una New York in difficoltà. È il 1973, e la città sembra in declino, con strade sporche e invase dai topi. È dura là fuori, anche per i più ambiziosi. Ma Donald, che ha poco più di vent'anni e lavora per la grande impresa immobiliare della famiglia Trump (bussa alle porte degli inquilini per riscuotere personalmente l'affitto), ha il grandioso progetto di risollevare la città e di fare fortuna ristrutturando un enorme e fatiscente hotel di Midtown.

Le aspirazioni di Donald per quell'hotel, il Commodore, sono solo il primo di una serie di gradini a cui si aggrappa nella sua scalata verso l'alto durante gli anni '70 e '80. Il film, basato su una sceneggiatura di Gabriel Sherman, segue i successi e i fallimenti di Donald nel suo percorso, dalle cene in famiglia nel Queens fino agli sfarzosi palazzi del potere a Manhattan. Che si tratti di riunioni di lavoro o feste esclusive, Trump è sempre in movimento, spesso a bordo di limousine o viaggiando in Rolls Royce con il suo mentore Roy Cohn.

Il percorso di Donald si rivela a tratti cupo e scintillante: un mondo fatto di astuzie, eccessi sfrenati e drammi familiari. Un punto cruciale nella narrazione è rappresentato dalla sua relazione con Ivana (interpretata da Maria Bakalova), una modella ceca esuberante e scettica, e dal suo legame con Roy Cohn. Il film suggerisce che Ivana potrebbe rappresentare una forza positiva per Trump, ma lui rimane profondamente legato a Roy e a suo padre, Fred (Martin Donovan), figura tirannica e severa che sovrasta Donald e i suoi fratelli, soprattutto il primogenito Freddy (Charlie Carrick). Fred è l’uomo che Donald teme e cerca di impressionare, un ruolo che poi viene sostituito da Roy.

Gli attori riescono a catturare fedelmente le caratteristiche dei loro personaggi reali, replicandone i gesti e i toni di voce con precisione. Roy Cohn è ritratto con una voce piatta e minacciosa, mentre Trump appare con la sua consueta cadenza cantilenante. La somiglianza tra gli attori e le loro controparti reali è spesso sorprendente, tanto da far trasparire dettagli sottili come il labbro serrato di Donald o il tic nervoso di Roy.

Trump, una delle figure più conosciute dell'era contemporanea, è già stato ampiamente raccontato in libri e documentari. The Art of the Deal descrive il suo rapporto con Cohn, così come il documentario Where's My Roy Cohn?. Meno noto, invece, è l’episodio dell’aggressione sessuale a Ivana Trump, contenuto nel libro del 1993 Lost Tycoon: The Many Lives of Donald J. Trump di Harry Hurt III. Ivana, che aveva inizialmente accusato Trump di violenza durante il divorzio, in seguito chiarì di non voler che le sue parole fossero interpretate in termini "letterali o criminali".

La violenza sessuale è rappresentata in modo crudo in The Apprentice, e questa svolta oscura segna un punto di non ritorno nella narrazione, distanziandosi dal tono precedente del film. Nonostante questo, Donald continua la sua ascesa, costruendo il suo impero e diventando una figura di rilievo nazionale, superando persino l'influenza di Fred e Roy.

Perfetta sintesi dell’ascesa dell’imprenditore diventato (nel bene e nel male) un’icona mondiale, sono le 3 regole del potere impartite dal suo mentore: attacca, attacca, attacca; non ammettere mai nulla, nega sempre tutto; proclama sempre di avere vinto, non ammettere mai la sconfitta. E, come il film sottolinea, l'allievo ha finito per superare il maestro.

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