Calcio
December 08 2024
La Juventus di Thiago Motta ha meno punti, dopo lo stesso percorso, rispetto a quella di Allegri. Questo fatto è indiscutibile perché lo dicono i numeri, l'unico su cui non si possa eccepire. Da qui in poi, però, tutto entra nell'opinabilità e, se vogliamo, anche il conto dei punti è soggetto a interpretazione visto che la Juve di Max non faceva le coppe e quella di Thiago sì, con conseguente dispendio di energie. Il punto, però, non è decidere se era meglio quella di questa, o viceversa. L'obiettivo dovrebbe essere riuscire a sottrarre il racconto di questo inizio (ormai lungo) di stagione dalla guerriglia tra bande che divide tifosi e opinionisti ornai da un paio di anni.
Non serve a nulla paragonare gol fatti e subiti, quanti tiri in porta, indici di pericolosità vari, clean sheet e possesso palla. Giochino buono per alimentare un'altra puntata dello psicodramma tra allegriani e anti-allegriani mentre nel frattempo c'è un campionato che consuma giornate e una classifica che si sta pericolosamente allungando per la banda Motta. Che oggi sarebbe fuori dalla zona Champions League anche nella versione extra large eventualmente garantita dal ranking di questa annata europea.
Dovrebbe bastare questo dato per far scattare l'allarme e portare a concentrarsi sul presente, tralasciando l'ingombrante passato. Perché sta succedendo? Certamente incidono gli infortuni, numerosi e nel caso di Bremer e Cabal definitivi, ma per onestà va detto che per molti tecnici e staff quelli muscolari ripetuti sono stati spesso messi a carico e non utilizzati come attenuante.
La verità è che i bianconeri faticano a trovare equilibrio. Hanno una fase difensiva spesso funzionale (10 reti incassate in 15 partite), mentre quella offensiva è povera e scheletrica. Fatica a tirare in porta e, di conseguenza, a segnare. Con o senza Vlahovic. Non ha avuto ancora un apporto soddisfacente da Koopmeiners (15 gol l'anno scorso con l'Atalanta, fermo a uno adesso) e quando deve fare male l'unico schema di riduce a essere la palla a Conceiçao aspettando i suoi duelli contro l'avversario.
Il sospetto è che Thiago Motta abbia faticato a calarsi in una realtà meno protetta rispetto a quella della provincia, dove vincere o pareggiare cambia poco e c'è tempo per rifinire il progetto tecnico. E che il mercato da 200 milioni di euro non gli stia dando quel valore aggiunto che era necessario considerati gli enormi limiti qualitativi della rosa allenata da Allegri. Soprattutto a centrocampo dove, invece, Douglas Luiz sta facendo immalinconire i 50 milioni spesi tra panchina e infermeria e Nico Gonzalez (altri 38) si sta confermando giocatore dal fisico molto fragile come alla Fiorentina.
Il confronto con Max non c'entra nulla con tutto questo. La Juventus gioca male, pareggia troppo e sta perdendo contatto con la zona alta della classifica a prescindere. Molti segnali erano visibili già da settimane, ma Thiago Motta e Giuntoli hanno goduto a lungo dell'apertura di credito quasi acritica di tutto l'ambiente. Nessun appunto, così da evitare alla radice ogni eventuale richiamo al passato. Ora, però, il tempo si è consumato e con esso la pazienza del pubblico pagante e fischiante.
Il calendario fino al termine del girone d'andata non lascia grandi margini. Ci sono due partite da vincere ad ogni costo - ma anche Lecce e Bologna lo erano - contro Venezia e Monza. E poi le sfide con Fiorentina e Atalanta, con in mezzo la Supercoppa in Arabia e il derby di ritorno, in cui la Juventus dovrà riprendersi qualcosa di quanto lasciato per strada. Non c'è alternativa perché il mercato di gennaio possa aiutare una squadra viva e non un progetto quasi fallito.