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August 08 2021
40 medaglie. Tokyo 2021 segna un nuovo record per l'Italia che mai prima di oggi era riuscita a portare a casa un così gran numero di ori, argenti e bronzi. Un trionfo, quindi, che per di più regala trionfi per nulla passeggeri ma indelebili nella storia dello sport italiano.
Un numero di medaglie arrivate da discipline diverse e lontane tra loro, a riprova di una crescita a 360° del nostro sport; un numero ancor più importante se pensiamo che abbiamo dovuto fare a meno della consueta cascata di metalli dalla scherma, solita fucina di successi individuali e di squadra e questa volta deludente. Dentro questi podi storie di ragazzi e ragazze (la quinta finale di Federica Pellegrini e l'argento di Vanessa Ferrari a 30 anni sono due favole da raccontare ai nipotini), di uomini, di madri, di giovani nati all'estero ma italiani dentro, simbolo della nuova società multirazziale.
Le medaglie si sa non sono tutte uguali. Certo, le imprese dei ragazzi del sollevamento pesi, inattese e bellissime, o i successi nella canoa, nel tiro con l'arco, nelle arti marziali sono fondamentali e raccontano uno sport vero fatto da atleti che nel silenzio e nell'ombra si sacrificano per discipline che presto torneranno ad occupare le ultime pagine dei quotidiani sportivi. Ma ci sono sport che pesano, pesano molto di più.
E Tokyo 2021 sono e saranno per sempre le Olimpiadi dell'atletica, dei suoi 5 ori, della vittoria di Marcell Jacobs nei 100 metri (mai nella storia un italiano era arrivato in una finale di questa che è la gara regina dei Giochi, figuriamoci vincerla e diventare l'uomo più veloce del mondo), del trionfo della 4x100, dell'oro di Tamberi nell'Alto. Si tratta di risultati in grado, da soli, di cambiare un bilancio olimpico, in positivo.
Bisogna però essere lucidi nel sottolineare in mezzo a tanta bellezza anche le cose che non hanno funzionato. Stiamo parlando degli sport di squadra da cui torniamo senza nemmeno un podio. Solo la nazionale di basket maschile torna dal Giappone a testa alta avendo dato davvero il massimo delle proprie possibilità, forse anche di più. Da volley, pallanuoto, calcio, pallamano, hockey su prato, rugby a 7 niente di niente. Nel senso che o non ci siamo nemmeno qualificati oppure abbiamo deluso.
Ed in questo la parte del leone la fa la pallavolo. La squadra maschile ha visto chiudersi malamente un ciclo comunque importante, culminato con l'argento di Rio 2016. Le donne invece hanno davvero fallito: tre sconfitte su cinque gare, con il disastroso torneo di Paola Egonu molto lontana dai suoi standard di miglior giocatrice del mondo, forse distratta da questioni che con lo sport non hanno nulla a che fare (la schiacciatrice è stata portabandiera olimpica per il suo famoso e dichiarato amore omosessuale).
Quello che non ci si spiega è la doppia scelta della federazione legata agli allenatori. In campo maschile prima della partenza per Tokyo è arrivato l'annuncio del prossimo coach (De Giorgi al posto di Blengini). Per le donne invece ecco la conferma, quadriennale, di Mazzanti prima ancora dei giochi. Scelte agli antipodi, una dall'altra, fatte con tempistiche strane rispetto al passato. Forse sarebbe stato opportuno attendere i Giochi e poi pensare al futuro.