Dal Mondo
May 27 2021
Che belli i Giochi, peccato che nessuno li voglia. Non in Giappone, almeno. Non a Tokyo dove il prossimo 23 luglio si dovrà accendere il braciere olimpico e dove il fronte dei contrari allo svolgimento della rassegna a cinque cerchi si sta ingrossando col passare delle settimane e con l'avanzare della quarta ondata Covid. Un partito sceso in strada per rendere visibile la propria posizione che poi è quella di una larga maggioranza di nipponici, almeno a dare retta ai sondaggi sempre più frequenti effettuati a Tokyo e dintorni e che fotografano una maggioranza schiacciante per il 'No Olimpiadi' che va dal 60 all'80 per cento.
Non che i giapponesi ce l'abbiano con lo sport in generale e con i Giochi in particolare. Anzi. Il governo ha investito tanto per mettere il Paese al centro del mondo, ma la pandemia ha cambiato lo scenario e a sorpresa il Sol Levante non è all'avanguardia né nella gestione dell'emergenza sanitaria, né nella campagna vaccinale. Da qui prende forza il movimento contrario, che fatica a trovare spazio sui media del resto del mondo ma che comincia a farsi sentire e vedere anche per le strade della capitale.
Le immagini dell'ultima manifestazione pubblica hanno allargato il dibattito. E' giusto che la macchina organizzativa non si fermi, anche di fronte ai deficit nella lotta al Covid? I numeri sono impietosi. Al 26 maggio le dosi vaccinali somministrate in Giappone erano 10.030.865 su una popolazione di oltre 126 milioni di abitanti: il 7,93% che vale un desolante 73° posto nella classifica mondiale della corsa ai vaccini, appena sopra Bielorussia e Myanmar e sotto Nepal e Sri Lanka. Senza che ci sia alle viste un'accelerazione decisa nemmeno per le categorie più fragili.
Il tutto mentre da settimane molte province sono sotto stato d'emergenza, gli ospedali in difficoltà nel fare fronte all'aumento dei casi e le voci contrarie ai Giochi numerose e autorevoli. L'associazione dei medici della capitale Tokyo hanno scritto un appello per chiedere di riconsiderare l'opportunità di organizzare i Giochi in questa estate, una petizione popolare ha raccolto centinaia di migliaia di firme nell'arco di poche ore e si è mosso anche il secondo quotidiano del Giappone, Asahi Shimbum, rivolgendosi direttamente al primo ministro Suga per sollecitare una valutazione di tutti gli aspetti della vicenda.
Tutto, per ora, caduto nel vuoto. Il CIO insiste e il comitato organizzatore non sembra disposto a fare passi indietro a differenza di quanto accaduto un anno fa con la decisione di rimandare dal 2020 al 2021 i Giochi presa già nel mese di marzo dopo le prime settimane di scoppio della pandemia. Questa volta, però, la posta in palio è più grande e definitiva. Quasi impossibile immaginare un nuovo spostamento; o si gareggia, oppure si cancella un evento con costi economici spaventosi per il Giappone e per la stessa macchina organizzativa del Comitato olimpico internazionale.
Le stime di Nomura Research Institute, la più grande società di ricerca e consulenza per temi economici del Sol Levante, sono sul tavolo da settimane. Rinunciare costerebbe 13,8 miliardi di euro, quasi tutti sulle spalle di un governo che sperava di utilizzare i Giochi come volano per la ripresa del Giappone e che, invece, nella migliore delle ipotesi dovrà cercare di limitare i danni. Che saranno ingenti, visto che sempre Nomura immagina che la versione light delle Olimpiadi (senza pubblico, non solo senza quello proveniente da fuori) i ricavi sono destinati a crollare del 90% da 12,5 a 1,10 miliardi di euro. Salvaguardando, però, almeno i contratti televisivi e commerciali.