Lifestyle
November 04 2013
Ricordati di vivere è il titolo del nuovo libro di Claudio Martelli (Bompiani, 608 pagine, 19,50 euro). «Primum vivere» gli disse non a caso Bettino Craxi quando insieme entrarono nell’avventura infiammata del nuovo Psi. E non si capisce se oggi questo incipit Claudio lo rivolga proprio a se stesso o al Paese amato che rischia di affondare. A coloro che potrebbero ancora restituire all’Italia una rinascita o agli sciocchi che pensavano che quel Martelli fosse evaporato dentro una nuvola di oblio. Tutti sanno, nessuno ricorda. Infatti è solo leggendo queste pagine che si capisce perché quest’uomo ha voluto uscire (forse involontariamente?) dal cono di luce.
Perché quella che corre in questo libro è la memoria di 100 vite. Lo studente eccellente che proprio nel fuoco del ’68 sposa il riformismo, il filosofo visionario che divora Jean-Paul Sartre nelle edizioni dei Livre de poche, il marito di cinque mogli (o quasi), l’amante incandescente di mille amanti, il padre di cinque figli. Tutti da madri diverse. Infine, il giovane leader di razza che sposa il destino degli uomini più intensamente carismatici di fine secolo. Lui «figlio» di Craxi. Lui «fratello» di Giovanni Falcone. E tra un caffè con Willy Brandt e una passeggiata parigina con François Mitterrand, ecco apparire una furia di personaggi supremi e miseri, attori di guerre cattive e sante. E poi trionfi e dolori, poteri e rovinose cadute.
Un tomo che scopre misteri e analisi politiche, che regala una sua verità, certo, comunque ricca e rivoluzionaria. Ma soprattutto un romanzo che azzarda l’esame di un’esistenza, che cerca di dividere il male dal bene, che vuole restituire l’onore e l’amore ai grandi amici umiliati, non capiti abbastanza. Ammazzati.
La commozione più alta è per Falcone, "il vero eroe". Il giudice e il ministro della Giustizia fanno della lotta alla mafia un nutrimento per un’amicizia che nel ricordo di Martelli vince la morte. Tutti sanno, nessuno ricorda. La commozione più struggente invece è per Craxi, "quel grande amico e fratello della mia vita" che possedeva fisicità massiccia e agilità da ballerino di samba, il senso dell’irrealtà e l’impulsività irruente, l’avidità pantagruelica e il gusto della cucina povera, il rifiuto dell’estremismo e la comprensione dell’estrema violenza nella politica.
Ricordo un giorno di giugno al Raphael. Io accerchiavo Craxi per un’intervista, quando lui arrivò al ristorante con i suoi. Fra loro Martelli, che mi guardò ironico, come si guarda una bella ragazza che è anche giornalista (lo ha fatto finché non ho passato il mezzo secolo) e poi andò a sedersi lontano. Lui non aveva bisogno del piatto di spaghetti per strappare brandelli di promesse al capo. Lui era il delfino del leone. Lui divideva il male e il bene e tutto col capo.
A vederli nessuno era più diverso di loro. Bettino cantava di donne e di tutto con spavalderia, Claudio forte dell’aristocrazia della cultura era più schivo e più segreto. Uno il re degli animali politici con l’orgasmo dell’accumulo e l’odio per il lusso. L’altro l’idealista arreso alla realtà che viveva come l’imperatore Adriano (suo mito) nella villa sull’Appia. Poi arrivò la fine. La rottura con Craxi e insieme lo tsunami di Mani pulite. Lui ministro della Giustizia aveva in mano (in pugno?) coloro che cercavano di ammazzargli il padre. Claudio poteva fare, dare, lottare di più? Il chiederselo una e 100 volte come fa nel libro non risponde a nessuna domanda. Ma ti fa davvero vicino al suo tormento.