News
July 06 2017
Con un ritardo di quasi trent'anni, l'Italia introduce nel suo codice penale il reato di tortura.
Era il gennaio del 1989 quando il nostro governo ratificava la Convenzione contro la Tortura delle Nazioni Unite. È toccato aspettare fino al 5 luglio 2017 perché finalmente la tortura diventasse reato. Tra le consuete polemiche sia di destra che di sinistra, il testo - a prima firma Luigi Manconi del Pd - è stato approvato con il sostegno di Partito democratico e Alternativa Popolare.
E pensare che siamo il Paese di Cesare Beccaria, che già nel Settecento scriveva e combatteva contro pena di morte e tortura nel libro Dei delitti e delle pene ("una crudeltà consacrata dall'uso nella maggior parte delle nazioni").
Ecco com'è punita o perpetrata la tortura nel resto del mondo, tra Paesi virtuosi e ancora tanti troppi Paesi tutt'altro che rispettosi della dignità umana.
Il rapporto annuale di Amnesty International inchioda al muro diversi Paesi in cui la pratica della tortura è tuttora ordine del giorno.
Nell'aprile 2016 in Turchia è stata abolita l'Istituzione nazionale per i diritti umani. Dopo il tentato golpe del 15 luglio 2016 Erdogan ha stretto ancor più le maglie del controllo e della repressione. Sono aumentate le segnalazioni di torture e maltrattamenti durante i periodi di custodia, nelle zone del sud-est a maggioranza curda, ma ancor di più a Istanbul e ad Ankara.
Lo stato d'emergenza ha eliminato tutte le tutele per i detenuti e ha permesso pratiche precedentemente vietate: il periodo massimo di detenzione preventiva è stato portato da 5 a 30 giorni e sono state introdotte misure per impedire per 5 giorni ai fermati in custodia preventiva l'accesso a un legale e per registrare le conversazioni tra cliente e avvocato durante la detenzione e passarle ai pm.
Le visite mediche sono effettuate in presenza di poliziotti e i loro esiti arbitrariamente negati agli avvocati dei detenuti. Nell'ultimo anno migliaia di persone sono state rinchiuse in centri di detenzione illegali.
In Iran sono purtroppo prassi comune la tortura e altri maltrattamenti allo scopo di ottenere "confessioni". I detenuti sotto l'autorità del ministero dell'Intelligence e dei Guardiani della rivoluzione sono stati regolarmente sottoposti a prolungati periodi di isolamento. Le denunce di torture sortiscono spesso effetti contrari: fanno proseguire e inasprire le torture e portano a pesanti sentenze.
Secondo Amnesty International, i giudici continuano a considerare ammissibili le "confessioni" come prove a carico dell'imputato. Per chi viene arrestato spesso è ignorato il diritto ad accedere a un legale ed è negato anche l'accesso a cure mediche adeguate ai prigionieri politici.
Sono in vigore pene disumani e degradanti, equiparabili a torture, quali fustigazioni, accecamenti e amputazioni.
In Russia torture e maltrattamenti sono pratica diffusa e sistematica durante la detenzione iniziale e nelle colonie penali.
Sono stati denunciati recentemente uccisioni, arresti e torture di gay rinchiusi in prigioni segrete in Cecenia.
Musa Mutaev, kirghiso, autore del libro Il sole verde, ha subito svariate torture e vessazioni fisiche e psicologiche prima di riuscire a fuggire nel 2004 in Norvegia e diventare scrittore. Nel suo libro racconta i sistemi di terrore usati dalle forze russe per estorcere confessioni indotte: scosse elettriche, rottura di arti, sangue.
La drammatica fine di Giulio Regeni, il ricercatore italiano vittima di violenze inaudite e trovato morto in strada il 3 febbraio 2016, è lì impressa nella memoria, a triste monito delle disumane pratiche poliziesche in Egitto.
Associazioni per i diritti umani hanno documentato decine di casi di decessi in custodia dovuti a tortura, maltrattamenti e mancanza di accesso a cure adeguate. Si sono praticate torture e maltrattamenti durante le fasi dell'arresto, come pure durante gli interrogatori. Molti sono stati vittime di sparizione forzata.
I metodi utilizzati comprendevano duri pestaggi, scosse elettriche o costrizione a rimanere in posizioni di stress.
Amnesty International leva il dito anche contro Israele. Torture o maltrattamenti sono inflitti nell'impunità a detenuti palestinesi (minori compresi) da agenti dell'esercito, della polizia e dell'agenzia israeliana per la sicurezza (Isa), in particolare nelle fasi dell'arresto e dell'interrogatorio. Le pratiche segnalate: percosse, schiaffi, incatenamento in posizioni dolorose, privazioni del sonno, posizioni di stress e minacce.
Dal 2001 ci sono state mille denunce, ma il ministero della Giustizia, competente in materia dal 2014, non ha avviato alcuna indagine penale.
In Palestina la polizia come pure le altre forze di sicurezza della Cisgiordania, la polizia di Hamas e le altre forze di sicurezza di Gaza hanno abitualmente e impunemente torturato o maltrattato detenuti, compresi minori.
Tra gennaio e novembre 2016 la commissione indipendente palestinese ha ricevuto 398 denunce tra tortura e altri maltrattamenti (163 da detenuti in Cisgiordania e 235 da detenuti a Gaza) ma non sono mai state condotte indagini indipendenti.
Il Regno Unito è stato uno dei più veloci nell'attuazione della Convenzione contro la tortura dell'Onu del 1984 e nel prevedere la pena più severa, la detenzione a vita.
Il riferimento normativo è il Criminal Justice Act del 1988 dove, nella Parte XI, c'è un'apposita sezione dedicata alla tortura commessa da un pubblico ufficiale e comprende sia quella fisica ("grave dolore o sofferenza") che quella psicologica (è "irrilevante" se le sofferenze che consentono di definire un atto come tortura siano di tipo "fisico o mentale" o se "siano stati provocati da azioni o da omissioni").
Qualche obiezione l'hanno però suscitata i commi 4 e 5 dell'articolo 134, che escludono la presenza di reato di tortura se chi ha posto in atto la condotta idonea a provocare gravi dolori o sofferenze possa provare di averlo fatto in virtù di una legittima autorità, giustificazione o scusa. La spiegazione? I commi sono stati inseriti in ottemperanza alla parte finale dell'articolo 1 della Convenzione Onu, in cui il termine tortura "non si estende al dolore o alle sofferenze risultanti unicamente da sanzioni legittime, inerenti a tali sanzioni o da esse cagionate". Per esempio "un chirurgo che provoca sofferenze nell'esercizio legittimo della sua professione".
Un'ulteriore disposizione normativa contro la tortura è inserita nello Human Rights Act del 1998, la legge che ha recepito nell'ordinamento interno la Convezione Europea sui Diritti dell'Uomo.
Sul fronte Stati Uniti, l'ottavo emendamento della Costituzione americana proibisce di infliggere "pene crudeli e inconsuete". Non si parla esplicitamente di tortura ma, dagli anni Ottanta, la Corte Suprema americana ha stabilito che la tortura è contro la legge in base all'ottavo emendamento.
In seguito agli attentati dell'11 settembre, però, nel 2003 il dipartimento di Giustizia americano dichiarò che "l'ottavo emendamento non trova applicazione" quando si tratta di ottenere "informazione di intelligence da parte di combattenti catturati".
Nel 1994 il "Torture Act" (formalmente noto come Titolo 18, Parte I, Capitolo 113C del Codice statunitense) ha proibito la tortura da parte di dipendenti federali contro persone "in loro custodia o sotto il loro controllo", fuori dagli Stati Uniti. Ciò non ha impedito lo scandalo delle torture nelle prigioni militari all'estero, Guantanamo in prima fila.
Solo dopo anni di polemiche, il presidente George W. Bush, nel 2007, ha firmato un ordine esecutivo per proibire alla Cia qualsiasi trattamento inumano nei confronti di prigionieri catturati nella lotta al terrorismo, impegnandosi a rispettare l'articolo 3 della Convenzione di Ginevra che vieta la tortura contro i prigionieri di guerra.
Nel 2009 il presidente Barack Obama ha messo al bando l'uso della crudeltà durante gli interrogatori ovunque nel mondo. Dal 2005 è inoltre in vigore negli Usa il Detainee Treatment Act, che proibisce "pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti" del personale nelle prigioni militari.
In Germania il divieto di tortura è di fatto contenuto nella Costituzione.
Non esiste una norma specifica nell'ordinamento tedesco, ma è presente una serie di articoli di legge del codice penale in cui la fattispecie della tortura è specificata in maniera molto esplicita, con pene di reclusione che possono andare da 3 ai 10 anni.
L'articolo primo della Legge fondamentale della Repubblica federale sancisce che è "dovere di ogni potere statale rispettare e proteggere la dignità dell'uomo".
Sempre nel testo costituzionale, al comma 1 dell'articolo 104, si afferma che le persone tratte in arresto "non possono essere sottoposte né a maltrattamenti morali, né a maltrattamenti fisici".
Non solo. Nel codice penale vi è un esplicito ancoramento agli articoli 3 e 15 della Convenzione europea per i diritti dell'uomo, in cui si afferma che nessuno individuo può essere "sottoposto alla tortura oppure a punizioni o trattamenti disumani o umilianti", nonché che queste disposizioni valgono anche "se la vita della nazioni è minacciata dalla guerra o da altra emergenza di natura pubblica".
La Francia ha ratificato nel febbraio 1986, poco più di un anno dopo la sua stipula, la Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura. È all'articolo 1 della Convenzione che si possono richiamare i giudici francesi quando incorrono in un reato di tortura: questo non è infatti definito con precisione dall'ordinamento giuridico d'oltralpe. Sono i giudici che definiscono, caso per caso, gli "atti di tortura e di barbarie".
Generalmente, si tratta di azioni violente estremamente gravi, che si traducono in un oltraggio all'integrità fisica della vittima ma senza che ci fosse intenzione di uccidere. L'autore di tali atti dimostra una crudeltà estrema, che suscita l'indignazione generale.
Il grado di punizione per tali atti dipende dalle conseguenze, dagli strumenti impiegati e dalle caratteristiche della vittima. Secondo il Codice penale francese, articolo 222, l'autore rischia la condanna a 15 anni di reclusione criminale; la pena può essere aumentata a 20 anni se le vittime sono bambini sotto i 15 anni, persone vulnerabili come anziani, ammalati, invalidi o donne incinte, o ancora se gli atti sono stati commessi utilizzando o minacciando l'uso di un'arma.
La pena può arrivare a 30 anni se gli atti di tortura o di barbarie sono commessi su un minore di 15 anni da un parente legittimo, naturale o adottivo o da qualsiasi altra persona che ha un'autorità sul minore, o ancora se gli atti sono commessi da una banda organizzata o in modo ripetuto su un minore di 15 anni o su una persona vulnerabile o se questi atti hanno provocato una mutilazione o un'infermità permanente. Se la vittima muore, può scattare l'ergastolo.