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March 11 2015
Sognavano la secessione da Roma, e invece Milano sta staccandosi da Verona, Verona da Venezia, il Veneto dalla Lombardia, la Lega di Matteo Salvini dalla Liga di Flavio Tosi.
«Vorrei non accadesse, ma in pratica Salvini ci sta cacciando» ci aveva detto solo pochi giorni fa Fabio Venturi, più che un'ombra di Tosi, portavoce della Fondazione del sindaco di Verona "Ricostruiamo il Paese", un uomo dotato di lucidità e controllo. E infatti così è stato.
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E se non è una nemesi poco ci manca pensano i leghisti che da anni coltivano il mito della piccola patria, ma che adesso lottano per il controllo della piccola tribù, assediano i consigli federali, comunali, regionali, muovono le fondazioni, contano i mujahidin in camicia verde, si scomunicano come fanno sunniti e sciiti nel medioriente brandendo gli statuti come fossero scritture sacre. Il pacifico Nord si è scoperto peggio di Sirte, il Veneto imploso tra scorrerie e fatwe. «È come la Libia, non si sa più che bandiera ammainare e quale issare di notte» dice un leghista che ancora non ha preso posizione nella lotta. Ignavo? «No, confuso».
Nessuno riesce a comprendere come il monolite Lega si stia frantumando nella Regione in cui si pensava più forte, o forse nessuno ancora riesce ad accettare la decisione di Flavio Tosi, sindaco di Verona, pronto non solo a candidarsi contro Luca Zaia alle elezioni regionali, ma ad innescare l’incendio nei vecchi accampamenti della Lega. «Gli hanno fatto una carognata. Se uno è preso come bersaglio, o lotta o muore» dicono i fedelissimi di Tosi che in consiglio federale hanno la maggioranza «siamo sedici su 18» e che non accettano il commissariamento ordinato da Matteo Salvini. "O il consiglio federale annulla il commissariamento oppure liberi tutti» annuncia Venturi, un passato in An, quanto basta per conoscere bene la destra. «Anche noi a Verona abbiamo guardato a destra, ma con noi la destra si è trasformata in una destra della buona amministrazione» dice Venturi.
Tosi e Zaia: i due mondi opposti della Lega Nord
Tutto già fatto
Salvini ha prima spedito Giampaolo Dozzo per trattare il cessate il fuoco tra sindaco e presidente di Regione ed è riuscito a farli separare ancora prima che i due si sedessero al tavolo. Tosi si è visto mettere fuorilegge la sua fondazione “I Fari”, la stessa che pochi mesi fa a Pordenone, Roberto Maroni, aveva salutato e omaggiato ma che oggi è considerata “partito politico” quindi in contrasto con la casa madre.
E infatti, per il sindaco di Padova, Massimo Bitonci, Tosi non era più segretario della Liga già alcuni giorni fa: «Lo dico chiaramente, per me, dopo le sue azioni, Tosi si è messo fuori dal partito». Rischiate di perdere il Veneto? «Zaia ce la farà». Zaia non partecipa ai consigli federali della Liga da settembre «lo abbiamo sempre invitato, ma non è mai voluto venire» dicono quelli della Liga. E però, non è più una sommossa per il controllo delle liste, la selezione degli uomini nei posti di comando.
La prossima battaglia di Tosi
In Veneto si sta tentando l’esperimento moderato, si gettano le fondamenta della nuova casa di destra che vedrebbe Tosi candidato unico di Ncd. «L’accordo fra Ncd e Tosi è solo alle fasi di cesello. Con Tosi in campo cambia tutto. Inizia una battaglia vera» dice un diplomatico di Ncd che a Roma ci lavora da mesi e che già pensa al Veneto come futuro laboratorio. «Se dovesse precipitare la situazione pensiamo più a una galassia di liste civiche; bisogna allegerire i partiti» immagina Venturi.
Ma che il Veneto possa essere un esperimento interessante qualora producesse cambiamenti nello scenario nazionale, lo pensa pure Luca Ricolfi, il politologo che meglio ha compreso la Lega, il più bravo entomologo della nostra politica malandata. «La Lega non è più la Lega. Ormai è un ogm. Salvini le ha cambiato il dna». Con Tosi o con Salvini? «Con le poche informazioni che ho, in Veneto sceglierei Tosi. La sua destra è più vicina alla destra moderna rispetto a quella di Salvini, ma anche a quella di Angelino Alfano. Il problema non è la Lega che si divide ma la destra che non c’è. La Lega non può essere la nuova destra. Del resto è mutata. Salvini l’ha salvata ma con lui è diventata aggressiva e qualunquista. L’uscita dall’euro è una follia. Per non parlare della Flat tax. La loro proposta di una flat tax al 15 per cento non funziona. Hanno sbagliato i conti. Si può fare ma al 22» dice Ricolfi.
Finora a seguire Tosi in consiglio regionale sono stati Luca Baggio, presidente della Liga Veneta, Matteo Toscani e un altro consigliere che viene dal Pdl, Francesco Piccolo. Baggio si dice tormentato, «soffro da dodici giorni», spera ancora nell’intesa, non si riconosce nella deriva verso destra, vuole che in Veneto a decidere siano i veneti «in Lombardia i lombardi».
Difficile pesare il consenso di Tosi «ma ricordo che alle ultime elezioni prese 100 mila voti di preferenza» dice Baggio che è legato a Tosi da un’amicizia ventennale «una scissione avrebbe esiti imprevedibili». E però esiste un sondaggio in mano agli uomini di Tosi «le liste di Tosi all'interno della coalizione valgono il 14 per cento. E in consiglio regionale, dopo il gruppo di Baggio, potrebbe nascerne un ulteriore» fanno sapere i tosiani, un gruppo compatto che vanta uomini di consenso come Leonardo Muraro a Treviso, Emanuela Munerato a Rovigo, l'esperto deputato Matteo Bragantini. «Con la Lega di piazza si fa un favore a Renzi e non si vincono le elezioni. Ce l'hanno con Tosi perchè non gradiscono i moderati» sentenzia con dispiacere Venturi. In Veneto, nessuno sente più soffiare quel vento del Nord che aveva sospinto i gonfaloni della Lega, qui primo partito, autonomisti di origine controllata, sentimentali, uomini che ancora sognano il ritorno della repubblica Serenenissima, così uniti nel separarsi al punto da separarsi da se stessi. In terra veneta anche il vento si è scomposto in correnti, trucioli di una destra in cerca di orizzonte.