Transizione energetica, cortocircuito rosso

Si chiama Annalisa Corrado e ha un ruolo più strategico delle nostre riserve auree. È la responsabile per la conversione ecologica del Pd. Più schleineiana di Elly. Più bonelliana di Angelo. La battagliera eurodeputata ha scritto il bestseller Le ragazze salveranno il mondo. Negli ultimi vent’anni, informa, c’è stata una canagliesca cospirazione tra governi e petrolieri per affossare le rinnovabili. L’apice di questo patto scellerato, ovviamente, s’è raggiunto con i mascalzoni climatici di centrodestra al potere. Corrado non smette di perorare la causa: «Le rinnovabili sono l’unica scelta che abbiamo». Ma la premier Giorgia, denuncia, non ne vuol sentir parlare: «Meloni continua nella sua crociata contro le rinnovabili. Il governo sta puntando tutto sulla trasformazione dell’Italia in un antistorico hub del gas». Anche i verdissimi Cinque stelle, ovviamente, sono indignati: «No a questo governo fossile, vogliamo un futuro rinnovabile!». Le uniche energie «abbondanti e democratiche» per garantire «un approvvigionamento libero e sostenibile». Mentre il prezzo del gas prosegue la sua inesorabile risalita, la premier «se ne infischia dei cittadini che sono costretti a pagare bollette sempre più alte».

C’è la nobile teoria. Da Roma e Bruxelles, Pd e Cinque si rimirano allo specchio compiaciuti: chi è il più green del reame? E c’è la spiazzante realtà. Dall’Aspromonte alla Lomellina, avversano strenuamente eolico e fotovoltaico. Lo smaccato doppiopesismo energetico è il definitivo cortocircuito dell’impero del bene progressista. Le pale sono bellissime solo nei campi altrui. I pannelli sono indispensabili solo se installati a debita distanza.

La battaglia più cruenta si consuma in Sardegna, dove regna la pentastellata Alessandra Todde. Prima approva una moratoria di 18 mesi per bloccare eolico e solare, in nome del rischio di scempio ambientale. Gilberto Pichetto Fratin, ministro dell’Ambiente, garbatamente eccepisce: «Al momento, hanno ancora le centrali a carbone e non hanno un piano per il gas...». Il governo, comunque, fa ricorso. La Corte costituzionale si pronuncerà il prossimo 11 dicembre. Ma la regina dei Nuraghi adesso rilancia con un ancor più stentoreo disegno di legge. Stringi, stringi: nel 99 per cento del territorio sardo viene bandito ogni investimento nelle rinnovabili.

Perfino Beppe Grillo, il profeta deposto, la dileggia spietato. «Chiudete i ventilatori che c’è vento» titola in un ruggente post. Il fondatore sfotte la vecchia discepola: «Finalmente un po’ di verità su questo ambientalismo da strapazzo: e basta con il vento, il sole, il fotovoltaico! Abbiamo capito finalmente che ci vuole il carbone, anche un po’ zolforato come quello di Sulcis!». Todde, diventata intanto una fiera giuseppina, ribatte: «Il Movimento cinque stelle deve potersi evolvere». Secondo il collaudato camaleontismo del leader, Conte. L’arrocco, però, fa proseliti. L’ambientalismo prêt-à-porter impazza fra piddini e pentastellati. Divisi su tutto, ma uniti nell’autonomismo energetico. Eugenio Giani, governatore della Toscana, suggella: «L’esperienza sarda è preziosa». Moratorie anche nel granducato rosso, dunque? «Possiamo permetterci di dire “un attimo”, “aspettate”, oppure “no”» spiega Giani. «Il paesaggio è un valore fondamentale che dobbiamo salvaguardare. Non ci devono essere altri elementi che turbano lo skyline delle nostre colline, delle nostre pianure, delle nostre città». Insomma, a dispetto dei buoni intenti nazarenici, si mette malaccio.

Anche in Calabria, i Dem depositano una proposta di legge per sancire lo «stop all’eolico selvaggio e all’indiscriminato consumo di suolo». D’altronde, «la Regione ha già ampiamente favorito la realizzazione di impianti eolici ben oltre le reali esigenze interne». Ognuno consumi a casa propria. Così, pure in Umbria il Pd «chiede una moratoria temporanea». Si vota il 17 e il 18 novembre 2024. Il centro sinistra schiera la sindaca di Assisi, Stefania Proietti. Che ribadisce la linea Todde: favorevolissima alle rinnovabili, ma «totalmente contraria a ogni progetto che minaccia l’integrità di paesaggio e ambiente per soddisfare le mire speculative dei privati». Tradotto: pale e pannelli si installino altrove, nelle regioni senza dolci colline e incantevoli borghi. La minaccia più tremenda incombe a Orvieto. Piloni più alti dell’indimenticabile Duomo denunciano gli ambientalisti, spalleggiati stavolta da cento illuminati intellò, come Gabriele Salvatores e Paola Cortellesi. Indignatissimi, scrivono al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella: le pale sono splendide, ma s’adattano meglio a luoghi più ruspanti. E i pastori di Orgosolo? O i pescatori di Squillace? Anche loro si rivoltano contro l’eolico, eppure i country chic non accorrono in loro soccorso.

Un rupestre grido s’alza allora in ogni angolo del Paese, scandito dai più entusiasti fautori della transizione energetica: Pd e Cinque stelle. Il parco eolico sul monte Giarolo, tra le province di Pavia e Alessandria? Non s’ha da fare. Le pale eoliche nella Valle del Novito? Nossignore. Spiega il Movimento: «Quest’insostenibile installazione non porterà lavoro né energia, perché quella prodotta sarà riservata al Nord Italia». Come insegna ancora la Sardegna, l’opposizione alle rinnovabili diventa autonomia rovesciata: nemmeno un megawatt vada al Nord. E l’eolico di Badia Tedalda, tra il Riminese e l’Aretino? «L’Emilia-Romagna si batterà in tutte le sedi contro questo impianto» annuncia la vicepresidente e assessora alla Transizione ecologica della regione, Irene Priolo. Pure in Basilicata si muove il Pd. L’eolico off-shore al largo delle coste lucane? Non se ne parla. E anche nell’alto Molise i Dem provano a bloccare sei nuovi progetti, già approvati, «per tutelare coltivazioni di pregio e animali». Con i soliti Cinque stelle a denunciare la colonizzazione: «La regione non può essere preda delle big company energetiche».

Il cortocircuito, comunque, folgora persino lo storico ambientalismo di sinistra. Italia Nostra accusa Legambiente di spalleggiare la «lobby delle rinnovabili». L’associazione rivale, fucina di parlamentari piddini, «chiede un ulteriore deregolamentazione sui mega impianti», impipandosene del «consumo di suolo, devastazione paesaggistica, danni ambientali, all’avifauna e all’agricoltura». Così, in tutte le regioni, Italia Nostra aizza la rivolta, spalleggiata dai sindaci di sinistra. Intanto quelli di Legambiente, i compagni green che sbagliano, sfornano apocalittici dossier per dimostrare la tesi contraria. Nell’ultimo rapporto, segnalano la «depressione nello sviluppo delle rinnovabili». Finalmente una meritoria autoaccusa? Macché: lo sfacelo nasce «dalle scellerate politiche pro gas e pro nucleare che il governo sta portando avanti». Anche se intanto impugna la moratoria sarda. Eppure, Pd e Cinque stelle assaltano: siamo ancora lontani dagli obiettivi climatici fissati da Bruxelles per il 2030. L’Italia è l’undicesimo Paese in Europa per diffusione del solare e il diciannovesimo nell’eolico.

Che poi l’avversione verso pale e pannelli, in certi casi, può pure essere condivisibile. Basterebbe però evitare la doppia morale ambientalista. «Mentre l’Italia paga le bollette più alte d’Europa, il governo fa l’unica cosa che non andrebbe fatta: mette ulteriori bastoni tra le ruote al principale alleato che abbiamo». Ecco: nel mare dei cacicchi riesumati da Elly, perché comunque qualcuno che porti quei dannatissimi voti ci vuole, Corrado emerge come spumeggiante epigona.

La vessillifera della conversione ecologica per conto dei democratici, svillaneggia i vecchi arnesi del centrodestra, che vanno solo a gas e carbone. La colpa non è dell’imperatrice sarda, che sancisce il federalismo energico. È del governo. Ma anche un po’ del maschio che «manifesta senza remore, l’ambizione tossica e voglia di potere, sia verso la donna che per l’ambiente». Cara Elly, va bene riesumare i soliti notabili. Ma che la Corrado continui a risplendere nell’alto dei cieli arcobaleno.

YOU MAY ALSO LIKE