Lifestyle
July 08 2014
Ci sarà gran traffico per le strade di Manhattan nei prossimi mesi. Un traffico del tutto straordinario, perché ad andar su e giù per le strade della capitale del mondo saranno migliaia di opere d’arte, causa traslochi che ridisegneranno la mappa dei musei di New York.
Il primo e più atteso è quello che riguarderà il Whitney museum, che sta mettendo a punto il trasferimento delle 14 mila opere delle sue collezioni dalla sede di Madison avenue al nuovo edificio progettato da Renzo Piano nel West Village, all’ingresso sud dell’amatissimo High line park. Certo, poca roba rispetto alla movimentazione di 100 mila opere causata, nel 2004, dal trasloco temporaneo del Moma al Queens per consentire il rifacimento della sua sede storica: allora furono mobilitati 400 camion in andata e altrettanti in ritorno.
A proposito del Moma, neanche 10 anni dopo gli spazi vanno già stretti. E così il grande museo ha deciso di acquisire per 32 milioni di dollari la sede del vicino e "povero" Folk art museum (che Massimiliano Gioni considera il più affascinante museo di New York), che così si è dovuto trasferire a Lincoln square con le sue migliaia di opere firmate da outsider. Un altro gigantesco trasferimento di opere è in programma: quello dei 200 mila pezzi di design del Cooper-Hewitt national design museum, pronti a rientrare nella rinnovata Carnegie Mansion sulla Fifth avenue. Per completare il puzzle va detto che la vecchia sede del Whitney, un edificio prestigioso progettato da Marcel Breuer, nei prossimi otto anni passerà sotto la gestione del Metropolitan museum: quindi ulteriori traslochi di opere sono da mettere in preventivo.
Muovere un’opera, anche per pochi chilometri, è impresa complicata e delicatissima. Ne sanno qualcosa a Filadelfia, dove un paio di anni fa è stato realizzato il trasloco forse più complesso della storia: quello della Barnes collection dalla storica sede nei sobborghi della capitale della Pennsylvania alla nuova sede nel centro della città. Allora i capolavori di quella che può essere ritenuta la più importante collezione privata al mondo vennero trasferiti su camion scortati dalla sicurezza privata, da cui erano state accuratamente cancellate tutte le insegne, per non dare nell’occhio. La società incaricata del trasloco impiegò sei mesi solo per realizzare i contenitori, ciascuno adattato alla singola opera da trasportare. E ciascuno era poi racchiuso in un altro più grande per garantire maggiore sicurezza.
Anche nel caso del Whitney non mancheranno complicazioni, per quanto il valore delle singole opere non sia paragonabile a quelli della Barnes collection. Ma se il trasferimento delle decine di tele di Edward Hopper, che costituiscono il maggior motivo d’attrazione del museo, non pone particolari problemi, non è così per il capolavoro di Alexander Calder, Circus: un’installazione minuziosa e delicatissima di oltre 2 metri di diametro. E non lo è neppure per la grande scultura in cemento, opera celebre di George Segal, Walk, Don’t Walk, gruppo di figure che sfiorano i 3 metri di altezza.
Ma a New York l’arte è in continuo movimento. Da poche settimane si è chiusa con successo la terza edizione di Frieze art, 190 gallerie invitate, che fanno altre 3 mila opere in transito per le strade di Manhattan. Poi ci sono le mille mostre della città con più alta densità di gallerie al mondo, che vanno ad aggiungersi alle esposizioni organizzate a raffica dalle istituzioni: a questo proposito sono previsti arrivi della massima delicatezza dall’Italia. A inizio 2015 infatti viaggeranno verso New York i capolavori di Donatello, Ghiberti, Brunelleschi e Luca della Robbia provenienti dal museo dell’Opera del Duomo, non a caso diretto da un americano, Timothy Verdon. Saranno esposti al Museum of biblical art nell’Upper West Side: sarà uno dei più grandi e delicati traslochi di capolavori del nostro ’400.
Giusto 101 anni fa, nel 1913, New York scopriva la febbre dell’arte grazie al successo clamoroso dell’Armory show: 3 mila opere arrivarono nella sede di Lexington avenue dal Vecchio continente. In un secolo, di trasloco in trasloco, ne è stata fatta di strada.