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August 26 2016
New town o restauro? Case nuove fuori dal perimetro dei comuni distrutti o ricostruzione delle abitazioni devastate dal sisma? Commissario unico o ricostruzione affidata ai sindaci e ai territori, naturalmente sotto la supervisione dello Stato? Intervistato dal Corriere della Sera, il ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio si è detto convinto che occorra affidare la ricostruzione ai comuni, cioé a coloro che i territori li conoscono meglio, rigettando l'idea delle new town che tante polemiche avevano suscitato ai tempi dell'Aquila. Ma quali sono i possibili modelli di ricostruzione post-sisma? Il passato sembra indicarceli. Con annessi rischi e opportunità. E cpon un'avvertenza: ogni sisma fa storia a sé. Tutto dipende, anche, dalla gravità dei danni, dal numero delle persone rimaste senza casa, dai costi della ricostruzione rispetto alla costruzione ex novo di una nuova città.
IRPINIA, SPRECHI E APPALTI SPORCHI
Il terremoto dell'Irpinia del 23 novembre 1980 - con oltre 3000 morti e 280 mila sfollati cui era necessario trovare un'abitazione - devastò un'area assai più estesa di quella che ha interessato il terremoto del centro Italia. E soprattutto diede vita a una corsa per accaparrarsi i fondi della ricostruzione, da parte dei comuni soltanto lambiti dal sisma, che finì per penalizzare quei paesi che effettivamente furono distrutti dal sisma. Il costo complessivo dell'opera di ricostruzione spalmati a pioggia da Napoli alla Basilicata fino all'Avellinese e al Beneventano - affidata ai sindaci inizialmente, sul modello di quanto avvenuto qualche anno prima con successo in Friuli - lievitò fino a toccare una cifra che si aggirava a metà anni 90 attorno ai 50 miliardi di lire, come accertato da una commissione d'inchiesta parlamentare, in un sistema opaco di assegnazione degli appalti che beneficiò molte imprese edili in odore di camorra. Chi accettò di andare a vivere nei prefabbricati ebbe più fortuna di coloro che dovettero aspettare anche vent'anni prima di veder ricostruita la propria abitazione.
L'AQUILA, NEW TOWN E ABBANDONO
Il terremoto che provocò a L'Aquila la morte di 309 persone e un numero di sfollati che si aggira attorno alle 40 mila persone fu gestito affidandosi, inizialmente, a un commissario unico e al modello ricostruzione di una nuova città (che avrebbe dovuto essere provvisoria) a qualche chilometro da quella distrutta. Quindici mila persone andarono a vivere nelle case in miniature fatte ricostrure dopo il terremoto, duemila di loro furono alloggiati in prefabbricati di legno, ma la gran parte degli sfollati scelse di andare a vivere qualche mese in albergo, trasferendosi poi in casa di amici e parenti e usufruendo dell'assegno del post-terremoto per gli sfollati. Il modello Aquila è stato duramente contestato dagli abitanti della zona non solo per l'effetto sradicamento prodotto dalla new town, ma anche perché l'assegnazione di un prefabbricato è stata spesso vissuta come pretesto - una volta terminata l'emergenza - per abbandonare completamente sotto le macerie il vecchio centro storico, mai ricostruito. Solo recentemente il sindaco de L'Aquila ha annunciato la ripresa dei lavori nella città vecchia.
UMBRIA E MARCHE: DOV'ERA, COM'ERA
Lo slogan post-ricostruzione del terremoto che devastò la Basilica di San Francesco ad Assisi, Foligno, Nocera Umbra, fu subito dov'era, com'era. Fu scelta la via del restauro. Ma i danni per le persone furono assai meno ingenti de L'Aquila, l'Irpinia, l'Aretino. Secondo i dati dell'Osservatorio sulla Ricostruzione della Regione Umbria, al dicembre 2014, risultava rientrata nelle case lesionate dal sisma il 97% della popolazione colpita dai danni, con una spesa di 5,106 miliardi di euro.