Lifestyle
May 14 2014
Ci sono un inglese, un belga e un francese, e non è una barzelletta, sono i film per cui vale la pena di scapicollarsi in sala per tre sfumature di grande cinema.
Il più bello è l’inglese Locke di Steven Knight: un uomo solo chiuso in un’auto nel corso di un’unica notte che gli serve per abbandonare il cantiere dove lavora e volare verso l’ospedale di Londra dove sta per partorire la donna con cui ha avuto un’avventura di una sera e che adesso chiede la sua presenza.
Per non disattendere un imperativo morale, il protagonista mette a rischio lavoro, moglie, figli, posizione sociale. "Ho preso la mia decisione" ripete. Un gesto desueto, inciso tutto nella bella faccia e nella magnifica voce di Tom Hardy, finora conosciuto ai più soltanto come temibile Bane di Il cavaliere oscuro-il ritorno.
Travolgente è anche il film belga che ci ha dato filo da torcere agli Oscar, Alabama Monroe del fiammingo Felix Van Groeningen, una sensuale storia d’amore fra la tatuatissima Veerle Baetens e il suonatore di banjo Johan Heldenbergh, innamorato dell’America e della musica Bluegrass (l’omaggio esplicito è a Bill Monroe, maestro del genere).
C’è posto infine per il glamour inquieto, genere principessa triste, con Grace di Monaco del francese Olivier Dahan. Il biopic, che aprirà Cannes, racconta la Kelly, interpretata da Nicole Kidman, nell’anno del dubbio, il 1962, quando Alfred Hitchcock le propose di tornare al cinema con Marnie. Grace era tentata, il Principato oppose un secco no. Tenendo conto che il film di Hitchcock è una spudorata, benché velata, metafora della frigidità femminile, per di più incarnata da una protagonista ladra, si capisce che a corte non fossero entusiasti, e non solo per ragion di stato. La storia si ripete, e oggi i Grimaldi, uniti nell’indignazione, disertano Cannes e sconfessano il film di Dahan ritenuto menzognero: un’ottima ragione per correre a vederlo.