Dal Mondo
April 30 2024
Israele è pronto a inviare una delegazione al Cairo per discutere la tregua e il rilascio di 33 ostaggi. Questo hanno riferito al Wall Street Journal (WSJ) alcuni funzionari israeliani ed egiziani, mentre i mediatori arabi pressano i jihadisti di Hamas ad accettare i termini del cessate il fuoco prima di un'imminente operazione militare a Rafah che potrebbe scattare entro le prossime 72 ore. In tal senso il capo del Mossad, David Barnea, potrebbe recarsi nella capitale egiziana questa settimana, secondo quanto riferito da funzionari egiziani, dopo che i mediatori arabi hanno presentato ad Hamas un accordo durante il fine settimana. L'accordo prevede la liberazione degli ostaggi detenuti dal gruppo in cambio di una pausa nei combattimenti. Un funzionario israeliano ha dichiarato questa mattina che Israele «potrebbe inviare una delegazione in base agli sviluppi dei negoziati». Israele ha dichiarato che « la proposta rappresenta l'ultima possibilità per evitare un'offensiva pianificata contro la città di Rafah », nel sud di Gaza, dove vuole neutralizzare le rimanenti unità militari di Hamas.
Mentre i preparativi per un'eventuale offensiva continuano e si tratta per una tregua, il primo ministro Benjamin Netanyahu ha nuovamente ribadito durante un incontro con le famiglie degli ostaggi detenuti a Gaza, che l'idea di interrompere la guerra prima di raggiungere tutti gli obiettivi è fuori completamente fuori discussione: «L'idea di porre fine alla guerra prima di raggiungere tutti i nostri obiettivi è inaccettabile. Noi entreremo a Rafah e annienteremo tutti i battaglioni di Hamas presenti lì, con o senza un accordo, per ottenere la vittoria totale». Un alto dirigente dell'organizzazione terroristica palestinese in un'intervista al network Quds, che è vicino ad Hamas, ha detto che la proposta egiziana per un cessate il fuoco a Gaza è la migliore presentata ad Hamas negli ultimi mesi, poiché include concessioni da parte di Israele su diversi fronti. «Il fatto che Israele accetti il ritorno incondizionato degli sfollati e abbandoni l'idea che essi non potranno fare ritorno è un segno positivo», ha affermato il dirigente, facendo riferimento alla richiesta che i palestinesi siano autorizzati a rientrare nel nord della Striscia di Gaza. Secondo quanto riportato dal canale televisivo saudita Al Hadath solitamente bene informato, la risposta di Hamas alla proposta di cessate il fuoco è attesa entro domani sera. Channel 12 riferisce che Israele è disposto a rilasciare 900 prigionieri palestinesi in cambio di un numero compreso tra 20 e 33 ostaggi, il che si tradurrebbe in un numero compreso tra 27 e 45 prigionieri per ostaggio. Come scrive Times of Israel «questo va oltre ciò che Israele ha offerto in precedenza».
A marzo, era disposto a rilasciare 950 prigionieri per 40 ostaggi, e a novembre, al culmine della campagna di terra a Gaza, sono stati infine rilasciati 240 prigionieri per 105 ostaggi, 81 dei quali erano israeliani. Secondo il Wall Street Journal (WSJ) la proposta prevede due fasi: nella prima fase, si ipotizza il rilascio di almeno 20 ostaggi entro tre settimane, in cambio di un numero non specificato di prigionieri palestinesi. La seconda fase invece, prevederebbe un cessate il fuoco di dieci settimane, durante le quali Hamas e Israele concorderebbero un rilascio più ampio di ostaggi e una pausa prolungata nei combattimenti, che potrebbe durare fino a un anno. Si prevede sempre secondo il WSJ che la durata della prima fase possa essere estesa di un giorno per ogni altro ostaggio rilasciato. Nonostante l'ala politica di Hamas abbia inizialmente risposto positivamente, il WSJ riporta che l'organizzazione terroristica «ha poi espresso preoccupazioni riguardo ai termini proposti, lamentando la mancanza di un esplicito riferimento alla fine del conflitto».
Impossibile fare previsioni perché già in passato Hamas all’ultimo momento si è sfilato dalla trattativa e lo stesso potrebbe fare anche oggi perché di sicuro il capo militare di Hamas Yaya Sinwar sempre nascosto nel sottosuolo di Gaza, ha ascoltato le parole di Benjamin Netanyahu.