"Troppi interessi dietro i roghi boschivi"

«In Francia dicono che, per spegnere un incendio, dopo dieci secondi basta un secchio, dopo dieci minuti servono i pompieri e dopo un’ora ci vuole l’elicottero. La rapidità d’intervento è decisiva». Docente universitario di sociologia economica a Messina, Tonino Perna è l’uomo che, in sei anni da presidente del Parco nazionale d’Aspromonte, ridusse dell’80 per cento il territorio devastato dal fuoco.  E venne mandato via. Oggi, mentre i roghi si moltiplicano e la superficie bruciata raddoppia in un anno,  è utile domandargli come compì quel miracolo.

«Nessun miracolo. Divisi il Parco in aree e le affidai, con un concorso, a cooperative o associazioni di volontariato. A fine anno, ognuna riceveva una somma, che si dimezzava se il fuoco aveva intaccato più dell’1 per cento del territorio che dovevano sorvegliare. Risultato: non diminuì il numero degli incendi, ma la superficie distrutta sì».

Quanto costava quell’esperimento?
Circa 220mila euro l’anno.

Perché  non le confermarono l’incarico alla scadenza, nel 2005?
Dissero che preferivano nominare un commissario, non un presidente. Ne indicarono uno per otto parchi, e quello li chiuse tutti. Sono i guasti della politica. Ma la domanda vera è perché una buona pratica non è diventata un modello da replicare anche altrove.

Lei come lo spiega?
Ci sono troppi interessi perché i roghi continuino e anzi si estendano. Dall’operaio idraulico forestale che punta allo straordinario alle grandi società private che gestiscono gli elicotteri, molta gente guadagna se l’Italia va a fuoco. Un’ora di volo di un Canadair o di un elicottero può costare dai 2.500 ai 7.500 euro. E dire che quei mezzi prelevano l’acqua dal mare e, scaricandola a terra, determinano un deleterio fenomeno di salinizzazione del suolo.

Servirebbe aumentare le pene ai piromani?
Non credo. Il punto vero è ristabilire la responsabilità sul territorio e assicurare rapidità d’intervento. Perché non ci si domanda come mai in Trentino, la regione che ha il maggior numero di boschi, non c’è la piaga degli incendi.

Qual’è la sua risposta?
In quella regione vige un’antica tradizione civica, la comunità si sente responsabile del bosco. Ancora oggi c’è una rete di volontari che si occupano della cura del territorio. E’ una forma di prevenzione assai efficace. Dopotutto uno studio del Corpo forestale dello Stato ha documentato che metà degli incendi si verificano in aree che sono già andate a fuoco nei cinque anni precedenti. Almeno lì la prevenzione dovrebbe essere possibile.

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