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May 12 2017
Si infittisce il capitolo del licenziamento del direttore dell'FBI James Comey da parte della Casa Bianca e sul presidente Donald Trump si addensano le nubi di nuove contestazioni da parte dell'FBI, dei democratici ma anche dei repubblicani.
È una rivelazione forte quella del Guardian secondo cui Donald Trump, dopo aver dichiarato alla NBC che la decisione di far fuori Comey sarebbe stata solo ed esclusivamente sua, avrebbe ammesso che l'affaire Russiagate c'entrerebbe eccome con il licenziamento di Comey, smentendo quanto invece dichiarato ufficialmente dalla Casa Bianca, ovvero che il gesto sarebbe la conseguenza delle indagini sulle mail di Hillary Clinton.
È un vero terremoto ormai quello che sta scuotendo la Casa Bianca, con la vicenda del Russiagate (su cui l'FBI sta indagando) che rischia ora di intricarsi, anche in vista del mandato di comparizione con cui il Senato ha deciso di obbligare Michael Flynn (ex consigliere per la sicurezza nazionale) ad andare in Congresso e a portare una serie di documenti relativi ai suoi contatti con funzionari russi.
I democratici evocano sempre più lo spettro dell'impeachment, e aumentano i malumori anche nel fronte repubblicano.
La difesa dell'FBI
Intanto l'Fbi difende a spada tratta James Comey: "Non ha mai perso la nostra fiducia", ha assicurato davanti alla commissione intelligence del Senato Andrew McCabe, che guida il bureau investigativo in attesa della nomina del nuovo direttore. Contraddicendo di fatto la versione della Casa Bianca, secondo cui l'ex capo dei federali non aveva più il necessario sostegno da parte dei suoi collaboratori.
L'importanza delle indagini sul Russiagate
Ma l'affondo di McCabe è andato oltre, criticando la linea del presidente americano tesa a sminuire l'importanza delle indagini sul Russiagate: "Sono una priorità assoluta e di estrema importanza". Dunque si va avanti, per saperne di più sulle interferenze russe in Usa e sui possibili legami di alcuni collaboratori del tycoon con Mosca. E l'Fbi, ha assicurato McCabe, "ha la risorse necessarie" per farlo.
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Poi l'ultimo avvertimento: "Finora non c'è stata alcuna interferenza politica nelle indagini. Ma se ci dovesse essere la denunceremo al Congresso".
La cena con Comey e la richiesta di "lealtà"
A tutto questo si aggiungono le nuove rivelazioni del New York Times. Secondo quanto riportato dall'autorevole quotidiano americano, solo una settimana dopo essersi insediato a Washington, il Presidente Trump avrebbe convocato a cena il direttore dell'FBI chiedendogli di promettergli "lealtà".
Comey garantì "onestà" al Presidente affermando di non poter essere ''affidabile'' nel senso politico convenzionale. A una seconda richiesta, Comey avrebbe risposto di poter garantire "onesta lealtà".
Il New York Times ricostruisce quell'episodio citando due fonti anonime a conoscenza dello scambio tra Trump e Comey che riterrebbe adesso quella circostanza determinante per quanto accaduto poi in seguito.
La Casa Bianca contesta la ricostruzione riferita dal New York Times, ''non crediamo sia accurata'', ha detto la vice portavoce Sarah Sanders, affermando che il presidente Trump ''non lascerebbe mai intendere di aspettarsi lealtà personale, soltanto lealtà verso il nostro Paese''.
Perchè è importante
La vicenda Comey sta facendo molto discutere negli Stati Uniti. Oltre la metà degli americani (54%) ritiene che la decisione del presidente Donald Trump di licenziare il direttore dell'Fbi sia inappropriata mentre il 38% la ritiene il contrario, come emerge da un sondaggio NBC News/Survey Monkey.