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Economia

L'austerity non si supera con Tsipras

Alexis Tsipras non cambierà l’Europa. E nemmeno la Grecia. Ne sono convinti tanto i mercati finanziari quanto i policymaker europei. Nonostante gli annunci choc e gli attacchi diretti alle politiche comunitarie, Syriza non potrà far marcia indietro rispetto a quanto sottoscritto dal Paese con la troika composta da Fondo monetario internazionale (Fmi), Banca centrale europea (Bce) e Commissione Ue. Perché se così accade, Atene corre il rischio di ritornare al centro della crisi dell’eurozona. Senza le protezione europee, però. 

Rinegozieremo i trattati europei

Tre punti centrali della vicenda Tsipras

Primo: atteso come il salvatore della Grecia e dall’eurozona, Tsipras ha già fallito nello spaventare i mercati finanziari. Questi sanno infatti che, volente o nolente, il politico ellenico dovrà negoziare con la troika, se vuole evitare che il Paese collassi. Partiamo dai numeri. Tsipras ha promesso molto. Dall’aumento del salario minimo del 40% a un piano di assunzione nel pubblico impiego, il tutto corroborato dal mancato rimborso dei prestiti erogati in questi anni dalla troika, da cui arriveranno le risorse per rendere realtà le promesse elettorali. “Basta paura, basta troika”, ha ripetuto il leader di Syriza ieri. 

Secondo: i greci hanno disertato, secondo i precedenti, le urne. A conti fatti, Syriza ha preso circa 2 milioni di voti, sui quasi 7 milioni di persone che si sono registrate al voto, secondo i dati del ministero dell’Interno. In pratica, c’è stata la più bassa affluenza dagli anni Settanta a oggi, con il 62,46%. Cifre che sono molto elevate, in riferimento all’Italia, ma che testimoniano quanto sia necessario usare molte cautele a leggere la vittoria di Tsipras. Specialmente quando si paragona il risultato politico greco al resto dell’area euro.

Terzo, il capitolo più importante: quali sono gli impegni a cui Tsipras non può venir meno? La Grecia, per riuscire a sopravvivere dal punto di vista finanziario dopo l’estromissione de facto dai mercati obbligazionari, ha sottoscritto un programma di aiuto con la troika. In virtù del memorandum of understanding siglato, dietro all’adozione di riforme strutturali da parte della Grecia, la troika si impegnava a erogare liquidità. In pratica, soldi in cambio di riforme. I due piani di salvataggio hanno fornito circa 240 miliardi di euro alla Grecia. Nel 2015 dovranno essere ripagati circa 15,2 miliardi di euro: 8,5 miliardi al Fmi, 6,7 miliardi alla Bce. Si tratta di cifre rilevanti per la Grecia. Se Tsipras non scende a compromessi con se stesso e con la Troika, continuando sulla sua strada del mancato rimborso dei prestiti, gli investitori internazionali inizierebbero a isolare sempre più la Grecia sul mercato obbligazionario. Il motivo è semplice: come fidarsi di una nazione che chiede soldi in prestito e poi non li ripaga? Questo si traduce nella richiesta di premi per il rischio sempre più elevati, ovvero maggiori interessi passivi sul debito, che creerebbe una situazione ai limiti del paradossale per Atene. Fuori dalla morsa della troika, dentro la morsa dei mercati.

Una strada obbligata

Ma non è finita. Di fronte alla situazione corrente, è difficile credere che Syriza possa essere la chiave di volta dei detrattori delle attuali politiche. Tsipras non ha mai detto di voler uscire dall’euro in modo esplicito. Ha sempre ricordato al mondo dei policymaker europei che la Grecia non avrebbe ripagato i debiti con la troika e che avrebbe rigettato nuove misure di consolidamento fiscale, dopo cinque anni di crisi. Ma se non vengono rimborsati i prestiti, questo significa che la troika non potrà far altro che annullare, di fatto, il memorandum of understanding sottoscritto. Questo, fra le altre cose, prevede che la Bce eroghi, o comunque sostenga, le banche elleniche tramite diversi canali di liquidità assistenziale. Uno di questi è l’Emergency liquidity assistance (Ela), che attraverso la banca centrale di Grecia, fornisce una stampella agli istituti di credito greci nei momenti più duri. Dato che la pressione sui mercati obbligazionari sarebbe sempre più elevata, anche per le banche elleniche sarebbe difficile trovare dei prestatori, oltre alla Bce. E quindi? O si rischia il collasso del sistema bancario o si chiede l’aiuto di Francoforte. Per farlo, tuttavia, c’è bisogno che la Grecia faccia parte dell’Eurosistema, e quindi dell’eurozona, e che abbia firmato un memorandum of understanding. Delle due l’una: o banche senza liquidità o supporto della Bce.

Noi crediamo che alla fine ci sarà un compromesso fra Syriza e la troika

Senza il Qe?

Infine, se la Grecia dovesse ritrattare quanto sottoscritto con la troika, ci sarebbe un problema con il Quantitative easing lanciato dalla Bce la scorsa settimana. Mario Draghi ha spiegato che saranno comprati titoli di Stato di tutti gli Stati membri, ma nel caso della Grecia, come ha ricordato J.P. Morgan, i bond ellenici potranno essere inclusi negli acquisti della Bce solo in caso ci sia un accordo con la troika. In alternativa, non ci potrà essere alcun sostegno finanziario da parte della Bce nel lancio operativo del suo bazooka. “Questo significa una sola cosa: impossibilità per le banche greche di liberarsi di parte del debito pubblico per rilanciare l’economia interna”, conclude la banca statunitense. 

Il messaggio effimero

Il messaggio di Tsipras è quindi effimero. Da un lato, afferma che con lui la Grecia avrà un futuro libero dalla troika. Dall’altro, però, non dice che lasciare l’attuale via rischia di compromettere ancora di più l’esistenza dei suoi elettori e del Paese nell’area euro. I possibili punti di pressione sono molti, e tutti che ricordano pericolosamente gli scenari osservati fra 2009 e 2012, nella fase più dura della crisi. Tsipras alza la voce e grida contro l’austerity promettendo rinnovamento, rivoluzioni e più posti di lavoro per tutti. Ma si dimentica che, senza un compromesso con la troika, per la Grecia il futuro non potrà che essere nero.

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