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March 15 2019
L’ultimo caso controverso è quello del borotalco, accusato di provocare il tumore all’ovaio se usato in grandi quantità e in modo prolungato. Il sospetto è che il minerale, formato da magnesio e silicio, possa esporre al rischio perché contaminato (durante l’estrazione dalle miniere) da particelle di amianto. Secondo lo Iarc di Lione, l’agenzia internazionale per la ricerca sul cancro che stila l’elenco delle sostanze pericolose per la salute, il prodotto è «potenzialmente cancerogeno»: interpellata da Panorama, l’autorità chiarisce, però, che non ci sono raccomandazioni, rimandando eventuali indicazioni al ministero italiano. Intanto, negli Stati Uniti, da dove l’allarme è partito, è boom di richieste di risarcimento danni, e online ormai circolano così tante informazioni che diventa difficile individuare quelle corrette. E la confusione su che cosa «fa venire il tumore» non fa che crescere. Non compriamo più il talco? Evitiamo l’aspartame? Addio carne rossa? Rinunciamo al vino?
«Per quanto riguarda il borotalco, vari studi epidemiologici riportano un aumento di rischio del 20-30 per cento» dice Maurizio D’Incalci, capo dipartimento di oncologia dell’Istituto Mario Negri di Milano. «I dati raccolti, però, non sono del tutto coerenti e possibili errori nelle indagini possono motivare, in parte, questa debole associazione».
Un esempio. È possibile che le donne colpite dal tumore all’ovaio, e considerate negli studi, abbiano riferito un utilizzo più frequente del prodotto perché sensibili al problema e influenzate dalle notizie apparse sui giornali. «Senza evidenti spiegazioni biologiche, sebbene un rischio limitato non possa essere escluso, i risultati non sono ancora completamente convincenti per stabilire un nesso causa-effetto» conclude l’esperto.
Nell’attesa di distinguere tra studi poco conclusivi e pareri spesso discordi degli esperti, che si fa? Pubblicata nei giorni scorsi sul New Scientist, una tabella riassume le conoscenze e il grado di rischio di sostanze, prodotti di uso comune, alimenti, comportamenti (in alto). Una bussola per non perdere l’orientamento. Tenendo presente, in ogni caso, che il cancro è una patologia legata a più fattori. Su alcuni, come la predisposizione o i geni, non è dato agire. Su altri è possibile.
Uno dei fattori «evitabili», per esempio nel tumore al seno, è l’obesità. Così come le ustioni solari lo sono per i tumori alla pelle, soprattutto nell’infanzia. Aumentano il rischio altri elementi controllabili, come l’epatite e il papilloma virus (per le quali esiste il vaccino.
La separazione tra ciò che si pensa e le scoperte scientifiche ha profonde radici, e lo dimostra un sondaggio realizzato nel 2018 dalla University College London e dalla University of Leeds, su 1.330 persone: solo il 60 per cento ritiene che le ustioni solari possano incidere, appena il 30 per cento è consapevole del legame tra papilloma virus e tumore alla cervice.
All’opposto, una persona su tre è convinta che il cellulare provochi sicuramente il cancro al cervello, mentre lo Iarc classifica i campi elettromagnetici a radiofrequenza (inclusi i segnali wi-fi e di telefonia mobile) come «potenzialmente cancerogeni». Spiega l’agenzia a Panorama: «La valutazione si basa su un aumentato rischio di glioma, un tumore al cervello associato all’uso del wireless». Il gruppo di lavoro non ha, però, quantificato il pericolo. Resta valido quanto riportato in uno studio precedente (condotto fino al 2004) che ha mostrato un «più 40 per cento» di rischio nella categoria di utilizzatori cosiddetti pesanti. Un capitolo a parte va dedicato all’aspartame, che è fuori dalla lista Iarc, nonostante i ripetuti allarmi. «In realtà il dolcificante in commercio è sicuro, come ha stabilito un documento dell’Agenzia europea per la sicurezza alimentare della Commissione europea» riassume Cristina Bosetti, responsabile dell’unità epidemiologia dei tumori al Mario Negri.
Non c’è da preoccuparsi nemmeno per il caffè: «Il nesso con il cancro si può tranquillamente escludere» aggiunge Bosetti. Gli alcolici, invece, incidono sulle probabilità di tumori del fegato, della testa e del collo e della mammella, per citarne alcuni. Il tabacco, infine, è collegato al 22 per cento di decessi di tumore nel mondo. «Anche se abbiamo assistito a un calo del vizio del fumo negli uomini, cui è seguita una diminuzione sostanziale di incidenza di tumori polmonari e di morti per questa malattia, nelle donne si è osservata una riduzione nel consumo solo più di recente, e tra loro la mortalità per questo tumore è ancora in crescita» avverte D’Incalci, caldeggiando campagne di sensibilizzazione più decise. Un altro modo efficace, e fuori da ogni ragionevole dubbio, per evitare irreparabili guai.
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