News
August 16 2016
Dopo la richiesta di estradizione avanzata (per non essere sicuramente accolta) dalla Turchia agli Stati Uniti, la Corte di Istanbul ha prima spiccato un mandato di cattura per Fethullah Gulen mentre la procura turca ha chiesto due sentenze all'ergastolo e ulteriori 1.900 anni di carcere per lui, ex alleato del presidente Tayyip Erdogan
considerato ispiratore del tentato colpo di stato del 15 luglio. La procura della regione di Usak ha accusato Gulen "di aver tentato di distruggere l'ordine costituzionale con la forza" e di "formare e gestire gruppi armati terroristici".
Questo l'ultimo atto di una storia già vista: quella dei due grandi amici che litigano e diventano nemici per la pelle...
Da sostenitore a primo avversario
Nato 75 anni fa a Erzurum, nella profonda Turchia orientale, oggi a capo di un impero economico da 25 miliardi di dollari, Gulen è stato per un ventennio strettissimo sodale del presidente Erdogan, sostenendone l'ascesa politica anche e soprattutto attraverso un efficace sistema mediatico che poteva contare sul diffusissimo quotidiano Zaman e sull'agenzia di stampa Cihan, oggi in serie difficoltà finanziarie dopo il commissariamento dello scorso marzo da parte del Governo, seguito tra l'altro agli scoop anti-governativi sul rifornimento di armi all'Isis da parte della Turchia.
Auto-esiliatosi negli Stati Uniti nel 1999 perché preoccupato dalla marcata ostilità dei militari - custodi della laicità del Paese - proprio per il suo appoggio a Erdogan, Gulen (che, pur partendo da posizioni islamiche, afferma di "credere nella scienza, nel dialogo interreligioso e in una democrazia multipartitica") si è però poi allontanato sempre più dalle posizioni politiche dell'attuale presidente. Al punto che ormai da diversi anni (in particolare dall'esplosione della Tangentopoli turca nel 2013) Erdogan considera Gulen il suo nemico n°1, cercando di scardinarne tanto la rete economico-finanziaria quanto la capacità di condizionare l'opinione pubblica, certificata anche dal successo di Gulen in un sondaggio promosso on-line dalla rivista Foreign Policy sugli intellettuali più influenti al mondo.
Quelle università a rischio
Se sul fronte dei media il sabotaggio ha dato i suoi frutti con il già citato commissariamento, meno si può però dire su quello della struttura di scuole e università private, non coraniche e all'insegna di un islam moderato e più aperto all'esterno, che Gulen è riuscito a diffondere in più di cento Paesi tra cui ovviamente la Turchia. Preoccupato dal fatto che un giovane su quattro esca da tali strutture scolastiche, Erdogan ne ha infatti chiesto la chiusura, trovando però il parere negativo della Corte Costituzionale: un "no" che potrebbe però anche essere rivisto assai presto alla luce del fallito golpe e dell'epurazione di tanti magistrati...
Il fattore religioso
Ex-imam, Gulen è poi anche fondatore e guida di una comunità religiosa, la confraternita "Hizmet", che in Turchia conta decine di migliaia di attivisti, oltre a una cerchia di simpatizzanti stimata tra i 4 e i 5 milioni di cittadini. Proprio l'impegno religioso fa sì che Gulen continui a essere inviso a quella parte di popolazione turca che vorrebbe un'assoluta laicità del Paese, oltre al fatto che in Turchia diversi oppositori di Erdogan continuano in qualche modo ad associarlo al presidente per l'appoggio datogli in passato e per la commistione di affari e potere di cui è stato protagonista. Prima di dover emigrare negli Stati Uniti per sottrarsi all'odio, ora sempre più acceso, del suo alleato e amico di un tempo.