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July 09 2018
Dopo la vittoria elettorale del 24 giugno, Recep Tayyip Erdogan si insedia come primo capo di Stato della Turchia con i nuovi poteri esecutivi. Un "super presidente" con in mano l'esecutivo e un Parlamento molto dimensionato.
Nel pomeriggio il giuramento in Parlamento, tra gli applausi dei deputati del suo Akp e quelli del nazionalista Mhp, braccio politico dei Lupi grigi, che compongono la maggioranza. In serata il fastoso ricevimento ad Ankara, nel faraonico palazzo presidenziale di Bestepe, con l'annuncio del nuovo governo.
64 anni, alla guida della Turchia dal 2003, prima come premier, dal 2014 come presidente, Erdogan è diventato il più potente leader turco dalla fondazione della Repubblica. Ha reso Ankara un attore diplomatico chiave, abbracciando però una deriva autocratica, soprattutto dopo il tentativo di golpe del luglio 2016.
Il nuovo sistema presidenziale, con poteri rafforzati, è stato introdotto dal contestato referendum dello scorso anno. L'opposizione definisce questo nuovo corso il "regime di un uomo solo".
Con i nuovi poteri, Erdogan presiederà il governo senza bisogno di un voto di fiducia e nominerà vicepresidenti e ministri, oltre che alti funzionari statali e giudici.
Potrà inoltre emanare decreti esecutivi.
Per adeguare la normativa esistente al nuovo sistema presidenziale, entrato in vigore dopo il voto dello scorso 24 giugno, la Turchia ha emesso il primo decreto. Il testo di 74 articoli, pubblicato il 4 luglio sulla Gazzetta ufficiale, elimina i riferimenti alla figura del primo ministro in circa 5 mila leggi emanate a partire dal 1924. La figura del primo ministro è infatti stata abolita, trasferendo i poteri esecutivi al capo dello stato.
Nel prossimo esecutivo, i ministeri saranno ridotti da 21 a 16, con diversi accorpamenti, tra cui il trasferimento delle deleghe per l'Unione Europea al ministero degli Esteri.
In corrispondenza con l'insediamento di Erdogan, sta per chiudersi anche lo stato di emergenza instaurato dopo il golpe del 2016.
In questi due anni la Turchia del "Sultano" ha fatto fuori decine di migliaia di presunti "traditori della patria". L'ultima maxi-purga di Erdogan risale all'8 luglio: il presidente turco ha dato il via libera a un ultimo decreto che in un colpo solo ha fatto fuori oltre 18 mila dipendenti pubblici, quasi tutti agenti di polizia o militari, considerati servitori infedeli dello Stato, accusati in maggioranza di legami con la presunta rete golpista di Fethullah Gulen.
D'ora in poi Erdogan non avrà più bisogno dello stato di emergenza: con il Parlamento svuotato della sua forza, può tranquillamente bypassarlo a suon di decreti legge.