Se Ankara si avvicina a Pechino

Turchia e Cina si stanno avvicinando. Lo scorso 16 settembre, Xi Jinping e Recep Tayyip Erdogan si sono incontrati a Samarcanda, dove hanno rafforzato i legami tra i rispettivi Paesi. “Il presidente Xi ha sottolineato che negli ultimi anni le relazioni Cina-Turchia hanno mantenuto uno slancio di crescita, con progressi costanti nella cooperazione pratica e un'efficace collaborazione contro la pandemia”, si legge in un comunicato ufficiale di Pechino. “Il presidente Xi ha sottolineato che le due parti devono rafforzare la fiducia politica reciproca, rispettare sinceramente i reciproci interessi fondamentali e consolidare le basi politiche della relazione strategica di cooperazione Cina-Turchia”, si legge ancora.

Nonostante in passato Cina e Turchia avessero registrato delle notevoli tensioni a causa della persecuzione degli uiguri ad opera del governo di Pechino, ultimamente sembra che i due Paesi stiano trovando una progressiva convergenza. Basti pensare che, a gennaio scorso, il ministro degli Esteri turco, Mevlut Cavusoglu si era recato in Cina, per discutere di questioni bilaterali e opportunità di cooperazione economica. Era invece agosto, quando Cavusoglu ha incontrato il suo omologo cinese, Wang Yi, a margine del meeting Asean di Phnom Penh.

Certo: le divergenze non mancano, ma – a livello generale – il clima generale pare essere quello di un rasserenamento. Ricordiamo d’altronde che, soprattutto negli ultimi due anni, la Turchia ha migliorato le proprie relazioni con svariati ex avversari, anche per far fronte alle difficoltà economiche interne. Tutto questo, mentre – lo scorso luglio – è stato scoperto un mega giacimento di terre rare nell’Anatolia centrale. Quando la notizia si diffuse, la Repubblica popolare – tramite il Global Times – cercò di minimizzarla (non è chiaro con quanta effettiva convinzione), sostenendo che la Turchia non sarebbe stata capace di competere nel settore delle terre rare con la Cina. Il Dragone volle poi sottolineare di possedere l’adeguata tecnologia di lavorazione per questi elementi. Non è quindi del tutto improbabile che, almeno in parte, la convergenza tra Pechino e Ankara si stia consolidando con un occhio alle terre rare. Uno scenario, questo, che – se fosse confermato – rappresenterebbe un problema non di poco conto per gli Stati Uniti e l’Occidente tutto.

Non bisogna infatti trascurare che la Turchia, pur essendo un membro della Nato, sta da anni conducendo una politica piuttosto ambigua nei confronti della Russia. Ora, questo parziale avvicinamento a Pechino rischia di rivelarsi ulteriormente spinoso per l’Alleanza atlantica che, nel suo ultimo strategic concept, ha messo nel mirino anche le ambizioni del Dragone. Ne consegue che la Nato – che sino ad oggi ha dovuto fare i conti con l’ambiguità di Ankara nei confronti di Mosca – potrebbe dover fare in futuro i conti anche con la sua crescente ambiguità nei confronti di Pechino. Tutto questo, senza dimenticare che tanto la Turchia quanto la Cina stanno man mano consolidando la propria influenza su varie aree del continente africano e dei Balcani. Joe Biden, che negli ultimi mesi si è mostrato piuttosto arrendevole verso Ankara, dovrebbe forse fare maggiore attenzione a queste preoccupanti dinamiche.

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