Economia
August 24 2017
Per rendere l'Italia a prova di terremoto potrebbero servire da 36 miliardi ad addirittura 850 miliardi di euro. Non tanto la prima, ma è la seconda cifra a far sgranare gli occhi: talmente esorbitante - pari a circa la metà del Pil italiano - da indurci a credere che un vero e proprio intervento per mettere in sicurezza tutto il Paese sia irrealizzabile.
Dei costi per rendere le case e gli edifici pubblici più sicuri, se ne è tornato a parlare in questi giorni dopo il terremoto che ha colpito Ischia, un sisma accaduto, per una triste coincidenza, proprio a un anno dalle ben più forti scosse che hanno distrutto Amatrice.
La cifra "monstre" a undici zeri (850.700.000.000 euro) è contenuta nella relazione presentata da Giovanni Azzone, rettore del Politecnico di Milano, e richiesta lo scorso anno dal governo Renzi in occasione del lancio del Piano Casa Italia, il progetto a lungo termine per la messa in sicurezza del territorio nazionale.
La stima del Politecnico prende in considerazione gli interventi per mettere in sicurezza tutti gli edifici realizzati fino al 1981 e considera tutti i comuni a rischio in Italia (costo di 400 euro a mq per una abitazione di 11 metri quadri).
Ma a parte gli 850 miliardi di euro, sono altre le cifre più interessanti e (forse) realistiche in vista della realizzabilità del piano.
Del resto bisogna individuare delle priorità, perché mettere in sicurezza tutta l'Italia è quasi impossibile: il 40 per cento dei comuni può essere colpito dai terremoti, ben 29.000 chilometri quadrati di territorio sono a rischio alluvione e il 70 per cento dell’intero patrimonio abitativo dovrebbe essere ristrutturato per migliorare la sicurezza, come ricordava la mozione sulla difesa del suolo approvata il 22 ottobre 2014.
Ma torniamo alle stime del Politecnico. Dall'applicazione del sisma-bonus ai soli edifici in muratura portante nei 648 comuni più a rischio, il conto scenderebbe a "soli" 25 miliardi, in termini di minori imposte, ma - prosegue la relazione - "con un importante effetto moltiplicatore per il rilancio del settore edile".
Ricordiamo che il sisma-bonus sono le deduzioni fiscali riconosciute a chi effettua un intervento di messa in sicurezza degli edifici delle zone a rischio sismico e che l'ultima Legge di Bilancio 2017 ha prorogato fino al 31 dicembre 2021.
Quanto agli interventi sul territorio, limitati ai 648 comuni e sui soli edifici realizzati in muratura portante, il costo si attesta a 36,8 miliardi, che sale a 46,4 miliardi comprendendo gli edifici in calcestruzzo armato realizzati prima del 1971, anno in cui furono varate le prime norme anti-simiche, e a 56 miliardi estendendo gli interventi anche agli edifici in cemento armato realizzati fino al 1981.
Sono numeri non molto distanti da quelli circolati negli ultimi 10 anni: 24 miliardi di euro, ad esempio, era la cifra di cui parlava Corrado Clini, allora ministro dell’Ambiente del governo Monti, ai tempi del terremoto in Emilia nel 2012.
Stima poi aumentata a 40 miliardi spalmati in 15 anni, pari a una spesa di poco più di 2 miliardi l'anno.
Ma al di là delle risorse che andrebbero messe a disposizione o trovate in qualche modo, il problema "vero" alla fine è la messa in pratica degli interventi.
Il rapporto Ance-Cresme, quattro anni fa, ricordava che dal 1991 al 2011 l'Italia ha speso solo 10 miliardi di euro per interventi di manutenzione del territorio: sono meno di 500 milioni l’anno in quattro lustri in cui abbiamo assistito al dramma del terremoto nelle Marche e in Umbria nel 1997, a quello in Molise nel 2002 e al terremoto che distrusse L’Aquila nel 2009.