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March 18 2013
Se avessero chiesto al più perfido dei folletti di disegnare a tavolino il più complicato degli scenari possibili per la politica italiana, non avrebbe saputo far meglio (o peggio) degli elettori. Che hanno creato una situazione di ingovernabilità perfetta, risultato di una serie di incredibili paradossi.
Il primo: nessuno dei tre blocchi più forti (Pd, Pdl, Movimento5Stelle) ha vinto, ma nessuno ha perso. Il secondo: nessuno è in grado di formare un governo da solo. Il terzo: nessuno vuole allearsi con l’altro. Il quarto nessuno vuole nuove elezioni, almeno in tempi brevi. Il quinto, l’uomo che avrebbe la chiave per sbloccare la situazione, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, non può usarla sino in fondo per mancanza di tempo, essendo il suo settennato ormai in scadenza. Quindi, nè può affidare un mandato pieno per formare il nuovo governo, nè può sciogliere le Camere e indire nuove elezioni, dal momento che la Costituzione non glielo consente in pieno semestre bianco. E allora?
Ecco la soluzione possibile: navigare a vista, tra marosi e nebbia fittisima, sino alla meta, la fine naturale della legislatura; e nel frattempo, realizzare più riforme - e tra le più radicali - di quante non siano riusciti a farne, negli ultimi vent’anni, governi espressi anche da maggioranze bulgare, almeno sulla carta. Ecco, quindi, il paradosso che alla fine può togliere le castagne dal fuoco a tutti: gli elementi di debolezza che si trasformano in punti di forza.
Dai primi passi di questa folle legislatura, s’è già visto che proprio l’inesistenza di soluzioni precostituite ha permesso di sciogliere rapidamente il nodo intricatissimo dell’elezione dei nuovi presidenti delle due Camere. Molti ne attribuiscono il merito al segretario del Pd Pier Luigi Bersani che, mettendo il Parlamento nella condizione di prendere o lasciare, alla fine ha fatto eleggere Laura Boldrini alla Camera e Piero Grasso a Palazzo Madama. Davvero merito suo? Domanda superflua, e in fondo anche inutile. Il fatto incontrovertibile è che la forza dello stato di necessità ha imposto la rottura di ogni schema e il superamento di ogni vecchia logica, all’interno dei partiti e nella contrattazione fra i partiti. Bersani, a cui Napolitano dovrebbe affidare un mandato - in virtù di una legge elettorale che gli ha consentito di ottenere maggioranza assoluta a Montecitorio e relativa al Senato - ora dice che proverà a formare un governo utilizzando ancora lo “schema Grasso”.
Significa che, se il Quirinale gli affiderà un mandato pieno, si presenterà in Parlamento con delle proposte che non si possono rifiutare. E cioè, innanzitutto il suo famoso programma limitato a otto punti: otto cose che l’opinione pubblica reclama a gran voce. E poi, con una squadra di governo composta da tante “Boldrini” e da tanti “Grasso”: personalità di alto profilo “tecnico”, ma non freddi professori lontanissimi dal comune sentire della pubblica opinione; note per il loro impegno civile e professionale, ma non riconducibili ad appartenenze di partito. Chi si assumerebbe la responsabilità di dire di no, con il conseguente salto nel buio?
Ecco il punto. Beppe Grillo non può tirare troppo la corda: la stragrande maggioranza dei suoi elettori e molti dei suoi parlamentari vogliono risolvere problemi e, per quanto è possibile, non sfasciare il sistema. E lo stesso, a maggior ragione, vale per il Pdl, Mario Monti e i leghisti. Perciò, se nessuna forza politica se la sentisse di votare apertamente la fiducia a un ipotetico governo Bersani, i singoli parlamentari si troverebbero però di fronte a un caso di coscienza.
Scontato il sì a Montecitorio, a Palazzo Madama potrebbe quindi accadere proprio quello che al momento, sulla carta, appare del tutto improbabile. E cioè, che il governo ottenga la fiducia grazie alle “diserzioni” di singoli senatori. Che potrebbero votare sì nel segreto dell’urna; o rimanere fuori dall’aula, facendo così abbassare il quorum necessario per il disco verde al nuovo governo.
E dopo? Si riprenderebbe a navigare a vista sino alla scadenza successiva: l’elezione del nuovo Capo dello Stato. Anche in quel caso potrebbe funzionare il “metodo Grasso”. E poi? Da quel momento, la navigazione a vista potrebbe essere anche meno problematica, perchè almeno ci sarebbe un timoniere a stabilire la rotta.