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April 04 2016
L’indagine della Procura di Potenza che ha provocato le dimissioni del ministro Guidi, nota come Scandalo Petroli, fotografa un quadro politico inquietante. Un affresco, secondo l'accusa, costruito attorno agli interessi lobbistici e ai perversi intrecci tra la politica e i vertici industriali dell'Eni e della Total, all'interno di un sistema clientelare del quale i soggetti-chiave erano non solo i dirigenti dei colossi petroliferi, ma anche uomini delle amministrazioni locali e del governo centrale che avrebbero dovuto vigilare, nonché ditte appaltatrici che avrebbero goduto di trattamenti di favore.
Partita dai carabinieri del NCO che stavano indagando su un traffico di rifiuti tossici prodotti negli stabilimenti petroliferi in Basilicata, l'inchiesta muove da un'ipotesi: che i rifiuti liquidi prodotti dall’attività estrattiva degli impianti petroliferi presenti in Basilicata venissero sistematicamente classificati come non pericolosi e dunque versati nel terreno, in spregio a qualsiasi norma di tutela ambientale, al fine di abbattere i costi di smaltimento. Con ovvie ricadute sull'ambiente e sulla qualità della vita della cittadinanza. E con la complicità interessata di uomini della Politica.
L'ipotesi di reato, in generale, è quello di disastro ambientale, una fattispecie specifica introdotta nella nuova legislazione del maggio 2015 che prevede dai 5 ai 15 anni di carcere per chi se ne renda responsabile. Il disastro ambientale viene definito dal codice penale come «l'alterazione irreversibile dell'equilibrio di un ecosistema, l'alterazione dell'equilibrio di un ecosistema la cui eliminazione risulti particolarmente onerosa e conseguibile solo con provvedimenti eccezionali, l'offesa alla pubblica incolumità in ragione della rilevanza del fatto per l'estensione della compromissione o dei suoi effetti lesivi ovvero per il numero delle persone offese o esposte a pericolo». Ma ci sono altre ipotesi di reato, perché attorno al reato principale - il disastro ambientale - si muovevano ditte appaltatrici e pezzi di politica locale e regionale, in un quadro corruttivo e apparentemente privo di controlli adeguati.
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Il primo, affidato ai carabinieri del Noe, riguarda l'impianto Eni di Viggiano, operativo in Basilicata, che secondo l'accusa - e con la complicità degli organismi di controllo e della politica nazionale e locale - avrebbe continuato a sversare nel terreno, in spregio a qualsiasi norma di tutela ambientale, i suoi rifiuti tossici, sforando anche sistematicamente sui limiti delle emissioni previste per legge. Il secondo filone di indagine, seguito dalla squadra mobile della Polizia di Stato, ha al centro l'iter che ha portato all'autorizzazione del giacimento Tempa Rossa della Total, nell'alta valle del Sauro, sempre in Basilicata, e che secondo i giudici avrebbe dato il via a un sistema oliato di corruzione e tangenti per l'assegnazione degli appalti e dei subappalti in relazione alla costruzione e ai lavori dell'impianto. Il terzo filone riguarda il porto di Augusta, attorno all'ipotesi di traffico di influenze e traffico illecito di rifiuti, all'interno di una più vasta associazione a delinquere alla quale facevano parte, secondo la procura, il capo di Stato maggiore della marina Giuseppe De Giorgi, il compagno dell'ex ministro Guidi, Gianluca Gemelli, per il quale la procura potrebbe chiedere l'arresto, il capo ufficio bilancio della Difesa e consulente del ministero per lo Sviluppo Economico, Valter Pastena, e il facilitatore-lobbista Nicola Colicchi.
In una telefonata intercettata il 13 dicembre 2014 il ministro Guidi rassicura il compagno che un emendamento alla Legge di stabilità sbloccherà l’operazione Tempa Rossa, sottolineando anche il voto favorevole di Maria Elena Boschi, cui era interessato lo stesso Gianluca Gemelli, 42 anni, commissario di Confindustria siracusana e noto imprenditore edile siciliano, nonché compagno del ministro dello Sviluppo.
La Procura di Potenza ha dedicato a Rosaria Vicino, Pd, 62 anni, 800 pagine di ordinanza di custodia cautelare e 13 capi di accusa, tra cui corruzione, peculato e voto di scambio. Dalle intercettazioni emergerebbero pressioni per far assumere il figlio all’Eni e quali fornitori utilizzare. Ma il sindaco – stando ad alcune telefonate intercettate - si sarebbe mosso anche per raccomandare altre personaggi e far loro avere gli appalti necessati alla prosecuzione dei lavori dell'impianto Tempa Rossa di Corleto Perticara, la cittadina di cui era sindaco. È coinvolto nell'inchiesta, secondo l'intercettazione, anche il sottosegretario alla Salute Vito De Filippo che - per i servigi resi - «avrebbe a sua volta ricevuto dall'Eni un hotel a Milano».
Dopo l'apertura delll'inchiesta, che ha svelato un sistema ben oliato di corruzione e omessi controlli, l'Eni ha deciso di sospendere le estrazioni del petrolio in Basilicata, in particolare in Val D’Agra dove si estraggono 75 mila barili al giorno e dove c'è il giacimento di Viggiano, il più importante d’Europa dopo quelli russi. Anche i dipendenti coinvolti nell’inchiesta sono stati sospesi.
Dopo che è caduta la testa del ministro Federica Guidi, Maria Elena Boschi, 35 anni, è finita nel mirino delle opposizioni e sarà interrogata dagli inquirenti. Le chiederanno con ogni probabilità se era conoscenza del legame tra il ministro e l'imprenditore indagato e se sapesse della convenienza che questa ne avrebbe ricavato dallo sbloccamento dell'operazione Tempa Rossa della Total. Il ministro Boschi ha non solo per ora negato di sapere chi fosse l'imprenditore siracusano che sollecitava l'introduzione dell'emendamento che avrebbe consentito alla sua azienda di aggiudicarsi alcuni appalti milionari, ma ha difeso la ratio del provvedimento: «Conosco molto bene il provvedimento, atteso dal 1989. Era ed è sacrosanto. Se poi il compagno della Guidi o chiunque altro ha violato la legge è giusto che ne risponda. Noi abbiamo semplicemente fatto la cosa giusta per l'Italia». Sono già state presentate due mozioni di sfiducia al governo: una dei Cinque Stelle e un'altra di Lega, Forza Italia e Fratelli d'Italia.