Economia
July 31 2017
Se c’è voluta una donna che, con un post sul suo blog, ha denunciato la cultura maschilista di Uber e innescato la miccia che ha portato alla fuoriuscita del ceo e fondatore Travis Kalanick, quella chiamata a riabilitare l’immagine del marchio è a sua volta una donna. Bozoma Saint John, infatti, ha assunto il mese scorso la carica di chief brand officer, una nuova posizione creata in concomitanza al terremoto che ha rivoluzionato il vertice della società di ride sharing.
Figlia di rifugiati politici del Ghana, Saint John approda negli Stati Uniti all’età di quattordici anni. Dopo una laurea in letteratura alla Wesleyan University, comincia a lavorare nella pubblicità. La sua carriera prende quota in Pepsi dove, in qualità di Music and Entertaintment marketing, firma una serie di accordi di product placement con artisti come Beyoncè e Katy Perry. Nel 2014, entra in Beats by Dre e, dopo l’acquisizione da tre miliardi di dollari da parte di Apple, assume la carica di head of global consumer marketing per iTunes e Apple Music.
A Bozoma Saint John è stato assegnato il compito - evidentemente non facile - di cambiare la percezione del brand. “Non ho ancora un piano tattico, ma la mia visione è molto chiara - ha dichiarato in un’intervista a Variety -: raccontare Uber dal punto di vista delle persone che usano e creano il servizio ogni giorno”.
Secondo alcuni osservatori, sarà molto difficile per Uber riuscire a cambiare la propria immagine senza cambiare la cultura interna. Stando a un report citato dal Guardian, infatti, le donne rappresentano il 22% delle posizioni di leadership nell’azienda. Da un punto di vista della diversità, invece, il 49,8% dei dipendenti è bianco, il 30,9% asiatico, l’8,8% di colore e il 5,6% ispanico. Per cercare di invertire la rotta, dunque, Uber ha deciso di investire tre milioni di dollari a sostegno di organizzazioni impegnate a migliorare la diversità nel settore tecnologico.
Saint John è considerata un unicorno nella Silicon Valley, in quanto è una delle poche donne di colore ad aver raggiunto il vertice di una società nell’ambito tecnologico. Ed è proprio la sua nomina, sostenuta da Arianna Huffington, membro del consiglio di amministrazione di Uber, che vuole essere un segnale forte dentro e fuori l’azienda.
- Uber: perché l’amministratore delegato se ne è andato
- Cosa succederebbe se Uber fallisse?
- Uber: come si diventa autisti in Italia