Kiev. A due anni e mezzo dalle manifestazioni di piazza, oggi Maidan è uno spazio vuoto, dove la gente sfila in fretta. Lungo tutto il perimetro della piazza fiori, candele e fotografie dei morti per la libertà, o sarebbe meglio dire dei morti per l'Europa. Giovani e giovanissimi, donne e uomini, hanno pagato con il sangue la loro lotta contro il vecchio establishment pro-Russia di Viktor Yanukovich. Sono "caduti con onore", sognando una Ucraina diversa, un Pase europeo, svincolato dalle catene della Russia di Vladimir Putin e con lo sguardo rivolto verso l'Europa.
Ma l'Europa oggi vive una crisi profonda, e l'Ucraina è sempre più fragile. Una guerra, quella nel Donbass, che continua giorno dopo giorno a mietere le sue vittime. Una separazione interna tra filo russi e governativi, che viena scandita dal ritmo dei mortai nella parte orientale del Paese. In mezzo ci sono più di 10.000 morti. Di questi, quasi 3.000 sono civili. Un milione e mezzo gli sfollati. Nella capitale ucraina l'atmosfera è mesta nonostante il cielo limpido.
L'economia dà deboli segnali di ripresa, ma non basta. L'inflazione ha sfondato la soglia del 40% e nel 2015 il Pil è crollato del 9,7%. Le riforme avviate dal governo e seguite passo dopo passo dal Fondo monetario internazionale, per ora hanno portato come primo risultato allo scioglimento del sistema bancario: su circa 170 istituti di credito nel 2013, sessanta hanno chiuso i battenti per fallimento o sono stati messi in liquidazione. Un chirurgo in Ucraina guadagna circa 100 dollari al mese.
Su queste cifre impietose, segno di un'economia in apnea, si arena il sogno di Maidan, anche se non del tutto. Camminando per le strade di Kiev ci si rende conto che "la meglio gioventù" ucraina ha il cuore che batte in Europa e all'idea fondante di Maidan non ha rinunciato. Ne sono convinti gli attivisti dell' Ukraine Crisis Media Center, che hanno organizzato una tre giorni di incontri promossa dall'ambasciata Usa a Roma per fare il punto su Maidan e - soprattutto - sul dopo Maidan.
Kiev. Membri del battaglione Azov e sostenitori dell'estrema destra marciano per chiedere un'Ucraina unita di fronte alla minaccia dei separatisti filo russiEPA/SERGEY DOLZHENKO
Il cielo sopra Kiev non è mai stato così diviso. Si susseguono le manifestazioni dei nazionalisti dell'estrema destra. Sfilano i battaglioni paramilitari di brigate di volontari come quello di Azov che chiedono un'Ucraina unita contro i separatisti del Donbass appoggiati dai russi. Anche la posizione del presidente Petro Poroshenko è ai suoi minimi storici. Secondo un sondaggio Gallup, oggi gode del 17% dei consensi. Tanto per intenderci, quando Yanukovich lasciò la poltrona in piena Maidan aveva il 29% del sostegno degli ucraini. Ci si prepara a una terza Maidan?. In molti a Kiev credono che quella sia la strada che si profila all'orizzonte e se la prendono con un'Europa che non fa abbastanza per arginare la minaccia russa.
Poroshenko, intanto, cerca di accreditarsi con gli scontenti attraverso il colpo grosso della liberazione della top-gun Nadja Savchenko, catturata dai russi e detenuta per ventidue mesi nel carcere di Rostov. Alla fine, dopo negoziazioni serrate condotte in prima persona dal presidente ucraino, Nadja è tornata a casa, in cambio di due soldati russi che hanno preso la strada di Mosca.
La pilotessa ha la tempra di un pitbull e nel suo primo discorso pubblico al fianco di Poroshenko ringrazia il "popolo" ucraino e bacchetta i politici. Parla già da parlamentare la Savchenko, e - d'altronde - mentre si trovava in carcere è stata eletta in Parlamento con il partito dell'ex premier Yulia Tymoshenko (Patria) e ora darà filo da torcere a tutti, perché il suo status di eroina popolare la rende praticamente intoccabile.
Kiev. La top gun ucraina prigioniera dei russi fa ritorno a casa dopo 22 mesi di carcereEPA/ROMAN PILIPEY
Ma la vera bestia nera che impedisce all'Ucraina di rialzare la testa non si trova nel Donbass, bensì nel cuore politico ed economico di Kiev.
La corruzione a tutti i livelli della società ucraina è una zavorra pesantissima, che strangola l'economia e mette in stand-by le riforme. Una corruzione radicata sia dentro che fuori dalle istituzioni, che tiene lontani gli investimenti stranieri, ma anche quelli interni, come dichiara l'ambasciatore italiano a Kiev, Fabrizio Romano. Per questo, il percorso riformista della nuova Ucraina post Maidan non può che fare i conti con una lotta senza quartiere alla corruzione, dice Artem Sytnyk, una sorta di Raffaele Cantone ucraino, che dal 2015 è a capo dell'Autorità anti corruzione di Kiev.
A dicembre dello scorso anno l'Autorità ha avviato la sua prima inchiesta.
Da allora, in meno di sei mesi, sono stati aperti 5.000 fascicoli con detective scatenati su tutti i fronti. La caccia ai corrotti e la distruzione del loro sistema è uno degli obiettivi principali dell'Ucraina post Maidan. La fiducia dei partner internazionali, da Bruxelles agli Usa, non manca e l'ambasciatore americano a Kiev, Geoffrey Pyatt, lo sottolinea, anche se - ribadisce - la strada è ancora lunga, ma dei primi, importanti passi sono stati fatti ed è necessario tenere questa rotta e proseguire.
Intanto, per combattere la corruzione, il comune di Kiev ha escogitato un sistema curioso, che però sta dando dei risultati.
Sergey Gusovsky è a capo di una fazione del Consiglio di Kiev ed è in predicato di diventare sindaco. Giovane imprenditore di talento (ha una serie di ristoranti tra cui un'elegante pizzeria napoletana nel cuore della capitale ucraina), racconta che ogni tre mesi i membri del Consiglio di Kiev vengono sottoposti alla macchina della verità. Una serie incrociata di domande per verificare se hanno preso mazzette o hanno incontrato persone corrotte.
Un processo sistematico per scovare eventuali funzionari e politici in odore di corruzione, a cui i consiglieri non possono sottrarsi. La macchina della verità entrerà anche nel Parlamento ucraino?.
Per ora viene utilizzata solo nella capitale, ma qualche frutto - almeno come deterrente - pare che lo stia dando. Il nuovo Procuratore generale e l'Autorità anticorruzione ci si augura facciano il resto. Il sogno di Maidan per ora lascia l'amaro in bocca, ma l'Ucraina non ha perso la speranza di poter presto rialzare la testa.