La Uefa e la resa al calcio dei ricchi

La premessa è che il nuovo si sistema di regole Uefa che prende il posto del vecchio Fair Play finanziario, mandato in pensione dopo un decennio di servizio, entrerà realmente in vigore solo dal 2025 e, dunque, il periodo di transizione sarà lungo e consentirà al calcio europeo di allinearsi ai nuovi parametri. Una buona notizia soprattutto per i club italiani che a occhio dovranno lavorare parecchio per non farsi trovare spiazzati dalla rivoluzione che si può sintetizzare in due parole: sostenibilità finanziaria. I motivi di consolazione, però, si fermano qui perché tutto il resto preoccupa e consegna al football del Vecchio Continente un futuro in cui i rapporti di forza saranno congelati allo stato attuale e per chi, come la Serie A, fatica a portare squadre ai quarti di finale della Champions League non è una prospettiva accattivante.

Del resto nemmeno i dirigenti della Uefa ne fanno mistero: l'Italia dovrà mettersi subito all'opera per allinearsi e dovrà farlo anche a costo di sacrifici sul piano dei costi che si traducono, quasi inevitabilmente, in impoverimento ulteriore della rosa e in perdita di competitività. I pilastri del nuovo sistema sono chiari e ammetteranno pochissime deroghe. Quello destinato a cambiare il calcio europeo è il cosiddetto 'salary cap globale' o controllo dei costi, un meccanismo che dal 2025-2026 obbligherà i club a spendere per stipendi, commissioni e ammortamenti al massimo il 70% del totale dei ricavi dopo essere passati dal 90% (2023-2024) e 80% (2024-2025) nel periodo transitorio.

Epa

E' vero che siamo in piena pandemia, con i bilanci devastati dallo tsunami del Covid che ha messo in ginocchio i conti, ma ad oggi solo l'Atalanta tra le squadre di alto livello nel nostro campionato starebbe dentro i confini del nuovo FFP. Tutte le altre, dalla Roma (135%) al Milan (90%), passando per Napoli (114%), Lazio (112%), Inter (109%) e Juventus (99%) si trovano davanti una strada lunga e in salita in cui la parola d'ordine sarà tagliare perché alle viste c'è una crescita del fatturato che sarà fisiologica col ritorno alla normalità, ma non così tumultuosa da consentire di avvicinarsi alle big della Champions League.

Un problema che non riguarda solo la Serie A ma, in generale, chi nel prossimo decennio vorrà scalare le gerarchie del pallone per provare a spezzare l'attuale oligarchia comandata dalla Premier League. Il punto debole del sistema studiato da Nyon è proprio questo e nessuno ne fa mistero. Basta ascoltare Andrea Traverso, il dirigente Uefa che ha lavorato sulle norme, per rendersene conto: "L’obiettivo vogliamo sia la sostenibilità del sistema, non l’equilibrio competitivo e per questo abbiamo cambiato anche nome: il nome Fair Play Finanziario poteva dare l’impressione che l’obiettivo fosse l’equilibrio competitivo, ma con sole regole finanziarie è impossibile da raggiungere, servono altre misure".

Una sorta di innesco ad orologeria, perché è difficile che un sistema che si nega per principio l'equilibrio interno possa essere destinato a prosperare. Viene da riflettere considerando come il sistema nasca a un anno di distanza dal progetto di Superlega contro cui la Uefa si è scagliata con forza portando avanti la bandiera del "calcio del popolo", aperto ai sogni di vittoria di tutti: parole rimaste sulla carta, la realtà è diversa e prepariamoci a un futuro dominio dell'Inghilterra, dove i diritti tv valgono il triplo che altrove, e di chi in questi anni, spesso aggirando le regole, ha gonfiato i propri bilanci come gli sceicchi di Parigi e Manchester. Per gli altri resteranno solo le briciole.

Le altre regole recepiscono l'urgenza del momento: bando ai debiti, quelli scaduti vanno pagati entro 90 giorni pena le sanzioni, e innalzamento delle possibili perdite nel triennio da 30 a 60 milioni di euro con l'obbligo, però, per gli azionisti di ripianare mettendoci denaro proprio e non facendoselo prestare. I club del Vecchio Continente hanno approvato. Forse molti pensano che la scadenza del 2025 sia sufficientemente lontana per poter sistemare ogni cosa e tornare alle vecchie pratiche o, forse, avevano bisogno che qualcuno li obbligasse alla dieta dimagrante minacciando fino all'esclusione dai tornei: lo scenario che si apre, però, non è dei più incoraggianti.

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