Un amore così grande, si canta con Il Volo – La recensione
Arrivare a Verona in cerca di un padre fuggiasco che ha fatto morire di crepacuore una madre famosa cantante lirica (per questo la Bohème, pezzo forte della mamma gli fa venire il mal di pancia) e ritrovarsi a seguirne le orme mischiandosi coi tre tenorini del Volo (Piero Barone, Ignazio Boschetto e Gianluca Ginoble). Succede al giovane triste Vladimir (Giuseppe Maggio) protagonista di Un amore così grande (in sala dal 20 settembre, durata 90’) di Christian De Mattheis, regista di fiction tv che qua passa al cinema con risultati più musicali che cinematografici ma con un evidente impegno nella determinazione degli eventi sentimentali che il film, via via, propone.
Vladimir in cerca del padre con una madre nel cuore
Vladimir proviene da San Pietroburgo, altro polo geografico del racconto che si sviluppa quasi interamente tra le strade, le piazze e l’Arena veronesi. Colà è morta sua madre Costanza (Daniela Giordano), a Verona c’è invece suo padre Gabriele (Franco Castellano) che finisce per incontrare , evidentemente senza particolari entusiasmi, anzi con risentimenti del tutto plausibili.
Gli càpita, tuttavia, l’occasione di squadernare le sue doti vocali e tenorili, prima in piazza da artista di strada, poi in sedi più adeguate alle sue capacità grazie all’intuito dell’impresario del Volo (Tommaso, recitato da Riccardo Polizzy Carbonelli) il quale, con ogni probabilità, lo spingerà al successo accanto ai tre artisti da lui seguiti. Senza che, peraltro, questo bel ragazzo col talento canoro si faccia mancare un intreccio amoroso contrastato dagli eventi, visto il luogo, con la romantica Veronica (una Veronica a Verona, non c’è male), nella parte Francesca Loy, capace di rimetterlo in pace col mondo.
Nel segno del mélo tra racconto e sviluppo musicale
C’è un po’ di confusione nell’intreccio tra il racconto del film e i contenuti delle opere liriche via via snocciolate e musicate (Mozart, Puccini, Verdi, Vivaldi, Donizetti, Čajkovskij e Loncavallo in repertorio) oltre la Bohème in agguato nella psiche disfatta del protagonista. A prevalere, come segno stilistico dominante, è tuttavia il mélo e in fondo questa indicazione è pertinente alle logiche di rappresentazione. Cui una efficace fotografia (dell’esperto Gianni Mammoletti) consegna una certa eleganza plastica e una buona varietà di prospettive tra interni ed esterni.
Il cantante Piero Mazzocchetti si adopera con impegno nel doppiaggio di Vladimir, i ragazzi del Volo fanno del loro meglio per far volare il film, a volte riuscendovi ed esprimendone un elemento di curiosità e attrazione. Indovinata nella lista sonora, accanto a tanta musica lirica, la scelta di due brani della sorprendente salernitana Denise, Parrots e Ageless, pop rock elettronico e vocalità superiore.
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