Un nemico che ti vuole bene? Ce l’hai in casa – Recensione
Chi non ha almeno un nemico alzi la mano. Magari non lo sa e ci vuole qualcuno che aiuti a cercarlo. Importante, poi, è trovarlo, senza doverlo necessariamente ammazzare. Noir in commedia, bravi attori e il gioco è fatto. Così nasce e si sviluppa Un nemico che ti vuole bene (in sala dal 4 ottobre, durata 97’), opera terza dello svizzero italiano Denis Rabaglia dopo Azzurro (2000) e Marcello Marcello (2008), tutti film di casa al Festival di Locarno come, del resto, quello di oggi. Che gira attorno a un bel groviglio di azioni e sensazioni, a momenti carico di sospetti , misteri e atmosfere quasi thrilling ma risolto sempre con leggerezza: in una forma di comicità lieve , costantemente pronta a manifestarsi e a rendere molto gradevole l’intero manufatto.
Sotto la pioggia, un astrofisico e un giovanotto ferito
E dire che tutto pare talmente costruito da sembrare inverosimile, in perfetta sintonia con le forme cinematografiche più fantasiose. Specie quando l’astrofisico Enzo (Diego Abatantuono) soccorre in una notte di pioggia un giovanotto ferito che si chiama Salvatore (Antonio Folletto) e si dichiara killer di professione. Niente ospedale, niente polizia ovviamente. Il buco d’una pallottola glie lo cura Enzo, anche con l’acquavite nei modi dei vecchi western (piace la citazione) e tanto di bottiglia stappata coi denti. Mancano fuoco e cavalli ma in compenso sboccia la gratitudine a sorpresa del killer: il quale invita l’astrofisico a puntare qualche suo nemico, poi penserà lui a farlo fuori. Gratis.
Piano piano vengono a galla tanti rivali "sconosciuti"
Enzo però è un mite. Oltre a tutto smarrito e assai refrattario alla proposta: sicuro di non avere nemici e abituato com’è a fidarsi di tutti. Ma, come si dice, dagli e dagli qualche pulce nell’orecchio Salvatore riesce a infilargliela. E assieme alle pulci pure qualche nemico. Come il collega astrofisico Claudio (Antonio Catania) diventato famoso grazie a una scoperta che gli rubò anni prima; o Pietro (Massimo Ghini), il primo marito di sua moglie Angela (Gisella Donadoni) che con lei è tornato a farsi sotto in maniera inequivocabile; ancora, il fratello Don Gregorio (Roberto Ciufoli) che si è finto prete per anni e casualmente smascherato dal vero prete Don Pino (Paolo Ruffini).
Nella storia qualcosa di vero: parola di Krzysztof Zanussi
Insomma, da zero a dieci. La lista si allunga, il killer scalda la pistola e non si sa come andrà a finire. Strage o redenzione, rivincita o presa di coscienza. Con l’unica a non essere nemica – un po’ svampita, quello sì – è mammà Antonietta, cioè un’iconica Sandra Milo che costantemente lèvita giocando a carte e alzando il volume della musica in perenne ascolto. E il noir trascolorato in commedia parrebbe davvero surreale se a sorprendere non ci fosse il racconto di Krzysztof Zanussi ispiratore del film e della sua sceneggiatura (scritta a dieci mani dallo stesso Rabaglia, Scen Heidrun Schleef, Luca De Benedittis, Diego Abatantuono e David McWater) sulla scorta da un fatto accaduto sul serio, del quale lo stesso regista polacco è stato indiretto testimone.
Ironia intelligente e intuizioni di scrittura cinematografica
Dunque una mezza verità. A guidare un racconto costruito con intelligente ironia e qualche saggia intuizione di scrittura oltre un contenuto morale “facile” ma necessario. Molto apprezzabile la recitazione di Abatantuono, sempre più santone e interprete di sé fino a realizzare, più che dei personaggi, il ”suo” personaggio. Accanto a lui Folletto dà una prova brillante e refrattaria ai cliché, da attore in crescita, gomorriano di secondo pelo, appena transitato al cinema anche col Mario Martone di Capri-Revolution. Poi c’è da spendere più d’una parola sulla fotografia notturna e ricca di prospettive firmata da Markus Huersch, autore che ancora ricordo per le immagini rotolanti e allusive in The Forest di Ashvin Kumar, anno 2009.
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