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July 10 2014
Ridurre il numero di militari e dipendenti civili della Difesa per recuperare risorse da investire nell’addestramento, nell’adeguamento delle infrastrutture e nell’acquisizione di nuovi equipaggiamenti. Questo era lo spirito della riforma dello strumento militare varata nel 2012 dall’ammiraglio Giampaolo Di Paola, all’epoca ministro della Difesa del governo Monti. I tagli al personale porteranno le forze armate a contrarsi da 183 mila effettivi a 150 mila nel 2024 con un taglio di 10 mila posti anche tra i dipendenti civili che scenderanno a 20mila.
Numeri noti e di cui si è discusso a lungo con un taglio agli organici che, nell’impossibilità di licenziare o prepensionare, si sta ottenendo soprattutto con la drastica riduzione degli arruolamenti. Il risultato è che, con meno giovani, le forze armate saranno composte nel 2024 per lo più da quasi 50enn..
Una realtà ammessa dai capi di stato maggiore delle singole forze armate e da loro resa nota nell’ambito di audizioni alle commissioni parlamentari che rischia di inficiare le capacità operative. Difficile pensare di inviare a combattere sugli altipiani afghani o nel deserto del Malì reggimenti di fanti 45enni.
Ma la beffa che emerge dall’esame del recente Documento Programmatico Pluriennale del Ministero della Difesa (DPP) che illustra la spesa militare fino al 2016 è rappresentata dal fatto che i tagli al personale non sembrano ottenere gli effetti sperati sul bilancio della Difesa. Di Paola puntava a ridurre il peso della voce Personale dal 67% per cento del bilancio per la Funzione Difesa al 50% per poter suddividere la restante metà tra Esercizio e Investimenti.
Invece la previsione di spesa illustrata dal ministero nel DPP indica un trend esattamente opposto. Benché il numero di militari sia in calo costante e il loro stipendi restino bloccati come quelli di molti dipendenti pubblici le spese per il Personale, in calo quest’anno dell’1,8% rispetto al 2013, sono previste in aumento nei prossimi anni da 9,51 miliardi di euro quest’anno a 9,78 negli anni 2015 e 2016. In termini percentuali tale voce di spesa raggiungerà il 70,3 per cento dello stanziamento per la Funzione Difesa contro l’attuale 67,2%.
Forse per valutare gli effetti della riduzione del personale occorrerà attendere ancora qualche anno ma la tendenza non è certo incoraggiante specie tenendo conto che tale voce di spesa esploderà ulteriormente quando sarà prima o poi rimosso il blocco delle retribuzioni. Nei prossimi due anni del resto l’intero spesa militare verrà ulteriormente ridotta di quasi 200 milioni di euro all’anno, dai 14, 077 miliardiassegnati quest’anno alla Funzione Difesa ai 13, 897 del 2016.
Significativa la riduzione della quota di Prodotto Interno Lordo assegnata alle forze armate che passa dallo 0,88 di quest’anno allo 0,80 nel 2016. L’aumento delle spese per il personale contribuisce alla iduzione degli investimenti per i nuovi equipaggiamenti che scenderanno dai 3,22 miliardi di quest’anno a 2,86 miliardi. Ancora più drammatico il taglio ulteriore delle spese per l’Esercizio (che peraltro quest’anno aveva visto un lieve incremento) da 1,34 miliardi a 1,25 che di fatto impedirà l’addestramento di gran parte dei reparti, le manutenzioni e l’acquisto di carburante con una riduzione significativa della già limitata prontezza operativa.
In questo contesto è curioso che il dibattito politico si concentri sull’acquisto finanziato per lo più con fondi extra bilancio di nuovi mezzi (a cominciare dai jet F-35) che i militari non avranno le risorse per gestire e impiegare.