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May 31 2018
Le cosiddettalegge "Stop Soros" è approdata al Parlamento ungherese che, come prevedibile, ha approvato la norma che introduce una serie di misure contro l'immigrazione irregolare. Cavallo di battaglia della campagna elettorale di Viktor Orban, che alle ultime elezioni ha ottenuto una larga maggioranza, la legge considera reato penale l'aiuto ai migranti clandestini e ai richiedenti asilo. Previsto anche il carcere sia per le Ong impegnate nei soccorsi, sia per chi cerca di far entrare nel Paese coloro che non hanno regolare permesso di soggiorno.
Nessuno sconto neppure per chi fugge da regimi o guerre. E potrebbe non trattarsi dell'ultima mossa del governo ultranazionalista ungherese.
Si tratta di un provvedimento molto severo che mira a colpire chiunque si impegni nell'aiuto di migranti irregolari, sia che si tratti di organizzazioni sia che a prodigarsi siano privati cittadini. Ogni tipo di sostegno viene punito con il carcere, da pochi giorni fino a un anno.
D'ora in poi, dunque, è vietato non solo fornire accoglienza, ma anche cibo e qualsiasi forma di aiuto. È proibita anche la distribuzione di volantini che contengano informazioni utili ai richiedenti asilo, come ad esempio indicazioni su come ottenere assistenza legale.
Nel testo finale, rispetto alla prima proposta di legge, è invece sparita l'ipotesi di tassare le organizzazioni non governative che lavorano a supporto dei migranti con imposte fino al 25% sui finanziamenti esteri. Un provvedimento che avrebbe di fatto impedito a molte delle stesse ong di sopravvivere.
Il pacchetto di leggi contempla anche il divieto di chiedere asilo in Ungheria, se prima del proprio arrivo non si è passati da un paese terzo ritenuto sicuro. In pratica viene imposto una sorta di "filtro", per scremare gli ingressi e disincentivare gli arrivi: perché mai, infatti, un migrante dovrebbe voler chiedere asilo in Ungheria, se è già entrato ed è già stato accolto in un altro paese?
Un ultimo aspetto che è stato normato con la nuova legge riguarda i poteri del ministero dell'Interno: sarà a discrezione del dicastero stabilire se una ong rappresenti un "rischio per la sicurezza nazionale" e se dunque possa continuare a esercitare la propria attività.
La nuova legge è stata chiamata così con chiaro e diretto riferimento all'imprenditore George Soros, accusato dal governo di incoraggiare l'immigrazione musulmana in Europa. Nato a Budapest in Ungheria, ma naturalizzato americano, Soros è un sostenitore del Partito Democratico statunitense (e in particolare dell'ala liberal) ed è soprattutto fondatore di Open Society Foundations. Si tratta di una rete di fondazioni che sostengono a loro volta associazioni civili impegnate nel campo dell'istruzione, della giustizia, dell'informazione e del supporto umanitario.
Tramite Open Society Foundations, che conta 37 filiali in tutti il mondo e un quartier generale a New York, Soros si stima abbia donato oltre 11 miliardi di dollari sotto forma di denaro e aiuti umanitari per donne, minoranze etniche, razziali, religiose e sessuali.
Molto attiva anche nel settore sanitario, è finita nel mirino di Orban perché ritenuta artefice di un progetto di "invasione" da parte musulmana con un doppio obiettivo: da un lato creare una "società senza identità"; dall'altro distruggere l'identità cristiana, come spiegato dal partito di Orban, Fidesz.
Non a caso la campagna elettorale che ha portato alla vittoria Soros (col 49,5%) lo scorso aprile aveva tra i propri slogan proprio "Stop Soros". Di fronte a quello che è stato definito un "clima ostile" Open Society Foundations a metà maggio ha spostato la propria sede ungherese a Berlino, in Germania.
L'Ungheria non è solo paese che sostiene teorie complottiste nei confronti di Soros. In altri stati dell'est, come Romania e Macedonia, diversi esponenti nazionalisti hanno avviato una vera e propria campagna di "de-sorosizzazione" dell'opinione pubblica per screditare l'operato del magnate di origini ebree.
Viktor Orban, espressione del sovranismo ungherese, non ha intenzione di fermarsi allo Stop Soros Act e ha già annunciato di voler cambiare la Costituzione. L'obiettivo è impedire che l'Unione europea possa trasferire i richiedenti asilo anche in Ungheria, in quanto stato membro.
"Vorremmo che l'Ungheria rimanesse un paese ungherese" era scritto nel testo-bozza della legge approvata dal Parlamento magiaro. Si tratta di una vera e propria sfida alle istituzioni europee.
"Il signor Orban sta sfidando i valori fondamentali dell'UE" ha commentato Soros. Se Human Right Watch ha chiesto l'espulsione di Fidesz dal Partito Popolare europeo, rappresentato al Parlamento di Strasburgo, l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati ha denunciato che con il pacchetto di leggi ungheresi priverà "le persone costrette a fuggire dalle proprie case di aiuti e servizi fondamentali, esponendole al rischio di morte".
Già ad aprile, non appena confermato alla guida del suo paese per il terzo mandato, il Parlamento europeo aveva assunto una forte presa di posizione contro Orban, proponendo di togliere il diritto di voto all'Ungheria al Consiglio Ue, escludendolo quindi dalla possibilità di prendere decisioni legislative. A chiedere la linea dura era stata l'eurodeputata olandese dei verdi, Judith Sargentini, che aveva invocato il ricorso all'art. 7 del Trattato dell'Ue, già utilizzato con la Polonia.
Sargentini, che è anche relatrice in commissione Libertà civili, giustizia e affari interni di Strasburgo, aveva ricordato come i paesi, nell'aderire all'Unione, "si impegnano a rispettare i nostri valori comuni, che sono i diritti umani, la democrazia e lo Stato di diritto". Orban, però, non arretra e, anzi, gode dell'appoggio del cosiddetto Visegrad.
È composto dai Paesi europei che da diverso tempo si oppongono alle politiche sull'accoglienza ai migranti dell'Unione Europea. Ne fanno parte Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia. In particolare il cosiddetto Visegrad dice no al programma di ricollocamento di 160mila rifugiati provenienti soprattutto da Siria ed Eritrea, che al momento sono ospitati in strutture in Italia e Grecia.
L'obiettivo di Bruxelles è evitare una eccessiva concentrazione (e carico in termini economici e sociali) ai Paesi di prima accoglienza, proprio come Italia e Grecia. Di fronte a situazioni di collasso nei centri di accoglienza dei due stati dell'Europa meridionale, l'Unione europea ha messo a punto un piano di re-distribuzione dei migranti. Ma il blocco dell'est europeo si oppone e ora è arrivato alla sfida aperta.
La nuova legge e la probabile futura modifica della Costituzione ungherese arrivano dopo altre iniziative di contenimento dell'immigrazione clandestina, condannate dell'Unione europea, come la realizzazione di un muro(in realtà una recinzione di filo spinato) al confine sud del Paese, con Serbia e Croazia. Questo provvedimento, al centro delle polemiche, ha permesso di ridurre l'afflusso di migranti e richiedenti asilo, che nel 2015 era arrivato a circa 1 milione di persone.
Questo ha consentito a Orban di aumentare la propria popolarità di fronte all'elettorato nazionalista, che lo ha premiato alle recenti consultazioni.