Dal Mondo
July 22 2020
Continua la politica espansionistica di Pechino nel mar cinese meridionale, attuata in primis con una serie di rivendicazioni su aree marittime ma anche con la presenza nelle acque territoriali altrui di pescherecci armati scortati da navi da guerra. A contrastare queste manovre sono ovviamente gli Usa, l'Australia ed anche Filippine e Indonesia, con queste ultime che vedono minacciati i loro confini e le zone di pesca. Washington aveva finora chiesto condizioni di libero sorvolo e navigazione, ma il 14 luglio scorso il segretario di Stato americano Mike Pompeo ha sottolineato come le pretese cinesi su queste aree fossero illegittime ed illegali, assumendo una posizione mai così netta, arrivando a dire che gli Usa proteggeranno il diritto sovrano delle nazioni del sudest asiatico a sfruttare le loro risorse marittime. Non a caso in risposta alle esercitazioni cinesi avvenute due settimane fa attorno alle isole Paracel, l'amministrazione Trump aveva risposto inviando nel mar cinese meridionale due portaerei, la Nimitz e la Reagan, mentre Pechino aveva dichiarato che questa presenza viola la sua sovranità nazionale minacciando la sicurezza, e per questo sta accelerando i lavori di preparazione per la prima missione della nuova portaerei Shandong.
Intanto anche l'Australia, da sempre preoccupata dallo sconfinamento dei pescherecci cinesi verso le sue acque, ha messo in allerta la sua flotta e schierato forse aeree nelle basi a nord del Paese.
Da parte cinese si vanta l'uso delle zone economiche esclusive al largo delle isole Spratly e Scarborough, ovvero un divieto di navigazione entro le dodici miglia dalle coste ai danni delle Filippine, una vicenda che già il 12 luglio 2016 aveva visto la Corte per l'arbitrato internazionale dell'Aia dare ragione a queste ultime. Gli Usa considerano illegittima qualsiasi pretesa cinese anche nei mari malesi di Luconia Shoals, di Vanguard Bank, che apparterrebbero al Vietnam e di quelle al largo dell'Indonesia come Natuna Besar e assegnate fino a oggi al Brunei.
Da parte cinese la sentenza dell'Aia viene considerata illegale e non valida, sostenendo che la posizione di Pechino sulla questione è chiara poiché la Cina si sarebbe sempre impegnata a risolvere le controversie attraverso la negoziazione e la consultazione con i paesi direttamente coinvolti, gestendo le differenze attraverso regole e meccanismi e raggiungendo risultati per una cooperazione reciprocamente vantaggiosa, arrivando a stabilizzare l'area attraverso la proposta di approvazione di un codice di condotta. In realtà le navi militari cinesi accompagnano spesso i pescherecci della Milizia marittima nazionale alla conquista armata di atolli, piccole isole e banchi di sabbia in affioramento considerandoli territori di conquista per poter posizionare immense reti di cattura, al fine di soddisfare una domanda interna di pesce che ogni anno cresce del 30%. Da Manila, il ministro della difesa filippino Delfin Lorenzana ha apprezzato ufficialmente la dichiarazione di Pompeo ed è tornato a chiedere il pieno rispetto degli accordi internazionali a partire proprio da quelli dell'Aia. Non così filo americana è invece la posizione indonesiana, che teme un attacco cinese e fa melina alla richiesta di Pechino riguardante l'esclusiva del tratto di mare che circonda le isole Natuna, territorio che l'Onu aveva storicamente attribuito a Giacarta. Il motivo è che sulle questioni commerciali l'Indonesia è legata a doppio filo con la Cina, a partire dagli aiuti anti Covid-19 che la Repubblica popolare ha promesso a Bali.
Intanto questa mattina (20 luglio) il capo della diplomazia cinese nelle Filippine, Huang Xilian, si è recato a Manila per sostenere una politica di cooperazione tra le nazioni del sudest asiatico e al contempo per metterle in guardia sui pericoli che deriverebbero dalla presenza americana nell'area contesa, definendo l'operazione militare una "intromissione ingiustificata" e come "distorte" le osservazioni di Pompeo atte a seminare discordia tra la Cina e altri paesi del litorale.
"Sembra che gli Stati Uniti siano determinati a tradurre la questione del mar cinese meridionale da una disputa marittima in un gioco geopolitico", ha detto Huang, aggiungendo: "gli Usa vogliono mostrare i muscoli, stimolare la tensione e incitare lo scontro nella regione con il pretesto di preservare la stabilità". Inoltre, l'inviato di Pechino ha affermato che, con il pretesto di approvare nuove regole, gli Usa stanno usando la Convenzione delle Nazioni Unite per il diritto del mare (Unclos) per attaccare la Cina. "Con il pretesto di sostenere la libertà di navigazione e il sorvolo, gli Usa stanno violando incautamente il mare e lo spazio aereo territoriale di altri paesi e imponendo la loro presenza in ogni mare del mondo. In questo contesto la Cina e i suoi vicini del sudest asiatico dovrebbero risolvere le controversie in modo autonomo senza essere capitalizzate dagli Stati Uniti per sabotare la stabilità nella regione Asia-Pacifico".