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December 29 2016
Parlando agli americani nel suo ultimo discorso da segretario di Stato, John Kerry ha difeso a spada tratta la decisione dell'amministrazione Obama di non opporre venerdì scorso il proprio veto alla risoluzione Onu che condanna l'insediamento delle colonie volute da Israele in Cisgiordania chiedendone lo stop immediato.
Una sola soluzione, ma...
Nel motivare la posizione espressa dagli Stati Uniti, John Kerry ha poi affermato come "la soluzione a due Stati è l'unico modo per raggiungere la pace fra israeliani e palestinesi", sottolineando come il processo sia ora messo "in serio pericolo" proprio dai nuovi insediamenti ebraici. Dichiarazioni che hanno ovviamente creato ulteriore tensione con lo Stato ebraico, il cui premier Benjamin Netanyahu ha non solo dichiarato di avere le prove che dietro la risoluzione Onu ci siano proprio gli Usa, ma ha anche accusato Kerry di aver fatto un discorso prevenuto contro Israele e di avere "a malapena toccato la radice del conflitto, cioè l'opposizione palestinese a uno Stato ebraico".
Parlando con i media israeliani, Netanyahu (la cui coalizione di governo è stata definita sempre da Kerry come "la più a destra della storia israeliana, con un'agenda definita dagli elementi più estremisti") ha poi dichiarato di non essere al momento disposto a sedersi al tavolo dei negoziati con i palestinesi, che da parte loro - sfruttando ovviamente l'onda diplomatica favorevole creatasi proprio per la risoluzione Onu - hanno invece espresso per bocca del presidente Abu Mazen piena disponibilità a riprendere i negoziati di pace se Israele congelerà la costruzione di nuovi insediamenti.
L'invito di Trump
A rendere incerto il futuro sulle trattative non c'è però solo la distanza (peraltro storica) tra le parti in causa, ma anche il praticamente certo cambio di rotta degli Stati Uniti sulla questione con l'imminente avvento di Donald Trump alla Casa Bianca. Con una serie di tweet il presidente entrante ha infatti accusato l'amministrazione democratica di "aver trattato un alleato con disprezzo e mancanza di rispetto", invitando Israele "a resistere" perché il 20 gennaio (giorno dell'insediamento del tycoon) si fa sempre più vicino. Con la conferenza di Parigi del prossimo 15 gennaio sul conflitto israeliano-palestinese che rischia così di essere l'ennesimo appuntamento diplomatico fine a se stesso.