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Uzbekistan: la morte del presidente Karimov

 Per Lookout news

Si sono rincorse per ore notizie e smentite sulla morte del presidente dell’Uzbekistan Islam Karimov, deceduto in ospedale per un’emorragia cerebrale. La sua morte è stata annunciata oggi, venerdì 2 settembre, per primo dal premier turco Binali Yildirim. Alcune ore dopo la notizia è stata confermata ufficialmente dall’esecutivo di Tashkent e rilanciata dall’agenzia russa Interfax. Notizia che però è stata ritirata poco dopo dalla stessa Interfax per essere poi diramata definitivamente dal governo uzbeko.

 Nel pomeriggio l’agenzia Dire scriveva che secondo Fergana, uno dei pochi portali di informazione critici nei confronti del presidente uzbeko, a Samarcanda, città natale di Karimov, da ore erano già in corso i preparativi per il funerale. Mentre diversi osservatori hanno sottolineato che il ritardo della conferma del decesso di Karimov da parte del governo sarebbe stato dovuto all’incertezza sulla successione.

Settantotto anni, in passato esponente del Partito Comunista sovietico, al governo dal 1989 in Uzbekistan – dunque prima che il Paese diventasse una repubblica indipendente dall’URSS nel 1991 – Karimov non ha infatti un successore designato. In questi anni il presidente uzbeko ha accentrato nelle sue mani un enorme potere, reprimendo ogni forma di opposizione anche facendo largo uso di torture – come denunciato dalle Nazioni Unite – e imponendo un controllo rigido sui mezzi d’informazione. Per tale motivo l’Uzbekistan condivide regolarmente con la Corea del Nord gli ultimi posti delle classifiche mondiali per quanto riguarda democrazia e libertà di stampa.

Le immense riserve di gas naturale – di cui l’Uzbekistan è secondo produttore dell’area centro-asiatica dopo la Russia con circa 60 miliardi di metri cubi l’anno – le miniere d’oro e le distese di cotone hanno permesso a Karimov di accumulare un patrimonio personale immenso. Risorse che in parte hanno permesso al Paese di registrare una crescita economica rilevante soprattutto negli ultimi anni, nonostante l’economia sia totalmente statalizzata, e di porre l’Uzbekistan come un interlocutore energetico strategico non solo per la Russia ma anche tanto per l’Occidente e la Cina.

Gli analisti si interrogano adesso sui rischi che comporterà sin da subito il processo di transizione del potere. Una questione che potrebbe essere affrontata e risolta a porte chiuse da una ristretta cerchia di fedelissimi del presidente, tra cui vi sarebbero alti funzionari del governo e membri della sua famiglia.

 Quello del passaggio del potere rappresenta d’altronde un momento fondamentale per il futuro dell’Uzbekistan. Se non si arriverà a un compromesso in tempi brevi, infatti, lo scontro sulla nomina del successore di Karimov potrebbe produrre degli effetti destabilizzanti sul Paese che confina con la polveriera afghana e che negli ultimi anni è diventato uno dei principali bersagli dei gruppi militanti islamici che operano nell’Asia Centrale. Senza dimenticare le controversie con i vicini Kirghizistan e Tagikistan, con cui l’Uzbekistan ha in sospeso dispute sui confini e per la spartizione delle risorse idriche.

Secondo l’agenzia Reuters, tra i potenziali successori di Karimov ci sarebbero il primo ministro Shavkat Mirziyoyev, il suo vice Rustam Azimov, il capo del servizio di sicurezza Rustam Inoyatov e Lola Karimova-Tillyaeva, la figlia più giovane del presidente.

 In base alla Costituzione in vigore nel Paese, dopo la morte di Karimov sarà il presidente della camera alta del parlamento, Nigmatilla Yuldoshev, ad assumere ad interim la presidenza in attesa di nuove elezioni che dovranno svolgersi entro tre mesi. Tuttavia, Yuldoshev potrebbe fare la stessa fine del suo omologo del Turkmenistan, il quale dopo la morte del presidente Saparmurat Niyazov, nel 2006, venne subito arrestato.

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